Il divieto totale all’utilizzo di tecnologie e apparecchiature cinesi per realizzare le nuove reti 5G costerebbe all’Europa 55 miliardi di euro in più e ritarderebbe di almeno 18 mesi la diffusione del nuovo standard nella Ue, aumentando il ritardo del Vecchio Continente nei confronti degli Usa.
E’ quanto emerge da un’analisi del settore vista da Reuters, che mette in luce le conseguenze dell’inserimento di Huawei nella black list dei fornitori da parte di Trump lo scorso mese di maggio. Da tempo il presidente Usa chiede agli alleati di escludere Huawei e i fornitori cinesi dal novero dei fornitori di tecnologie 5G per timori legati alla cybersecurity.
Un allarme preso sul serio anche dal nostro paese, con l’esercizio del golden power sulle forniture Tlc (fra cui appunto Huawei e ZTE) esercitato una settimana fa, in occasione del primo consiglio dei ministri del governo Conte bis.
Washington sostiene che le attrezzature di Huawei possono essere utilizzate dal Governo di Pechino per spiare governi e aziende, un’accusa rispedita al mittente dall’azienda cinese.
L’estromissione di Huawei dal novero dei fornitori di apparecchiature di rete ha sollevato non poche preoccupazioni fra le telco, visto che l’azienda cinese è il primo fornitore di attrezzature di networking al mondo. Preoccupazioni sollevate ad esempio dalla GSMA, l’associazione che raccoglie 750 operatori Tlc a livello globale, che stima in 55 miliardi di euro il totale dei costi aggiuntivi connessi al blocco totale delle forniture 5G in Europa per le aziende cinesi Huawei e ZTE.
I due vendor cinesi, scrive la Reuters, hanno una quota combinata di mercato di più del 40% nell’Unione Europea.
“La metà di questi costi aggiuntivi sarebbe conseguenza dai maggiori costi imputati agli operatori in seguito a significative perdite di competitività nel mercato delle attrezzature di rete mobile”, si legge nel report.
“Inoltre, gli operatori dovrebbero rimpiazzare le infrastrutture esistenti (4G ndr) prima di implementare gli upgrade del 5G”.
Questo secondo aspetto, ovvero la necessità di cambiare anche le reti 4G esistenti realizzate con tecnologie cinesi, non è vero secondo Nokia, che sostiene di disporre di tecnologie in grado di sovrapporsi alle reti esistenti di altri vendor senza problemi di compatibilità, riducendo i costi della sostituzione del fornitore in corso d’opera.
Il ban di tecnologie cinesi, secondo il report, provocherebbe un ritardo di 18 mesi sulla tabella di marcia del rollout del 5G in Europa, ampliando così il ritardo della Ue nei confronti degli Usa sopra al 15% entro il 2025.
Al ritardo contribuirebbero le difficoltà per le telco di passare da un fornitore all’altro e l’improvvisa necessità di supplire all’assenza di Huawei e ZTE e all’aumento della domanda da parte dei competitor Ericsson, Nokia e Samsung.