Nel corso dell’ultima riunione del Coreper, in vista del prossimo Consiglio del 26 maggio, gli Stati europei hanno raggiunto un accordo sulle nuove regole per la riallocazione della banda 700Mhz alla banda larga mobile entro il 2020, con la possibilità – a fronte di ‘giustificati motivi’ – di un’estensione di massimo due anni così come previsto nel Rapporto Lamy.
I motivi del ritardo possono includere questioni di irrisolto coordinamento transfrontaliero; problemi di interferenze; la necessità di garantire la migrazione tecnica a standard di trasmissione televisiva avanzata in presenza di un’ampia fetta di popolazione interessata dal processo; costi di transizione superiori ai ricavi attesi dalla procedura di assegnazione o cause di forza maggiore.
Gli Stati che dovessero essere interessati da questo tipo di problematiche dovrebbero puntualmente informare la Commissione e gli altri Stati membri della loro roadmap.
Per quanto riguarda invece lo spettro al di sotto dei 700 MHz (470-694 MHz), l’accordo, con un solo paese astenuto, prevede che i Governi ne garantiscano la disponibilità per i servizi televisivi fino almeno al 2030. In quest’ultimo caso, come suggerito anche dal rapporto Lamy e come raccomandato dal gruppo Politica dello spettro radio nel suo parere del 2015, un n riesame previsto per il 2025.
L’accordo dovrebbe aprire la strada all’armonizzazione dell’uso dell’importante porzione di banda, considerata essenziale per la copertura universale della banda larga mobile e per la futura implementazione paneuropea dei servizi mobili 5G.
Francia e Germania hanno già proceduto all’assegnazione delle frequenze 700Mhz alle telco. In Francia, l’asta ha fruttato 2,8 miliardi di euro, in Germania lo Stato ha incassato 1 miliardo di euro.
L’Italia è invece capofila di un gruppo di Paesi che chiedevano il rinvio del termine per la riallocazione al 31 dicembre 2022 evidenziando innanzitutto le difficoltà del trasferimento dei servizi DTT al di fuori della banda dei 700MHz in particolare per quei paesi, come appunto il nostro, in cui la televisione digitale terrestre è la principale piattaforma per la ricezione dei canali televisivi.
Nel nostro paese, la banda 700 è occupata al 60% da emittenti nazionali e locali, tutti con diritti d’uso in scadenza nel 2032.
Il nostro paese paga infatti lo scotto di non disporre, come la maggior parte degli altri Stati membri, di non aver mai agevolato la Tv via cavo: secondo i dati di Confindustria Radio Televisioni, 18 milioni di famiglie italiane su 24 si affidano al digitale terrestre per fruire della tv in chiaro.