Il 5G sarà un’arma potenzialmente dirompente per proteggere le fragili infrastrutture del nostro paese, su cui si è acceso un faro di allarme dopo la tragedia del crollo del ponte Morandi di Genova. E’ questo in sintesi il messaggio che emerge dal panel che si è tenuto alla conferenza 5GItaly, organizzata al Cnr dal Cnit in collaborazione con Supercom, sulle potenziali applicazioni di protezione e prevenzione danni delle nostre infrastrutture civili.
Come sfruttare il 5G in questo senso? Ad esempio, con l’IoT “che consente di inviare in Cloud i dati raccolti in tempo reale tramite sensori fissati su ponti e strade aprendo la strada ad una nuova capacità predittiva sulle condizioni delle opere di ingegneria civile”, ha detto Roberto Verdone, Professore Cnit/Università di Bologna.
L’obiettivo è creare un “Digital Twin”, un gemello digitale di ponti, viadotti, strade per monitorare in tempo reale le condizioni delle nostre infrastrutture grazie al costante flusso di dati aggiornati tramite 5G.
Uno scenario futuribile che certamente darà una grossa mano alla Protezione Civile per prevenire eventi catastrofici. “L’Italia è un paese a rischio idrogeologico, vulcanico – ha detto Stefano Calabrese, Coordinatore Servizio sistemi informativi e di comunicazione della Protezione Civile – l’utilizzo di soluzioni IoT ci permetterà di svolgere un’opera di allertamento capillare in caso di allarme alla popolazione tramite sms, ad esempio in casi di rischio tsunami, terremoti o onde di piena, e di coordinare il nostro intervento di soccorso”. Una delle priorità tecnologiche del Dipartimento è la resilienza della rete a poche ore dall’evento catastrofico, per non essere tagliati fuori dalla zona colpita per assenza di segnale mobile.
Ma per realizzare appieno tutte le potenzialità del connubio fra 5G e sicurezza di opere civili in Italia è necessario quanto prima realizzare “un catasto delle infrastrutture – ha detto Donato A. Limone, Direttore Scuola nazionale Amministrazione Digitale (Snad), Unitelma Sapienza nonché consigliere del ministro dei Trasporti Danilo Toninelli – se ne parla da anni e l’argomento salta fuori soltanto in caso di disastri”.
In Italia i dati sulole infrastrutture sono sparpagliati e poco trasparenti, troppo spesso conservati in digitale ma anche in analogico, quindi su carta. “Servono delle banche dati pubbliche per conoscere le infrastrutture, che abbiano valore legale – ha aggiunto Limone – banche dati accessibili che parlino fra loro. I dati infrastrutturali sono proprietà dello Stato, ma la titolarità è degli enti pubblici che usano quei dati”.
Nel nostro paese esistono 159.725 diverse banche dati comprese quelle sulle infrastrutture e i dati sono trattati “in modo disomogeneo e per questo non servono”, sottolinea il professor Limone, decano dell’informatica giuridica italiana.
Eppure, nel nostro ordinamento ci sono le regole per fare le banche dati.
Altri problemi riguardano in particolare infrastrutture specifiche, in particolare le reti Tlc. “Molte infrastrutture Tlc sono fatte senza pensare al rischio idrogeologico e sismico – dice Gianluca Mazzini, Direttore Generale di Lepida – basti pensare all’interruzione della rete in caso di esondazioni come avvenuto ad esempio in Emilia in seguito allo straripamento del Secchia nel 2014”.
Per questo, l’avvento del 5G può di fatto essere un’occasione importante per creare nuove reti che prevedano la security by design e, perché no, per mettere a norma tutte le reti esistenti, su cui la mancanza di un catasto pesa non poco.
La pensa così Fabrizia Montefiori, Amministratore delegato e Presidente di TIESSE, l’azienda di Ivrea specializzata nella produzione di router mission critical interamente made in Italy, che sottolinea l’importanza dell’italianità delle reti Tlc: “L’infrastruttura di telecomunicazioni è quella più critica da tutelare, l’aspetto sicurezza è fondamentale da proteggere – ha detto Fabrizia Montefiori – Noi facciamo hardware e facciamo anche software che mettiamo sull’hardware di nostra produzione. Sono convinta che l’Italia non debba rinunciare alla produzione di hardware per mantenere una filiera italiana che padroneggiamo. Il mercato 5G va alimentato anche per chi produce, l’Italia deve tornare a lavorare su reti nazionali per costruire un’economia nazionale. Non dobbiamo metterci nelle mani dei monopoli in questo settore, le imprese italiane devono venire prima”.
In vista dell’avventi del 5G il Governo non resta a guardare e per adeguare le infrastrutture di trasporto è stato approvato il decreto “Smart road” per prevedere in un futuro alquanto prossimo la comunicazione fra auto, le info sul traffico e le regole sulle enormi masse di dati che a breve circoleranno sulle nostre strade. “E’ fondamentale stabilire per legge di chi sono i dati immagazzinati da sensori e antenne per strada – ha detto Mario Nobile, Direttore generale per i Sistemi Informativi e Statistici del Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, Osservatorio Smart Road – per questo abbiamo già incontrato l’Agid”.
Sarà inoltre importante sperimentare direttamente nel nostro paese le potenzialità del 5G applicato ad esempio all’auto senza conducente, anche se per ora c’è un blocco in questo senso da parte delle grandi multinazionali che producono veicoli che hanno avviato test in altri paesi. Il Governo ci sta lavorando, anche perché ospitare a casa nostra i primi test della nuova tecnologia porterebbe con sé fondi pubblici e privati e una spinta non indifferente alla ricerca.