Unione Europea
Il roaming rappresenta oggi per gli operatori mobili europei circa il 5-6% dei ricavi medi complessivi. Ciò si traduce, considerando i 16 principali mercati dell’Europa Occidentale in una partita da 6-7 miliardi di euro. Un ambito che ha già subito nel tempo delle progressive riduzioni, considerando ad esempio che il roaming rate per i servizi voce outgoing è passato da 35 centesimi di euro a luglio 2011 a 24 centesimi di euro nel 2013, pari a un calo del 31% in due anni.
Contrazione ancora più spinta se si considera la dimensione dati, che ha riportato una contrazione del 36% in un solo anno. I ricavi attuali sono oggi messi ulteriormente a rischio dalla potenziale evoluzione regolamentare.
L’eliminazione del roaming sarebbe sicuramente vantaggiosa dal punto di vista del cliente. Il vivere digitale rappresenta una parte consistente della quotidianità sia dei professionisti che degli utenti consumer, che spendono ormai in media più di due ore al giorno in attività che richiedono una connessione mobile.
Superare il possibile stato di “privazione” o forte limitazione per ragioni economiche di un comportamento digitale ormai insito nella quotidianità quando si permane all’estero è ovviamente un trend evolutivo per il mercato di grande interesse.
Il bisogno di connessione anche all’estero è però già indirizzato dagli operatori secondo logiche di mercato e di normale concorrenza con opzioni di servizi voce e dati all’estero sempre più vantaggiose. L’intervento regolatorio di azzeramento del roaming potrebbe accelerare l’erosione del profit pool degli operatori europei in un momento evolutivo difficile in termini di sforzi di investimento da sostenere per il potenziamento delle proprie reti.
La potenziale aggressione di un mercato più vasto di clientela con ambizioni paneuropee e l’incremento dell’intensità d’uso dei propri clienti anche all’estero possono rivelarsi elementi a compensazione troppo fragili. Fragili perché ormai da tempo il consumatore di servizi di telecomunicazione vuole avere sempre di più, pagando meno, da cui la progressiva affermazione di tariffe flat che limitano l’effettiva capacità di estrarre valore addizionale dalla propria base cliente. Fragili perché operatori minori del mercato o operatori con un DNA prettamente nazionale difficilmente saranno capaci di intraprendere piani di espansione della clientela geografica con questo intervento.
Se è vero che il prosieguo della contrazione dei costi del roaming è un trend naturale del mercato, ed in parte già scontato nelle proiezioni degli operatori, è altrettanto probabile che un brusco azzeramento di un profit pool consistente con un ulteriore declino dei ricavi medi del 5/6% creerà ulteriori barriere allo slancio verso gli investimenti sulle reti, che si fanno sempre più necessari al sostegno della vita digitale degli utenti.
Il rischio è dunque di favorire da una parte maggiori consumi in un concetto di mobilità estesa, offrendo però dall’altra un’esperienza d’uso progressivamente più povera e distante dai grandi campioni dell’innovazione a livello internazionale. Un piano organico di ripensamento della sostenibilità finanziaria a sostegno si della competizione, ma anche dell’ammodernamento tecnologico distribuito, sarebbe senza dubbio più utile e digeribile rispetto a singoli interventi che rimarcano un obiettivo elementare di “più a meno”.