Open RAN, maggiore diversità nell’ecosistema del 5G e fattore di stimolo allo sviluppo del nuovo standard di comunicazione.
Ma ci sono le condizioni esterne per uno sviluppo sostenibile dell’ecosistema del 5G?
Le nostre istituzioni (Governo e Autorità), non soltanto in Italia, stanno creando le condizioni perché questo sviluppo prenda piede?
Se lo domanda la industry delle Tlc, a partire dalle use case necessarie perché l’ecosistema 5G possa davvero decollare.
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Il quadro dello spettro radio
Per lo sviluppo del 5G sono state assegnate frequenze radio in banda 700 Mhz, 3.6-3.8 Ghz e 26 Ghz agli operatori. In Italia diversamente che in altri paesi europei, si è deciso di non dare frequenze per l’uso locale ad altri soggetti.
A questo punto, interessa capire se l’ingente sforzo economico degli operatori per le frequenze pari a 6,55 miliardi di euro consente o meno dei margini adeguati per l’investimento in infrastrutture, ridotto in una certa misura dalla combinazione fra le spese ingenti affrontate per l’asta e dal calo dei ricavi per la guerra delle tariffe e le conseguenze del Covid.
In questo quadro, cosa ci dobbiamo aspettare come investimenti da parte degli operatori?
La WRC 23, la conferenza mondiale delle comunicazioni radio, ha già chiesto ai diversi paesi se nel 2023 dovrà dare anche la banda di frequenza dei 6 Ghz per il 5G. “La banda dei 6Ghz è una banda enorme che va da 5.9 a 7.100 Ghz – ha detto Mario Frullone, direttore scientifico della FUB – che gli Stati Uniti hanno già detto che useranno per sistemi unlincesed, non licenziati tipo WiFi, tutto WiFi”.
In realtà, potevamo aspettarcelo visto che gli Usa hanno in casa player globali come Amazon e Google e tutti gli Over the Top. Player fortemente bandivori che hanno quindi bisogno di una enorme quantità di spazio per trasmettere gli enormi quantitativi di dati che veicolano.
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Ma in Europa? Quale futuro per la banda 6Ghz?
Ma in Europa cosa si vuole fare con la banda 6 Ghz? “In Europa è stato detto che i primi 500 Mhz saranno assegnati anche qui come negli Usa al WiFi – ha detto Frullone – gli altri 600 Mhz sono appunto un oggetto che potrebbe invece essere riservato a soggetti in possesso di una licenza in futuro”.
In che modo? Si vedrà.
Con quali tecniche di licensing? Si vedrà.
Dovrà essere un uso condiviso? Si vedrà.
Su questo argomento, vale a dire il futuro della banda 6 Ghz, c’è un dibattito molto vivace nel nostro paese, con un gruppo di lavoro al Mise che si sta occupando delle posizioni del nostro paese alla prossima conferenza mondiale WRC-23.
5G, spettro radio per i Vertical: in corso la consultazione pubblica dell’Agcom
Al momento, un tema molto caldo e attuale in Italia è la consultazione pubblica dell’Agcom in atto sull’uso dello spettro nei Verticali. Nel documento dell’Autorità emergono anche alcuni dubbi e dilemmi per i Vertical: quanto sarà opportuno alla fine appoggiarsi all’operatore per la gestione dello spettro?
Meglio realizzare in autonomia le applicazioni, magari tramite un System Integrator, o affidarsi ad operatori o micro-operatori (make or buy)?
Domande cui è ancora prematuro dare una risposta.
Serve appunto un dibattito pubblico, incarnato dalla consultazione Agcom, per capire il grado di interesse per l’uso privato dello spettro nel nostro paese. Se non risponde nessuno, ciò significa che come paese l’Italia purtroppo non è ancora pronta per un’evoluzione di questo tipo.
I grandi Vertical del nostro paese risponderanno alla consultazione pubblica dell’Agcom?
Cosa diranno?
Cosa pensano di fare?
E’ impensabile che tutti gli investimenti nelle nuove reti, soprattutto a livello Edge, vengano realizzati soltanto dagli operatori.
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Condivisione dello spettro
Un altro tema caldo è quello della condivisione dello spettro. Già oggi la banda 3.6-3.8 Ghz è adoperata in parte dai sistemi ponte radio e via satellite e c’è un tavolo tecnico nel quale la FUB ha un ruolo tecnico, al quale partecipano coloro che hanno vinto l’asta 5G proprio per rendere compatibili le frequenze 5G con quelle del satellite e dei ponti radio.
Negli altri paesi questo concetto della coesistenza, dello sharing dello spettro è molto avanti.
Ma ad esempio i ponti radio che riempiono la banda 3.8-4.2 Ghz in maniera molto densa sono tipicamente in aree rurali. Sarebbe pensabile adoperare la banda 3.8-4.2 Ghz in aree urbane o in situazioni diverse per applicazioni, anche solo in ambito locale, da parte dei Vertical?
Il dibattito in Italia su questi temi è al momento molto vivace.
PNRR e mappatura delle reti
Un altro aspetto molto importante è quanto avviato dal Mitd, Ministero della Transizione digitale di Vittorio Colao con il supporto di Infratel, sulla mappatura delle reti. E’ stata fatta a fine luglio una consultazione pubblica con tutti gli operatori per conoscere i loro piani di investimento fino a 2026. Piani che impatteranno in maniera concreta sull’allocazione dei fondi del PNRR, 3,8 miliardi destinati alla banda ultralarga fissa e 2 miliardi al 5G. Un evento epocale, una situazione davvero favorevole per lo sviluppo del settore.
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