“In un mercato della telefonia che non ha più confini, senza differenze tra servizi IT, hyperscaler e telco, le normative vengono costantemente applicate solo agli operatori. Siamo ad un paradosso. Un servizio di comunicazione satellitare, ad esempio, è privo di un call center. Quest’ultimo non ha diversità, di utilizzo, con una Adsl o fibra, quindi dovrebbe dare lo stesso supporto. Le regole devono essere le stesse per tutti, in un segmento che sta convergendo”. Lo ha detto Pietro Labriola, Amministratore Delegato e Direttore Generale, TIM al al “5G&Co. – Everything is connected”, la conferenza internazionale promossa dal CNIT e in corso a Roma al Palazzo delle Esposizioni.
Il manager ha ricordato le difficoltà del ritorno economico sull’investimento. “C’è stata una forte miopia in Italia, più che nel resto d’Europa, sul pagamento degli spettri di copertura. Un esempio su tutti è il Brasile: partito in ritardo sul 5G, nel 2020, ha poi beneficiato di un costo molto basso delle licenze e un progetto di copertura standalone entro il 2030. In due anni, il Paese sudamericano ha coperto molte più aree di tante nazione europee. Senza infrastrutture non si sviluppano servizi”.
C’è poi il consumo energetico. Il settore, secondo TIM, è spesso privo degli sgravi necessari ad aggiornare le antenne, in termini di riduzione dell’impatto ambientale. Cosa comporta ciò? Un ulteriore onere sulle spalle delle telco. “Se non investiamo e non costruiamo la rete 5G, difficilmente nasceranno quelle figure, come le startup, che devono innovare il mercato e quindi generare servizi. Oggi in Italia abbiamo difficoltà ad aumentare l’arco del mobile di un euro, il costo di un caffè”.
Come fare un passo ulteriore? “Con degli sforzi, da parte di tutti – conclude Labriola. “Perché non utilizzare parte dei fondi del PNRR per incentivare verso la migrazione elettronica della connettività standalone? I temi sono tanti. Energy cost: la rete 5G richiede più antenne e quindi dobbiamo avere dei costi energetici ridotti. Poi le frequenze elettromagnetiche: siamo il Paese con i limiti più bassi in Europa, il che eleva il costo di produzione. Normative e regole: serve una regolamentazione forte che renda trasparente il mercato, agevolando il networking sharing o merge tra gli operatori. In Italia oggi non c’è spazio per avere cinque reti 5G. Così non vi può essere ambizione al futuro”.
Proprio i servizi possono rappresentare lo sliding doors nel successo del 5G. “Finanziare la nascita dei servizi è complesso ma è uno dei modi per dare un boost dal settore. Per la seconda volta nel nostro Paese, con Netco stiamo costruendo una rete che farà evolvere la connettività italiana. Dividere l’infrastruttura dai servizi consentirà a entrambe di essere leader, tanto da rappresentare un esempio anche all’estero”.