Detroit, Boston, Los Angeles, San Francisco, New York, sono solo alcune delle città americane che hanno dato il via ad esperienze di urban farming: orti e agricoltura in città. Vancouver in Canada ospita oggi più di trenta «fattorie urbane». Nel 2011 tale sistema di agricoltura urbana aveva fruttato alla rete Vancouver Urban Farming Society quasi 200 mila dollari.
In Italia ci sono tantissime città che hanno ufficialmente aperto le porte alla urban farming. A Roma ad esempio ce ne sono più o meno 70 di orti urbani di varia grandezza, a Milano ben 160. Secondo dati CIA – Confederazione Italiana Agricoltori, nel 2013 la crescita di contadini urbani in Italia è stata del 10%, con quasi 5 milioni di urban farmers tra orti sui balconi, sui tetti, sulle terrazze, nei giardini condominiali, negli spazi verdi concessi dalla Pubblica Amministrazione (community gardens).
Pomodori, peperoncini, zucchine, melanzane, erbe aromatiche, alberi da frutta, fragole e piselli, sono solo alcune tra le tante varietà di piante che trovano collocamento negli orti urbani, verticali e orizzontali. Un’economia sostenibile che vede la nascita anche di nuovi smart jobs, come l’agricoltore urbano.
Non si tratta solo di profitti e guadagni, la urban farming è un modello di ‘green economy’che punta al 100% sulla sostenibilità e le tecnologie pulite della smart city. La crisi economica ha intaccato il portafogli di moltissimi cittadini, sia nei Paesi occidentali, sia in quelli tradizionalmente più poveri. Trasformare una parte degli spazi verdi urbani in campi coltivati, in serre e frutteti non solo rende più accessibili tali spazi, ma contribuisce non poco al fabbisogno alimentare quotidiano, alla riduzione di CO2 nell’aria e al mantenimento di una temperatura accettabile (quindi alla lotta contro il global warming).
Portare orti sui tetti dei palazzi, nei giardini, nei parchi e anche sottoterra consente di diminuire la superficie cementificata e quindi di impedire il soleggiamento estremo con conseguente incremento delle temperature, soprattutto nelle città di Paesi che soffrono climi umidi e caldi.
Produrre ortaggi e frutta a chilometri zero assicura trasparenza e tracciabilità dei prodotti e ha anche il vantaggio di eliminare la logistica e il trasporto degli stessi, attività che hanno un notevole impatto ambientale. Le smart city saranno sempre più verdi e avranno bisogno anche di ‘contadini urbani’, gli urban farmer immaginati nel 1999 da Dickson Despommier, professore di microbiologia alla Columbia University, che per primo ha sviluppato l’idea di agricoltura verticale.
Verticale sia verso l’alto, sia verso il basso. A Manhattan, New York, ad esempio c’è il parco di High Line, un giardino sospeso sulla vecchia linea ferroviaria della città, ma presto ce ne sarà un altro sotto terra, progetto denominato Lowline, che trasformerà in parco i binari sotterranei del Lower East Side.
Grazie al fotovoltaico e alle clean & green technologies, che consentono tramite fibra ottica e collettori solari un’illuminazione naturale in ambienti chiusi, sotto New York è possibile dar vita ad un’area dedicata al relax tra giardini e laghetti, spazi per spettacoli dal vivo e intrattenimento multimediale, performance artistiche e culturali.
Un modello alimentare che consentirebbe anche l’agricoltura urbana nel sottosuolo e che aprirebbe la strada ad ulteriori sviluppi anche in città dal clima difficile, troppo caldo o troppo freddo. Unico problema da valutare, con studi più approfonditi nel tempo, è il trasferimento dell’inquinamento atmosferico – di cui soffrono le città – negli ortaggi e la frutta che sono cresciuti proprio in tale ambiente altamente inquinato. Un argomento complesso su cui già si è aperto un duro confronto tra esperti.
Smart jobs, tutte le puntate:
Smart jobs: cibo in 3D col cuoco programmatore (prima puntata)
Smart jobs: il pilota di droni (seconda puntata)