L’annosa questione dell’innalzamento dei limiti elettromagnetici, che in Italia sono i più bassi d’Europa, entra nel vivo. La misura, caldeggiata da anni dalla industry delle Tlc, sarà ricompresa in un decreto omnibus, che approderà lunedì prossimo in Consiglio dei Ministri. Lo scrive il Sole 24 Ore, ricordando come l’innalzamento dei limiti sia considerato un modo per accelerare lo sviluppo del 5G in Italia. E di questo certamente c’è bisogno, visto che secondo diversi report lo sviluppo del 5G standalone, il vero 5G, è fermo al palo e non soltanto nel nostro paese.
Strada lunga per i nuovi limiti
A proposito dell’innalzamento inserito nel decreto omnibus, scrive il Sole 24 Ore che “Entro 120 giorni un Dpcm, su proposta Mimit e con concerto Mase, sentito il Comitato interministeriale previsto dalla legge quadro del 2001 e le competenti commissioni parlamentari, e previa intesa con le Regioni in Conferenza unificata, dovrà rivedere il limite oggi fissato a 6 volt/metro. Senza intesa, però, il limite verrà innalzato automaticamente a 24 v/m”.
C’è da dire che se metti un limite a 24 v/m, e in precedenza era circolato il valore di 30 v/m, non lo fai perché hai fatto degli esami di laboratorio. Non c’è un motivo specifico.
È vero anche che nemmeno il limite di 6 v/m poggiava su basi scientifiche. Fu inventato di sana pianta a suo tempo e tutti lo hanno criticato sia in Europa che all’ITU. Non bisogna ripetere l’errore di dare numeri a casaccio, tirati fuori dal cilindro. Proprio per questo occorre fornire motivazioni chiare. O di natura sanitaria (Icnirp) o di natura tecnica (come in alcuni Paesi).
Il caso del Belgio
C’è l’esempio del Belgio che prima adoperava i 6 v/m e quando ha dovuto aumentare i limiti ha considerato le esigenze in potenza del 5G e ha aumentato di conseguenza. Il principio è di rispondere alla domanda “con quale aumento minimo dei limiti rendo possibile il dispiegamento del 5G”?
Il 5G nell’area di Bruxelles sarà lanciato a settembre, i limiti sono stati aumentati dai 6 v/m rispettivamente a 14 v/m outdoor e 9 v/m indoor in linea con le esigenze del 5G. C’è poi il caso della vicina Vallonia, che ha fissato limiti diversi da Bruxelles, pari a 18 v/m per singolo impianto, valutando emissioni per 9 v/m per singolo operatore in caso di due operatori sullo stesso impianto.
L’approccio sanitario sarebbe semplicemente seguire i 61 v/m delle raccomandazioni europee (Icnirp).
Dal Mimit al Mase: diversi stakeholder al tavolo sui limiti
Ci vorrà quindi del tempo per arrivare ad una proposta condivisa, che metta d’accordo le numerose componenti che dovranno trovare un accordo sulla revisione dei limiti. Non sarà una passeggiata. La misura è stata già stralciata recentemente, a fine marzo, dalla bozza del Ddl Concorrenza. Allora, pare che vi sia stata una spaccatura nella maggioranza, con la Lega del ministro Giancarlo Giorgetti contraria, così come già accaduto con il ministro Vittorio Colao del Governo Draghi.
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Cosa è cambiato da allora?
Cosa è cambiato negli ultimi sei mesi per pensare in un buon esito della trattativa?
Da anni si parla di questa ipotesi, gli operatori si lamentano del fatto che nel nostro paese ci sono i limiti più bassi d’Europa, pari a 6 v/m a fronte della media di 61 v/m in vigore nella Ue.
Serve una base scientifica per i nuovi limiti
E davvero in caso di mancato accordo fra le diverse parti coinvolte si procederà d’ufficio all’innalzamento a 24 v/m? In realtà, negli ultimi tempi erano circolati altri valori mentre il valore di 24 v/m, presente in bozze di qualche tempo fa, pareva ormai superato.
Come già scritto su Key4biz, non è chiara la base scientifica adottata dal Governo per decidere automaticamente, in caso di mancato accordo fra le parti, di innalzare il limite a 24 v/m.
In Europa il limite massimo di emissione elettromagnetica è 61 v/m. Perché L’Italia dovrebbe fissare un limite massimo di 24 v/m? Perché non 35 v/m invece?
Il punto vero sull’innalzamento è che se l’aumento sarà troppo elevato c’è il rischio che si dia il via ad una nuova fase di accaparramento, mentre con un incremento più contenuto sarebbe più facile tenere sotto controllo il livello di emissioni e ridare così trasparenza all’intero settore. Questa seconda ipotesi è probabilmente preferibile.
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Rischio revival dell’accaparramento?
C’è poi più di qualche dubbio sul rischio che riparta la corsa all’accaparramento, un fenomeno già denunciato dall’Antitrust per cui gli operatori si “accaparrano” gli impianti di trasmissione dichiarando valori nominali superiori a quelli effettivi, per estromettere i concorrenti dall’uso condiviso degli impianti stessi.
Quali sono le garanzie di monitoraggio delle emissioni e le azioni di controllo per evitare un revival dell’accaparramento dello spettro radio?
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Nuova Strategia per la Banda ultralarga 2023-2026 in Cdm lunedì
C’è da dire che lunedì in Consiglio dei ministri dovrebbe arrivare anche la nuova Strategia per la Banda Ultralarga 2023-2026, che tra le altre cose prevede delle misure anti accaparramento frequenziale. In questo modo l’intera questione dello spettro radio, dall’innalzamento dei limiti al controllo dell’uso efficiente della capacità trasmissiva, sarebbe affrontato in maniera coordinata e organica.
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