Analisi

6G, braccio di ferro in vista con la Cina

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Il rollout del 5G non è ancora terminato, anzi, ma nel frattempo la corsa al 6G è già cominciata. Il rischio è che si arrivi a due versioni contrapposte dello standard.

Il rollout del 5G non è ancora terminato, anzi, ma nel frattempo la corsa al 6G è già cominciata. Lo ricorda il Financial Times, analizzando la questione tecnologica anche dal punto di vista geopolitico.

Dai tempi del 3G e del 4G “la forza politica e tecnologica della Cina è cresciuta e il suo campione nazionale Huawei è impegnato a creare la tecnologia 6G”, scrive il Financial Times.

Il dilemma dell’occidente

Questo fatto mette l’occidente di fronte ad un bivio: aziende e governi saranno in grado di creare un’alternativa, mettendo da parte a concorrenza?

In altre parole, la lezione del 5G è stata appresa e digerita dalle economie occidentali?

Il ban a Huawei

Tutti ricordano come all’inizio della corsa al 5G il ricorso alle tecnologie di Huawei fosse generalizzato, frenato poi, in un secondo momento, dagli Usa con l’effetto di provocare il ban cinese sul 5G in diversi paesi fra gli altri in Uk, Francia e Canada.

La rappresaglia cinese

La rappresaglia cinese si è tradotta, fra le altre cose, nell’esclusione della svedese Ericsson dal mercato domestico, oggi dominato dai campioni nazionali Huawei e ZTE.

“Sembra che la battaglia sul 5G sia premonitrice di quella in arrivo sul 6G”, scrive il quotidiano finanziario. Con una differenza: oggi le tecnologie 6G di Huawei sono molto migliori di quanto non fossero agli albori del 5G.

Il fronte occidentale

Nokia, Samsung ed Ericsson sono anch’essi attori chiave di questa corsa al 6G. La casa svedese, ricorda il Financial Times, ha appena avviato una iniziativa di ricerca in Uk, in collaborazione con il mondo accademico e le aziende, per portare resilienza e sicurezza nel nuovo standard mobile 6G.

Difficile, però, che Huawei e gli altri fornitori di attrezzature di rete del blocco occidentale trovino un accordo e una visione convergente sul 6G.

Due versioni dello stesso standard?

Secondo il Financial Times, alla fine avremo due versioni diverse del 6G. Ma le capacità di ricerca (e finanziarie) di Huawei sembrano obiettivamente superiori rispetto a quelle dei concorrenti occidentali, che tra l’altro scontano la forte rivalità e la frammentazione dei vari paesi.

Un paio di anni, fa l’allora primo ministro britannico Boris Johnson avanzò l’idea di creare un’alleanza fra stati democratici, il “D10” (formato dal G7 più India, Australia e Corea del Sud) per contrastare in maniera congiunta sfide comuni come quella del 5G. Ma la proposta non è mai decollata.   

I due blocchi, quindi, si confronteranno sul terreno del 6G. Ma se gli stati occidentali non collaborano fra loro, c’è il rischio che alla fine dovranno per forza accettare il 6G di Huawei. E questo farà sembrare lo scontro sul 5G come una questione minore, chiude il Financial Times.

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