Il dibattito

Causeries. Soldati-robot e regole d’ingaggio: oggi un problema per l’ONU

di Stefano Mannoni |

Si accende il dibattito sull’uso di robot-combattenti sul campo di battaglia: l’ONU alle prese con le nuove norme per il business della guerra elettronica.

#Causeries è una rubrica settimanale sulle criticità dei mercati della convergenza e il loro rapporto con le grandi tematiche della regolazione, curata da Stefano Mannoni, professore di Diritto delle Comunicazioni presso l’Università di Firenze.
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Prende oggi il via a Ginevra presso il Palazzo delle Nazioni dell’ONU, la Convention on Certain Conventional Weapons (13-17 Aprile 2015) che riunisce gli esperti di tutto il mondo per discutere sui delicati temi dell’uso delle tecnologie nel campo dei sistemi di armi letali.  Quali problemi pone l’uso di robot come agenti di guerra?  Sono i nodi su cui verte il dibattito relativo AI laws (Lethal Autonomous Weapons Systems ed a qui è dedicato il contributo odierno del prof. Stefano Mannoni nella sua rubrica Causeries.

LAWS?

Significherà “leggi”?

E invece no. Sta per Lethal Authonomous Weapons Systems.

Nient’altro che i robot sui quali il Pentagono spende miliardi di dollari in quanto saranno chiamati a sostituire col tempo i soldati sul campo.

Il fattore umano si è infatti rivelato sempre più complesso e costoso da gestire: costi politici, umani, psichiatrici e finanziari che rendono per le democrazie le guerre un lusso insostenibile.

Che sarebbe invece drammaticamente ridotto se sul campo venissero spedite macchine che fanno più o meno tutte da sole.

Si avete capito.

Non parlo dei droni telecomandati da joystick tipo videogioco, manipolati da soldati comodamente seduti in poltrona.

Qui il caso è diverso.

L’uomo impartisce solo il comando “engage” ossia “entra in azione” e il resto lo decide la macchina.

Questo scenario non piace per niente all’ONU dove prevale l’orientamento di vietarle.

Perché non sembrano affatto riconciliabili con i pilastri della Convenzione di Ginevra del 1949: in particolare i principi di necessità (“è indispensabile colpire quell’obbiettivo?”); di distinzione (“i bersagli sono civili o militari?”); e di proporzionalità (“è la violenza strettamente commisurata al fine?”).

Non tutti la pensano così però.

Si fa osservare innanzitutto che i costi degli interventi armati sarebbero ridotti non solo nell’interesse dello stato belligerante, ma anche della comunità internazionale, se si immagina con quanta riluttanza vengono ormai intraprese indispensabili missioni di peacekeeping nel timore di perdite inaccettabili da parte dell’opinione pubblica domestica.

Inoltre la macchina non fa venire meno la responsabilità dell’uomo che decide di premere il pulsante “engage”.

La catena di comando viene quindi rispettata ed è pertanto possibile risalire alla coscienza individuale, premessa della imputabilità delle azioni.

E poi – e qui viene il bello – risalta la responsabilità dell’industria che produce i robot.

Questa riceverà, con le commesse, le specifiche che incorporeranno i famosi principi della Convenzione di Ginevra: affari suoi su come riuscirà a concretizzarli nei chip.

Se la macchina prodotta, una volta sul campo, farà sfracelli indiscriminati, a pagare il conto non sarà solo lo Stato che ce l’ha mandata, ma anche l‘impresa che l’ha costruita.

Tenuto conto del fiume di miliardi di dollari che inonda le aziende impegnate in questi progetti, il gioco vale decisamente la candela.

A spuntarla saranno gli scrupoli dell’ONU o l’apparato industrial-militare?

La domanda è pura retorica.

Ovviamente il secondo.

E non solo per lo squilibrio nei rapporti di forza, ma anche in nome di una inesorabile necessità storica.

Il film cui assistiamo non è altro che un remake di problematiche già viste, che risalgono nientemeno che al 1868, quando si pose per la prima volta il problema di vietare armi che procurassero una “…sofferenza non necessaria agli scopi bellici”.

Ebbene, ogniqualvolta la tecnica abbia inventato una nuova macchina di morte – che fosse l ‘aereo o l’U-boot – alla fine è stata la legge a doversi adattare alla macchina e non viceversa.

Ricordiamo che durante la guerra di Corea quando un giornalista chiese al Presidente USA Harry Truman se il ricorso all’arma nucleare tattica era contemplato, la risposta fu: “…tutte le opzioni sono sul tavolo”.

Le eccezioni, che pure vi sono state, sono talmente rade da confermare la regola.

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