Italia
La coda polemica sull’equo compenso per copia privata non si spegne dopo l’ adeguamento stabilito per decreto dal ministro per i Beni Culturali Dario Franceschini. Ora la decisione se aumentare o meno il prezzo finale di smartphone, tablet e dispositivi elettronici che consentono la riproduzione di contenuti coperti da copyright dipenderà dalle aziende produttrici. Che peraltro promettono battaglia e annunciano una pioggia di ricorsi contro quella che da mesi definiscono “una tassa iniqua a favore della Siae, con aumenti secchi del 500%”. Difficile al momento prevedere se l’aumento ricadrà sulle tasche dei consumatori, ma il rischio è più che concreto.
Il provvedimento
Ma andiamo con ordine. Venerdì scorso il ministro Franceschini ha dato il via libera al decreto che per i prossimi tre anni aggiorna “il compenso per la riproduzione di fonogrammi e videogrammi previsto dalla legge sul diritto d’autore”. In parole povere, aumentano gli importi che i produttori e gli importatori devono pagare su chiavette Usb, hard disk esterni, Tv con funzione di registratore e decoder, ma anche su smartphone e tablet che funzionano da archivi digitali di contenuti video e musicali, somme che costituiscono il cosiddetto “equo compenso” dei diritti che la Siae è responsabile a corrispondere agli autori ed editori dei contenuti.
In dettaglio, su un cd da 700 Megabyte di memoria l’equo compenso sale a 0,1 centesimi, su un dvd da 4,7 Gigabyte a 0,20 centesimi, su uno smartphone da 16 Gygabite passa da 0,90 centesimi a 4 euro, stessa soma valida per i tablet, sui quali finora non si pagava alcun sovrapprezzo.
La polemica fra Confindustria Digitale e Siae
Il ministro Franceschini invita a non parlare di tassa. “Con questo intervento – dice – si garantisce il diritto degli autori e degli artisti alla giusta remunerazione delle loro attività creative”. La misura, aggiunge, “non prevede alcun incremento automatico dei prezzi di vendita. Peraltro, com’è noto, in larga parte gli smartphone e tablet sono venduti a prezzo fisso”. Sulla stessa linea il presidente della Siae Gino Paoli.
Il presidente di Confindustria Digitale Elio Catania parla di “un provvedimento ingiustificato che non riflette il comportamento dei consumatori e l’evoluzione delle tecnologie e non è in linea con lo sforzo che il Paese deve compiere per sostenere l’innovazione digitale“.
Pronta la replica di Gino Paoli: “Comprendo l’amarezza e le preoccupazioni di Elio Catania, presidente di Confindustria Digitale – dice – D’altronde i 4 euro concessi agli autori rischiano di mettere in grave pericolo i fatturati delle multinazionali che invece del 120% potrebbero crescere solo del 118%. Chiederò al nostro direttore generale di trovare 10/20 mila euro per un progetto di sostegno psicologico destinato ai manager delle multinazionali”. Confindustria Digitale sosteine che si tratta di una tassa occulta sui dispositivi che porterà nelle casse della Siae 200 milioni di euro a fronte dei 72 milioni dell’anno scorso.
Le reazioni
Sulla stessa linea della Siae anche la FIMI, (Federazione dell’industria musicale italiana di Confindustria), secondo cui il Decreto in materia di equo compenso per la copia privata firmato dal Ministro Dario Franceschini, risulta equilibrato e tiene conto dell’evoluzione tecnologia che attualmente consente ai consumatori di realizzare con più facilità riproduzioni personali grazie a smartphone e tablet. “La copia privata é una forma di licenza illimitata che consente di utilizzare al meglio la propria musica legale – ha detto il Ceo di FIMI Enzo Mazza – Con questo Decreto il Ministro aggiorna le tariffe avvicinandole a quelle europee, riconoscendo che si tratta di un compenso per diritti e non una tassa”.
