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5G, Regno Unito verso l’esclusione di Huawei entro il 2025. E l’Italia?

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Il Governo del Regno Unito, per bocca del ministro della Cultura Oliver Dowden su decisione del National Security Council, potrebbe comunicare già domani l’obbligo per gli operatori di rimuovere tutta la tecnologia Huawei dalle reti 5G del paese entro il 2025. Lo scrivono diversi quotidiani fra cui il Sunday Times e il Telegraph, secondo cui i parlamentari conservatori avrebbero in realtà spinto per un limite ancor più stringente (entro il 2023) ma che invece gli operatori avrebbero richiesto più tempo.

Il Sunday Times scrive inoltre che Huawei avrebbe chiesto un incontro con il primo ministro Boris Johnson per fissare un termine ancora più in là nel tempo.

Uk cede al pressing Usa

A questo punto, pare che il Regno Unito abbia ceduto al pressing dell’amministrazione Trump e che quindi il veto nei confronti delle tecnologie 5G di Huawei (ma anche di Zte e con ogni probabilità anche altri fornitori asiatici) sia ormai assodato, con una totale inversione a U rispetto a quanto stabilito dallo stesso Boris Johnson non più tardi dello scorso mese di gennaio, quando l’uso di tecnologie cinesi era stato sì limitato al 35% dell’accesso ma non vietato.

BT e Vodafone frenano  

Resta da capire quale sarà la deadline per smantellare la rete dalle tecnologie cinesi. La scorsa settimana, secondo quanto riferito da Bloomberg, esponenti di BT e di Vodafone hanno detto in commissione parlamentare Scienza e Tecnologia nel Regno Unito che ci potrebbero volere da 5 a 7 anni per sostituire tutta l’attrezzatura di rete Huawei dalle loro reti. Secondo stime di Vodafone, rimuovere tutte le tecnologie Huawei dalle sue stazioni base e dalle antenne in tutto il paese costerebbe miliardi.

Per gli esponenti di BT, se il governo porterà avanti la proposta di rimpiazzare tutte le attrezzature di Huawei entro tre anni, ci potrebbero essere ripercussioni in termini di mancato servizio e blackout per i clienti.

Tempi lunghi

Per il capo di BT, non sarebbe possibile in 10 anni rimuovere tutte le tecnologie di Huawei dalle reti fi telecomunicazione.  Una operazione del genere causerebbe “interruzioni” e possibili rischi per la sicurezza se alla industry delle Tlc fosse ordinato di tagliare tutte le tecnologie cinesi per la realizzazione del 5G.

Philip Jansen, Ceo di BT, ha detto alla Bbc che “Huawei è stata nel settore delle infrastrutture di rete da circa 20 anni ed è un grande fornitore di BT e altri operatori in Uk (ma lo è ovunque ndr)”. Se la decisione del governo sarà quella di “bannare” le tecnolgie cinesi dal 5G, ci vorranno anni (il settore chiede 7 anni, ma ne potrebbero bastare 5) per fare piazza pulita di tutte le apparecchiature già installate.

Gravi conseguenze dall’esclusione di Huawei

Ma ci sarebbero gravi conseguenze per l’Europa rifiutando tout court di usare tecnologie asiatiche, ha detto chiaro e tondo Jansen, secondo cui in nome della sicurezza si rischia di provocare molti più danni proprio alla sicurezza delle reti nel breve termine dando il ben servito ai fornitori cinesi e asiatici tout court.

Se il veto dovrà essere a brevissimo termine, il rischio di interruzioni di servizio per i clienti è dietro l’angolo per non parlare della sicurezza a breve termine.

5G: ‘Di Maio, Serve normativa a livello europeo’

Intanto, anche nel nostro paese si scalda il dibattito.    

Sul 5G occorre una normativa europea: lo auspica il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, in una intervista a Il Foglio, “perché è fondamentale che noi andiamo a tutelare a livello europeo le infrastrutture strategiche. Così abbiamo anche la possibilità di condividere le informazioni trattate con più serenità”.

Di Maio ricorda che l’Italia ha recepito le preoccupazioni americane sul 5G. “Sono preoccupazioni che teniamo fortemente in conto, abbiamo approvato in due anni tre decreti legge che riguardano il rafforzamento della sicurezza sul 5G e del perimetro di sicurezza nazionale. Su questo voglio dire chiaramente che – al netto del fatto che l’Italia ha il 30 per cento del pil che è fatto dalle esportazioni, quindi come ho detto tuteliamo gli interessi commerciali rafforzando le partnership commerciali con altri stati – se i nostri alleati sono preoccupati rispetto alla sicurezza nazionale noi dobbiamo tenerne conto. Abbiamo fatto tre decreti per rafforzare le nostre normative sul 5G, tanto è vero che il Golden Power adesso ha delle maglie strettissime che si applicano a tutte le telecomunicazioni, non soltanto al 5G“.

Attualmente, secondo Di Maio, “oggi l’Italia ha, credo assieme alla Francia, la normativa più rigida sul 5G“. Ma “è nostro dovere” “un’iniziativa europea che renda omogenee le misure di sicurezza sul 5G e sulle telecomunicazioni”.

Golden power del Governo sul 5G

La scorsa settimana il sito Formiche.net ha reso noto che il il Governo ha esercitato il golden power in Cdm su tecnologie Huawei di Tim e Wind Tre. Tim ha indetto, sostiene in separata sede, la gara per la rete core 5G senza invitare aziende cinesi. All’interno del Governo pare che vi siano posizioni differenti rispetto al tema, con il ministro della Difesa Lorenzo Guerini (Pd) più severo e duro rispetto alla necessità di veto, mentre il ministro Stefano Patuanelli (M5s) sarebbe più morbido e più aperturista. C’è da dire che la presa di posizione più guardinga del ministro Di Maio cambia le carte in tavola rispetto a posizioni apertamente filo cinesi espressi in passato. Dobbiamo forse pensare che anche l’Italia su Huawei è pronta all’inversione a U auspicata dagli Usa, come la piroetta che sta facendo di Boris Johnson nel Regno Unito?

C’è da dire che in Francia il Governo ha deciso di restringere il ruolo di tecnologie cinesi nel 5G, ma non certo di escluderle, mentre la Germania procede in autonomia e non ha espresso alcuna restrizione alle attrezzature tecnologiche extra Ue.  

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