Ma perché muore solo lei?
E’ questa la domanda chiave dell’inchiesta di Claudio Canepari e di Lisa Iotti sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin due inviati del TG3 uccisi nel marzo del 1994.
BreakingDigital, rubrica a cura di Michele Mezza (docente di Culture Digitali all’Università Federico II Napoli) – mediasenzamediatori.org. Analisi e approfondimenti sul mondo dei media e del digitale, con particolare attenzione alle nuove tendenze della galassia multimediale e dei social network. Clicca qui per leggere tutti i contributi.Si intitola L’Ultimo Viaggio ed è prodotta da Magnolia per Rai Fiction
L’inchiesta risponde alla domanda.
Questa è la prima caratteristica inedita.
Un lavoro giornalistico che rivela e muta il senso comune.
Non solo rafforzativo di denuncia o approfondimento, anche impertinente, ma pur sempre lavori affermativi, che danno basi solide a quanto si sa già.
L’inchiesta di Canepari e Iotti svela il mistero, dettagliatamente, ricostruendo contesti e scenari, con profondità e straordinario uso delle fonti.
Ovviamente siamo in un tempo in cui le fonti non mancano.
Ma in molti casi potrebbe essere un’aggravante.
La de-secretazione di documenti per molti anni riservati, apre possibilità.
L’inchiesta la sfrutta mirabilmente.
E srotola una storia che non è stata mai raccontata, con scenari (il traffico d’armi), complicità (i servizi segreti italiani), gli “speculatori” (il governo italiano del tempo e la Commissione d’inchiesta che se ne occupò) e, clamorosamente, i responsabili più plausibili e colpiti dai documenti (la Cia), mai citati in questi 20 anni di ricerche.
Seconda caratteristica: la narrazione.
Un racconto piano inesorabile, suggestivo, ma algebricamente intessuto, con la concatenazione di circostanze e testimonianze, gran parte italiane per altro, tutte contrassegnate da una banale evidenza che produce rabbia e stupore: ma come era tutto lì, evidente, perché non è stato raccontato?
L’inchiesta svolge il suo racconto senza sensazionalismo: alternando rivelazioni inedite con testimonianze di raccordo, e con filmati che fanno parte della memoria del Paese, ma che per lungo tempo sono rimasti scollegati e abbandonati.
Sobrio e lucido anche l’uso di testimonianze coperte, come l’agente dei servizi che rivela la nostra presenza in Somalia in quegli anni.
Particolarmente ficcante la testimonianza di Gabriella Simoni di Mediaset che ha la cura dei materiali di Ilaria Alpi e che dimostra come questo materiale è stato manomesso, mentre era in territorio italiano.
Tre sono gli insegnamenti del lavoro.
L’ultimo viaggio: la tecnica, una grande e straordinaria raccolta delle fonti, con una visione complessiva.
Il racconto, portato dal ritmo delle sequenze delle fonti e non dalle tonalità sensazionalistiche.
Infine la produzione, tutta esterna al perimetro dei media tradizionali: una azienda che produce format, Magnolia, e una struttura di storytelling come RAI Fiction.
Sono i tre snodi che dovremo approfondire.