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Diritto all’oblio, in Francia prima condanna per Google

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Google condannata per la prima volta dal tribunale francese ad accogliere la richiesta di un utente che chiedeva la rimozione di due articoli riguardanti una sua condanna per frode del 2006.

Google è stata condannata per la prima volta da un tribunale francese per non aver accolto una richiesta riguardante il diritto all’oblio (Scheda) come prevede la sentenza della Corte di Giustizia Ue del maggio scorso che impone ai motori di ricerca la rimozione dei link che puntano a pagine web contenenti informazioni personali, ritenute dagli utenti obsolete o non più pertinenti.

La notizia di quanto accaduto in Francia si è appresa solo adesso ma risale al dicembre scorso.

“La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea solleva molte domande”, ha commentato il portavoce di Google all’Afp, aggiungendo di aver accolto quanto richiesto dal tribunale francese.

La questione del diritto all’oblio ha, infatti, sollevato diverse polemiche, interventi dei Garanti Privacy, e spinto l’azienda americana a organizzare un tour europeo per raccogliere i pareri degli esperti del settore.

Il caso francese riguarda un utente che ha sporto denuncia contro Google perché facendo una ricerca online per il suo nome e cognome otteneva come primo risultato il link a un articolo in cui si parlava di una sua condanna per frode – per la quale era stato condannato a tre anni di detenzione – che risaliva al 2006.

Secondo il ricorrente, la presenza sul motore di ricerca di Google di due collegamenti all’articolo incriminato, pubblicato sul sito del giornale Le Parisien, avrebbero danneggiato la sua ricerca di lavoro.

L’utente dopo aver ricevuto a settembre il rifiuto di Google a rimuovere i link perché ritenuti di interesse pubblico si è rivolto alla giustizia.

Il tribunale di Parigi ha quindi ordinato alla web company il 19 dicembre di rimuovere entro dieci giorni i link in questione.

Nella loro decisione i giudici hanno considerato che gli articoli in questione riguardavano fatti successi otto anni prima e che la condanna per frode non figurava più nel casellario giudiziario dell’utente, accessibile ai potenziali datori di lavoro, ragioni per le quali si doveva procedere con la rimozione dei link dal motore di ricerca.

“La richiesta di rimozione è fondata“, hanno detto i giudici che hanno condannato anche Google al pagamento delle spese legali mentre non invece è stata accolta la richiesta di risarcimento da parte del denunciante.

In altri due casi analoghi, la giustizia francese aveva dato ragione a Google.

Dalla sentenza della Corte di Giustizia Ue, la Francia con 50 mila casi è in testa ai Paesi europei per numero di domande riguardanti il diritto all’oblio. Oltralpe al momento Google ha rifiutato circa la metà (52%) delle richieste degli utenti.

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