Il caso

Tariffe rimodulate: Le Tlc italiane non sono lo sceriffo di Nottingham e non c’è bisogno di alcun Robin Hood

di |

L'Agcom ha segnalato all'Antitrust la cosiddetta 'tredicesima' in bolletta. Ma la difesa ideologica dei consumatori può determinare enormi danni al mercato

Nei giorni scorsi è stata lanciata una singolare campagna contro le società di telecomunicazioni sulla cosiddetta introduzione della cosiddetta “tredicesima” a carico dei clienti che hanno una tariffa telefonica ricaricabile.

Sull’argomento sono scesi in campo organi di stampa, alcune associazioni di consumatori e addirittura una gentile signora ha lanciato anche una petizione su Change.org.

Ma cosa è successo esattamente?

Con la rimodulazione tariffaria, gli operatori Tim, Vodafone e Wind hanno previsto che le opzioni mensili andranno rinnovate ogni 28 giorni e non più una volta al mese. Di conseguenza, i clienti pagheranno l’equivalente di 13 mesi effettivi invece di 12 (2 giorni al mesex24 fanno quasi un mese).

Le rimodulazioni tariffarie – ha scritto una delle associazione di consumatori – seppure formalmente legittime e lecite, in base ad un’interpretazione fin troppo letterale dell’art.70, comma 4 del Codice delle comunicazioni elettroniche, hanno comunque risvolti discutibili, sia verso i consumatori, gravati di una “mensilità inesistente”, sia verso la concorrenza e il libero mercato”.

Ma allora se non vi è violazione delle norme, perché tanto baccano?

Sull’argomento è stata tirata in ballo anche AGCOM, che ha appena diramato un comunicato in cui dichiara che, pur riconoscendo la libertà commerciale degli operatori, ha ritenuto opportuno “…segnalare all’Autorità antitrust, per gli accertamenti di competenza, gli effetti sulla concorrenza derivanti dalla concomitanza delle politiche tariffarie delineate, e in particolare gli effetti restrittivi sugli utenti di ricaricabili che in pochi mesi hanno visto drasticamente ridursi la possibilità di reperire sul mercato offerte di rinnovo automatico della tariffazione alternative a quella ogni 28 giorni”.

Se le ragioni formali possono trovare un qualche appiglio, è pur vero che la difesa ad oltranza delle prerogative dei consumatori, in modo ideologico e talvolta populistico (come ama fare qualche organo di stampa) senza considerare quelle delle imprese, può determinare danni incalcolabili al mercato.

Non si tratta di un problema di 28 o 30 giorni, bensì di una cultura, di un atteggiamento mentale, che vede l’efficienza di un sistema e dell’incontro tra domanda ed offerta solo nell’indicatore rappresentato dall’abbassamento dei prezzi al pubblico.

Ma se i prezzi vanno solo in picchiata (e con velocità senza pari), le imprese avranno margini sempre minori.

E se le imprese avranno margini sempre più piccoli, chi farà gli investimenti sulla banda ultralarga di cui l’Italia ha bisogno e di cui tutti, compresi coloro che oggi si lamentano, si riempiono la bocca?

Come è noto, Agcom è innanzitutto un’autorità di garanzia: la legge istitutiva affida all’Autorità il duplice compito di assicurare la corretta competizione degli operatori sul mercato e di tutelare i consumi di libertà fondamentali degli utenti.

Quindi anche dal punto di vista dell’Autorità non sarebbe corretto considerare, come negli anni passati è stato fatto in più occasioni, una linea d’azione a difesa dei soli consumatori.

Anche le aziende producono valore per i dipendenti, per i consumatori, per la società e vanno preservate e protette, altrimenti ci impoveriamo tutti.

Altro che rilancio dell’economia.

Altro che crescita.

Da tempo ormai gli operatori mobili in Italia non sono più le vacche grasse di una volta.

Il calo costante dei ricavi degli ultimi 7 anni è accompagnato da una contrazione altrettanto costante delle tariffe.

Secondo lo studio “Indici dei prezzi al consumo delle telecomunicazioni mobili 2011-2013” realizzato da Asstel-Università Tor Vergata su dati di Telecom Italia, Vodafone, Wind, H3G, i prezzi della telefonia mobile sono praticamente dimezzati in 3 anni, perdendo il 46,7% fra il 2011 e il 2013 e nello stesso periodo il prezzo di servizi di fonia+Sms è diminuito del 45,6% e quello di internet del 50%.

Peraltro è a tutti noto che le tariffe italiane sono tra le più basse d’Europa.

Una flessione, questa, su cui pesano da un lato i servizi offerti dagli OTT, che con servizi gratuiti (Skype, Viber, WhatsApp ecc) hanno contribuito in pochi anni a dimezzare i fatturati derivanti dai servizi tradizionali (voce e messaggistica). Infine, non vanno neanche dimenticati i danni derivanti dalla “guerra dei prezzi” degli ultimi anni tra operatori, a suon di offerte a 10 euro al mese quasi tutto compreso.

Qualche altro numero?

Secondo l’ultimo “Rapporto Asstel sulla filiera delle telecomunicazioni in Italia”, i ricavi delle telco sono in picchiata, con il segmento mobile che fra il 2007 e il 2014 ha perso 7,9 miliardi di euro, pari al 33% del fatturato.

Nel 2014 il mercato del mobile ha perso il 10% dei ricavi, una flessione di 1,7 miliardi di euro; complessivamente il settore ha perso in 7 anni quasi 8 miliardi di euro, pari a un terzo del valore iniziale.

Nonostante questo trend, gli investimenti degli operatori in Italia sono aumentati del 7% nel 2014, raggiungendo quota 5,9 miliardi di euro (in aumento di 400 milioni in un anno).

Ma perché questa sfilza di numeri?

Semplicemente per segnalare che il mercato delle Tlc è in crisi, ma gli operatori continuano comunque a investire, mentre i prezzi al consumo sono scesi del 49% in 4 anni.

Questi ultimi indicatori dicono che nonostante tutto gli operatori di Tlc italiani ci sono e stanno contribuendo al rilancio dell’economia: investono sul futuro del paese e in particolare su quel segmento della banda ultralarga che serve da ossatura infrastrutturale a tutte le attività della Pubblica Amministrazione, dei cittadini e delle imprese.

Gli operatori di telecomunicazioni non sono certo lo Sceriffo di Nottingham, rapaci a tal punto da imporre gabelle ai poveri contadini del reame, ma sia chiaro che i rappresentanti di certa stampa e di certe associazioni di consumatori non possono considerarsi Robin Hood & Little John pronti a prendere ai ricchi per dare ai poveri.

Il dato vero è che le tariffe della telefonia sono crollate, mentre i prezzi dei giornali in edicola sono raddoppiati in pochi anni

L’economia, lo stato di crisi dell’occupazione, le esigenze di rilancio hanno bisogno di chiarezza e soprattutto di vision, non di piccole scaramucce da portare all’incasso mediatico in breve tempo.

Così non si va lontano.

E la posizione dell’AGCOM sembra fortunatamente tenere in conto questa esigenza.

Ci auguriamo che analoga presa di posizione venga assunta anche dall’Antitrust.

Leggi le altre notizie sull’home page di Key4biz