Nel Governo italiano ancora non c’è unitarietà sul dossier 5G influenzato dalla tech war tra Usa e Cina. La Germania, ad esempio, già ad ottobre scorso ha inviato un chiaro messaggio agli Stati Uniti: non subiamo il tentativo di ingerenza sulla definizione delle regole per la realizzazione delle reti 5G.
In Italia, invece, si registano ancora posizioni individuali di membri dell’esecutivo sulla tecnologia mobile di quinta generazione e nel continuo dibattito apparecchiature cinesi sì o no. Nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera Enzo Amendola, ministro degli Affari europei, parlando di 5G, nel progetto di rete unica, si lascia andare a una presa di posizione non condivisa ufficialmente dal governo: “Niente aziende cinesi nel 5G italiano?”, gli viene chiesto.
“Non è questione di essere anti-cinesi, è un fatto normale. Le chiavi di casa mia io le do ai miei familiari, non ad altri”, ha detto Amendola, spiegando che: “Se si parla di autorizzazioni sul 5G a imprese cinesi, o di qualunque altro Paese, si pone una questione di sicurezza nazionale. E di sovranità, come dice il presidente francese Emmanuel Macron. Questi sono temi che un Paese come il nostro tratta con gli alleati europei e atlantici, non con altri”.
Amendola ha detto di parlarne molto col ministro della Difesa Lorenzo Guerini, ma il premier Giuseppe Conte e i Cinque Stelle sono d’accordo o in disaccordo?
Le posizioni di Germania e Francia
In attesa di conoscere la posizione ufficiale del Governo, dalle parole del ministro Amendola si registra un atteggiamento ideologico nei confronti delle aziende cinesi produttrici di apparecchiature 5G, accusate, senza prove concrete, dall’amministrazione Trump di spionaggio per conto di Pechino.
“Non ci sono prove contro Huawei e senza Huawei il 5G sarebbe in ritardo in Germania”, ecco i due motivi principali per i quali Angela Merkel non ha bannato le società cinesi di tlc per la corsa al 5G (a luglio scorso Deutsche Telekom ha rafforzato la sua partnership con Huawei). Neanche la Francia, segue il diktat dell’amministrazione Trump sull’esclusione di Huawei dal novero dei fornitori per le nuove reti 5G. E l’Unione europea non ha adottato una posizione rigida.
I fatti
Ad oggi i fatti sono questi. Il 5G di Huawei ha superato tutti i test di sicurezza. Lo rivela GSMA, spiegando come le apparecchiature di rete wireless e core 5G di Huawei (5G Ran gNodeB, 5G Core Udg, Udm, Unc, Upcf e LTE eNodeB) hanno superato il test Network Equipment Security Assurance Scheme (Nesas).
Accelerare su sviluppo reti e servizi 5G, anche per telemedicina contro Covid-19
Perché l’Italia dovrebbe subire in modo acritico le pressioni di Trump, mettersi al centro della nuova guerra fredda tra Cina e Usa e perdere tempo? Tempo che sarebbe meglio utilizzare per accelerare lo sviluppo delle reti e dei servizi 5G in Italia. Ricordiamo che il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, ha osservato a malincuore, “Se avessimo avuto il 5G forse avremmo gestito meglio le prime fasi dell’epidemia, evitando che le condizioni di molte persone si aggravassero fino a perdere la vita”.
Quando diventa operativo il Cvcn, centro di valutazione e certificazione delle apparecchiature 5G?
L’ex ministro del Mise, Luigi Di Maio, ha istituto presso il Ministero dello Sviluppo economico il Cvcn: centro di valutazione e certificazione nazionale per la verifica delle condizioni di sicurezza e dell’assenza di vulnerabilità di prodotti, apparati e sistemi destinati ad essere utilizzati per il funzionamento di reti, servizi e infrastrutture critiche. Quindi anche per il 5G. Ma ad oggi è ancora su carta.
Il Mise è a caccia di 70 persone del settore per rendere operativo il Cvcn. Ma è ancora aperto il concorso, il bando è stato pubblicato il 31 luglio scorso.
Sarranno poi gli specialisti di settore scientifico tecnologico del Cvcn ad effettuare i test sulle apparecchiature 5G e a dire chi è sicura e chi no.