#Vorticidigitali. Dal funnel model al customer journey: come cambia il web marketing

di di Andrea Boscaro (Founder and Associate at The Vortex) |

Il futuro dovrà passare su una maggiore attenzione verso la registrazione e il conseguente login da parte dell'utente.

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C’era una volta il funnel model che per tanti anni è stato incluso in qualunque libro di web-marketing: è il modello su cui tanti di noi hanno studiato e soprattutto è il modello su cui tanti di noi si sono cimentati per comprendere il comportamento degli utenti sui nostri siti. Spinti da tutte le attività di web-marketing che avrebbero potuto essere messe in campo, osservava i tassi di conversione e i tassi di abbandono delle singole pagine e dei singoli che avrebbero dovuto portare i visitatori di un sito a coglierne le opportunità: tassi di rimbalzo delle pagine su cui erano atterrati e tassi di uscita delle pagine da cui erano fuggiti, evidente incapacità di alcuni canali di condurre l’utente a conseguire l’obiettivo che il webmaster si era prefisso: un acquisto online, ma anche una richiesta di contatto, il download di una brochure, la visione di un video.

 

Il funnel modello appariva come un imbuto all’interno del quale gli utenti si sarebbero via via qualificati e sarebbero diventati clienti o tutt’al più leads. Grazie a questo modello si sono poi sviluppati i sistemi di retargeting per riqualificare un utente una volta che avesse abbandonato il sito grazie ad una successiva attività di riproposizione dei valori inerenti l’offerta e grazie a questo modello si sono elaborati piani editoriali per rendere più efficienti possibili gli investimenti in web-marketing.

 

A un certo punto, questo modello non è parso più valido: la diffusione dei social media ed ancor più la maggior complessità dei dispositivo dai quali l’azienda può essere scoperta e via via preferita hanno reso il funnel model rigido e statico, incapace di comprendere il comportamento erratico dei consumatori e la molteplicità di contesti e tempi nei quali le decisioni di acquisto sono prese.

 

Da quel momento al funnel model si è preferito il concetto più ampio di “customer journey” che parte dai tanti percorsi che possono essere compiuti e dai successivi gradi di qualificazione del contatto. Questo passaggio ha portato ad adottare strumenti che seguono l’utente e lo riconoscono nei suoi step di interesse espresso nei confronti della marca ed introducono termini quali, in Google Analytics, le “conversioni multicanale” o “conversioni indirette” assegnando a ciascun ambiente un punteggio coerente con l’incidenza che ha rivestito nella decisione d’acquisto.

 

Da lì sono arrivati i modelli di attribuzione che aiutano le aziende a comprendere come canali diversi producono livelli diversi di influenza nelle decisioni e consentono quindi un’analisi più realistica e meno semplicistica delle forze legate al marketing mix.

 

Il limite di questo approccio risiede però nella tecnologica che sta alla base del riconoscimento dell’utente: i cookie vengono infatti sempre più spesso cancellati dai browser e i dispositivi mobili hanno limiti oggettivi di tracciamento. Il futuro, forse basato su tecnologie server-side e non client-side, dovrà inoltre passare su una maggiore attenzione verso la registrazione e il conseguente login da parte dell’utente: è la prospettiva raccomandata dalla Universal Analytics che certamente dovremo imparare tutti a usare con attenzione e coerenza.

 

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