Quinta edizione del 5G Italy
La crisi pandemica ha frenato la diffusione della rete 5G non solo in Italia, ma in tutta Europa. L’emergenza energetica, la carenza di materie prime e componenti chiave, con la guerra in Ucraina sullo sfondo, hanno reso ancora più incerto il mercato delle telecomunicazioni, gettando gli operatori in una condizione di difficoltà profonda. L’inflazione e la crisi economica hanno impattato sui consumi.
La quinta edizione del 5G Italy di Roma, la conferenza internazionale di riferimento del mercato, organizzato dal CNIT (il Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni), parte da queste considerazioni e da un quadro con diversi punti di forza: l’industria delle Tlc è viva, il percorso di innovazione tecnologica procede, la banda larga si diffonde, gli investimenti sono ripartiti.
Come ha spiegato Nicola Blefari Melazzi, Direttore del CNIT, la parte tecnologica della nuova rete, come i ponti radio, è in fase avanzata di implementazione, ma la parte “core”, dove risiedono le opportunità di sviluppo del mercato dei servizi, è indietro.
“Siamo ad un punto critico, ad un passaggio complicato, dove si ha una rete dalle grandi potenzialità che consente di poter fruire di una serie di servizi innovativi, che con le generazioni mobili precedenti erano ovviamente impensabili, ma ci sono ancora delle barriere da superare”, ha affermato il Direttore.
Il 5G diventa una tecnologia come l’elettricità. Un qualcosa di general purpose che consente di fare di tutto, anche cose che prima non si facevano o non si pensavano.
5G tecnologia “general purpose“
Altro grande problema che va risolto se vogliamo liberare le potenzialità del 5G sono le competenze, gli ingegneri, le materie Stem (acronimo inglese per science, technology, engineering and mathematics). Secondo Unioncamere, entro il 2026 mancheranno 60 mila laureati Stem. Si crea così un grande buco di risorse nelle aziende, che non riescono a dotarsi delle competenze necessarie per affrontare la transizione ecologica, energetica e digitale, e il resto delle sfide del Pnrr.
“Mancano però tecnici e ingegneri in numero sufficiente. Si parla di un programma europeo che creerà circa 10 milioni di ingegneri nei prossimi anni. Abbiamo più programmi che ingegneri. In Cina si investe su questa disciplina da tempo e oggi se ne hanno quasi il triplo di più rispetto a noi. C’è poi da affrontare la questione ancora aperta del digital divide, di una transizione digitale della Pubblica Amministrazione ancora indietro, mancano figure professionali dedicate, mancano corsi di studio a sostegno”, ha detto Blefari Melazzi.
Ricordiamo che proprio in Cina è stato da poco superato il primo miliardo di utenti di rete 5G. Praticamente, il grande Paese asiatico da solo ha raggiunto un traguardo che la Gsma aveva stimato per l’intero mondo entro la fine del 2022.
Il 5G non è solo un abilitatore di straordinarie tecnologie oggi già pronte all’impiego in numerosi settori strategici, ma un denominatore comune di tutti i segmenti applicativi verticali (5G Verticals) che spaziano dall’automazione industriale, al turismo, alla telemedicina, alle smart city, all’automotive, al monitoraggio e l’automazione industriale (robotica), ambiti molto diversi ma non che in futuro saranno sempre più convergenti.
Una convergenza in cui si ritrovano anche le nuove frontiere tecnologiche dell’intelligenza artificiale, l’Internet of Tings (IoT) e la blockchain, che connesse dal 5G saranno sempre più integrate tra loro.
Il 5G è quindi una tecnologia general purpose, ma allo stesso tempo fortemente abilitativa un gran numero di tecnologie e quindi di servizi. E qui si può individuare un’altra grande caratteristica della rete di nuova generazione, la sua sostenibilità ambientale.
Efficienza energetica e sostenibilità ambientale
“L’ICT nel suo complesso – può includere anche televisioni, telefoni, la rete e in genere – tutti gli apparecchi che riguardano la tecnologia dell’informazione e della comunicazione – ha un consumo di CO2 che oscilla, a seconda delle fonti, fra l’1,4% e il 2,8% del totale. Quindi circa una giga tonnellata di CO2. Però l’ICT pesa tra il 4% e il 6% del PIL mondiale. Quindi, già questo ci fa capire che a confronto con le altre tecnologie siamo una tecnologia già di suo efficiente, perché generiamo un PIL maggiore a parità di consumo di gas serra”, ha spiegato Blefari Melazzi.
“Ogni generazione cellulare ha portato un fattore 10 di miglioramento dell’efficienza energetica, e lo sta facendo anche con il 5G. Questo significa – ha aggiunto il Direttore del Cnit – che quando io trasporto un bit col 4G, consumo 10 volte di più che col 5G. Il 5G ci farà risparmiare energia per un fattore 10, che è una cosa molto molto significativa. Ad esempio, con le macchine ci si muove con percentuali ad una cifra nei miglioramenti, noi abbiamo invece percentuali al 90% di miglioramenti. Come dire, l’ICT toglie CO2 dall’atmosfera come le foreste, risparmiando 4 Gigatonnellate di CO2”.
Le tlc sono fondamentali per la nostra società, che oggi supera gli 8 miliardi di individui. Nell’ultimo anno il traffico reti mobili è aumentato del 40%, di questo traffico il 70% circa è generato dai video: “Il 5G accrescerà questo traffico del 130% rispetto a tutti gli standard precedenti. È un’industria forte, di successo, che ci pone delle riflessioni su come affrontare le sue criticità e allo stesso tempo ci offre delle soluzioni su come risolvere i problemi che il nostro tempo ci pone”, ha dichiarato Blefari Melazzi.
Il Programma Restart
Per questo la ricerca e l’innovazione universitaria e che si fa nelle imprese gioca un ruolo chiave nel raggiungimento degli obiettivi di transizione digitale, energetica ed ecologica, come recita l’acronimo del programma Restart (RESearch and innovation on future Telecommunications systems and networks, to make Italy more smart), finanziato con 116 milioni di euro dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Missione 4, componente 2, investimento 1.3) e che partirà il prossimo 1° gennaio 2023. Ne fanno parte 25 partner, di cui 13 Università e altri centri di ricerca come CNR e Fondazione Ugo Bordoni, ma che prevede durante il suo svolgimento delle open call, delle finestre che consentiranno a nuovi partner si aderire al programma. Circa 40 milioni di euro sono dedicati proprio a queste call.
Il programma di ricerca Restart delineerà l’evoluzione delle telecomunicazioni in Italia, con un link diretto alla programmazione europea, affrontando le principali tematiche ricerca e sviluppo definite nei programmi europei come Horizon Europe, Digital Europe: evoluzioni delle architetture di rete verso il 6G, cloud distribuiti, ottimizzazione della rete basata sull’intelligenza artificiale, evoluzione delle architetture hardware programmabili per i nodi di rete e i data center, soluzioni e componenti di rete specializzate per ambiti applicativi verticali, soluzioni e componenti di rete domain-specific, componenti e soluzioni di rete basate su ottica integrata e computazione ottica, sviluppo di tecnologie ibride di integrazione fotonica e opto-elettronica, sensoristica e altre.