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eJournalism: in crisi i sistemi di misurazione della pubblicità online

di Redazione |

La pubblicità online sempre più ‘invadente e sgradita’. La conferma da uno studio di GlobalWebIndex che evidenzia la crisi dei tradizionali sistemi di misurazione che non considerano almeno un miliardo di utenti dei paesi in via di sviluppo.

Il problema con la pubblicità online non è solo che è brutta, invadente e sgradita. E’ che, in più, nessuno ha mai realmente capito se funziona. (Probabilmente no).

#eJournalism è una rubrica settimanale promossa da Key4biz e LSDI (Libertà di stampa, diritto all’informazione).

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Un nuovo studio realizzato da GlobalWebIndex, una società di ricerche di mercato, indica che questo problema si sta aggravando – osserva Leo Mirani su Quartz -: mentre crescono sempre di più le persone di tutto il mondo che vanno online e accedono a Internet nei modi più diversi, i sistemi di misurazione utilizzati per la pubblicità e altre analisi sono sempre meno e meno efficaci.

Essi sovrastimano la popolazione di americani e di europei online e sottostimano gli utenti dei paesi in via di sviluppo, distorcendo i budget pubblicitari e compromettendo l’efficacia dei contenuti creati per soddisfare gli inserzionisti.

Il difetto fondamentale è che i meccanismi sviluppati per l’era precedente, basata sulle misurazioni per il web su desktop – cookie, indirizzi IP, e altri segnali inviati dal dispositivo in background – oggi non sono più adatti allo scopo.

Il Report di GlobalWebIndex spiega come questi metodi siano tanto imperfetti da sovrastimare il numero di persone online del mondo sviluppato e ‘’non vedere’’ per lo meno un miliardo di persone del resto del mondo.

GlobalWebIndex stima che oltre 400 milioni di persone accedono tramite reti virtuali private (VPN) che oscurano la loro vera posizione. Altre 400 milioni non vengono calcolati perché condividono i dispositivi, e più di 150 milioni non vengono conteggiate perché accedono al web da soli dispositivi mobili, evitando le tecniche di monitoraggio tradizionali come i cookies.

Di conseguenza, i rapporti di misurazione online tendono a sovrastimare il peso dei paesi sviluppati, i mercati maturi, anche se la loro quota della popolazione globale online si restringe. Nella tabella, ecco ad esempio la situazione degli Stati Uniti:

Pubblicità online

Questo significa che gli inserzionisti, attirati dalla promessa di Internet di individuare un target preciso, stanno spendendo soldi per annunci ottimizzati per, ad esempio, un pubblico britannico, mentre molti di questi utenti potrebbero stare in Indonesia o in Vietnam.

Ma la misura in queste parti del mondo è ancora più difficile. Le aziende – da quelle grandi come Facebook o Verizon fino alle decine di piccole imprese di tracciamento ad alta tecnologia – stanno lavorando per risolvere il problema installando dei meccanismi di sorveglianza sempre più invasivi.

Il nuovo mantra è l’identificazione: le aziende stanno cercando di spingere al massimo gli utenti a restare loggati. In questo modo non importa se l’utente si trovi su un telefono cellulare o stia utilizzando un desktop o un tablet, oppure tutti e tre, perché lo si identifica dal log in. Così si supera anche la necessità per i cookie, che non funzionano con le applicazioni mobili. E poi non importa se la connessione è tramite una VPN perché gli utenti che si auto-identificano non hanno bisogno di essere seguiti attraverso la loro connessione internet.

Quindi, sempre più servizi richiedono oggi un log-in, aiutate in questo dalle aziende ‘’terze’’, che inseriscono nelle applicazioni le credenziali di identità degli utenti su Google e Facebook. Ed è facile capire il motivo per cui Facebook abbia lanciato una piattaforma pubblicitaria basata sulla promessa di identificazione.

Questo è anche quanto emerge dallo studio di GlobalWebIndex, che cita ripetutamente i fallimenti delle “tecniche di misurazione passiva”, suggerendo implicitamente che gli approcci attivi nei confronti dell’utente – come il login – siano la via da seguire.

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