Sulla stessa linea anche gli autori italiani di cinema, tv, radio e documentari hanno espresso la loro soddisfazione per il decreto che aggiorna le quote di equo compenso per la copia privata. Ecco la nota firmata da 100Autori, Anart, Anac, Art Registi di fiction e Doc.It: “Ringraziamo il ministro Franceschini per un atto atteso da anni. Non si tratta di una tassa o di un balzello che pesa sulle tasche dei consumatori, ma di un equo compenso per tutti i contenuti culturali che è possibile copiare tramite i dispositivi dotati di memoria – si legge – È un atto dovuto a tutti i lavoratori dell’industria culturale che la cosiddetta industria digitale italiana (che si limita ad importare e occupa infinitamente meno addetti) sfrutta invece da anni, permettendosi guadagni stratosferici a danno di chi crea opere: vogliono far ricadere su di loro il costo dell’equo compenso, a differenza di quanto avviene in Francia o in Germania, dove uno smartphone costa meno e l’equo compenso è anche di quattro volte superiore. In questi paesi l’industria digitale ha giustamente contribuito allo sviluppo delle industrie creative, nella consapevolezza che sono i contenuti a rendere vivi i prodotti elettronici. L’adeguamento alle tariffe europee che si effettua era in ritardo di quasi due anni e ha già provocato un enorme mancato introito per gli autori e i produttori italiani e plusvalenze incredibili per i colossi internazionali di cellulari e tablet, che lasciano nel nostro paese soltanto le briciole. Bene ha fatto il ministro ad accogliere le richiese del mondo della creatività. Auspichiamo che l’equo compenso venga ora equamente ripartito fra tutti i repertori creativi e gli aventi diritto”.
Andrea Romano (Scelta Civica): ‘Urgente superare monopolio della Siae’
“E’ urgente che il Governo si attivi per una riforma complessiva della legge sul diritto d’autore e sulle istituzioni che lo tutelano a partire dalla Siae– ha detto Andrea Romano, deputato di Scelta Civica – L’Italia ha bisogno di una nuova legge che finalmente l’avvicini all’Europa anche in questo fondamentale settore, per garantire che gli artisti e i produttori di cultura non siano penalizzati da forme di monopolio arcaiche e soprattutto non più efficaci. Per questo con circa 40 parlamentari ho presentato in Parlamento una proposta di legge rivolta a valorizzare le competenze e l’esperienza della Siae muovendosi tuttavia in direzione di quel superamento del monopolio nella tutela del diritto d’autore che altri paesi europei hanno seguito con successo e che da ultimo è stata sollecitata dall’approvazione di una specifica direttiva comunitaria. Ci aspettiamo che il ministro Franceschini si attivi rapidamente in questa direzione, come si è impegnato meritoriamente a fare dinanzi al Parlamento”.
Ricorso al Tar di Altroconsumo
Ricorso di Altroconsumo al Tar del Lazio contro il decreto Franceschini sull’aumento dell’equo compenso. “Dai precedenti 80 milioni di euro all’anno, previsti dal decreto Bondi – è il conto di Altroconsumo – si aggiungono 100 milioni di euro, prelevati dalle tasche dei consumatori grazie al sovrapprezzo nell’acquistare smartphone, tablet, chiavette usb”.
“Gli aumenti – sostiene l’associazione dei consumatori – non sono giustificati né dai dati di utilizzo di dispositivi mobili in Italia, scenario in evoluzione stabile, né da un semplice e forzato confronto con quanto accade in Francia e Germania: la misura è anacronistica, già minoritaria in Europa dove sta scomparendo di pari passo con l’evoluzione dei modelli di business e di condivisione dei contenuti online”.
Per Altroconsumo gli aumenti sono “illogici e la tassa è iniqua”: l’associazione ne chiede l’abolizione attraverso la petizione sul proprio sito, che ha già raggiunto i 20 mila sottoscrittori e sulla piattaforma change.org, dove hanno aderito in 60 mila.
Critiche al decreto sono giunte anche da parte dell’Andec, l’Associazione nazionale Importatori e Produttori di Elettronica civile (Confcommercio), secondo cui il provvedimento è “anacronistico e punitivo, ‘spinto’ a furor di petizioni dal gotha della produzione artistica e finalizzato a drenare risorse da un settore in oggettiva difficoltà (quello dell’elettronica di consumo, in calo verticale da anni sul mercato italiano) per ‘compensare’ un altro settore ritenuto arbitrariamente più meritevole di attenzione e di generose elargizioni con le tasche altrui”.