L’incontro al vertice con il cancelliere tedesco Olaf Scholz (SPD) che si è tenuto ieri mattina non ha sortito alcuna decisione definitiva. Lo scrive l’Handelsblatt, citando fonti vicine al Governo secondo cui diversi ministri spingevano per un compromesso che alla fine però non è arrivato. L’obiettivo è arrivare ad una decisone finale prima della pausa estiva.
Sul tavolo c’è il cronoprogramma per lo smantellamento di componenti tecnologiche di Huawei e ZTE dalle reti. Ma all’interno del Governo tedesco non c’è una visione comune. Serve una legge che imponga nero su bianco dei criteri standard per lo smantellamento? E’ questo il pomo della discordia al momento.
La linea della FDP è di fissare nero su bianco uno smantellamento delle tecnologie cinesi dalle reti core in Germania entro il 2029. In questo modo si andrebbe incontro alle esigenze degli operatori cinvolti.
Il ministero dell’Interno spinge per tempi più stretti, entro il 2026, per motivi di sicurezza e timori di infiltrazioni che possano in qualche modo inquinare le elezioni politiche.
L’obiettivo è rendere la Germania indipendente dalle tecnologie dei fornitori cinesi. Sulla stessa linea sono anche gli esperti di digitale della SDP, in particolare per lo smantellamento in tempi stretti delle reti in città chiave come Bonn e Berlino, regioni considerate sensibili dal punto di vista della sicurezza nazionale così come la regione industriale del Reno – Ruhr.
In un primo tempo, si era pensato di limitare le componenti IT cinesi al 25% delle reti entro il 2026. Adesso dopo un compromesso fra diversi ministeri si è arrivati ad un piano in due fasi. Entro il 2026 è previsto lo smantellamento delle componenti cinesi dalle reti core, per arrivare nel 2029 all’indipendenza tecnologica delle componenti esterne della rete come antenne e stazioni radio base nel 2029.
Più tempo quindi concesso agli operatori per procedere all’attività di sostituzione delle componenti sensibili delle loro reti.
Eliminazione dei componenti critici in due fasi
Secondo la proposta di compromesso, discussa da Scholz con il ministro degli Interni Nancy Faeser (SPD), il ministro dei Trasporti Volker Wissing (FDP), il ministro degli Esteri Annalena Baerbock e il ministro dell’Economia Robert Habeck (entrambi verdi), la rinuncia alle componenti critiche avverrà in due fasi.
La prima prevede che gli operatori di rete liberino le loro reti principali dai componenti critici provenienti dalla Cina entro l’inizio del 2026. Si tratta di piccoli data center in cui vengono elaborati i dati degli utenti. Gli operatori hanno ormai ampiamente soddisfatto questa esigenza.
Nella seconda fase, la dipendenza dalle componenti cinesi dovrebbe essere ridotta anche nella cosiddetta rete di accesso entro il 2029 e non entro il 2026, come suggerito dal Ministero dell’Interno a settembre.
Il cambio di cronoprogramma sarebbe adatto alle società di telecomunicazioni. Una scadenza prorogata fino al 2029 dipenderebbe dal ciclo di vita dei componenti hardware, che è in media di dieci anni. Poiché nel 2020 è iniziata l’espansione del 5G, i componenti dovranno comunque essere sostituiti nel 2029/2030. Ciò manterrebbe basso lo sforzo per gli operatori.
Il deputato della SPD Zimmermann ha affermato di ritenere “giustificata e responsabile la scadenza se i gestori di rete prenderanno finalmente sul serio i segnali politici finora ignorati e renderanno le loro reti più sicure – se possibile prima della scadenza del termine – e prenderanno finalmente le distanze da dipendenze problematiche”.
Con questo approccio anche il ministro del digitale Wissing potrebbe raggiungere i suoi obiettivi politici. Wissing ha promesso ai tedeschi reti più veloci e la fine della situazione di stallo della Germania. Dal punto di vista del suo ministero, un rapido smantellamento delle componenti cinesi metterebbe in pericolo questi progetti – e quindi minerebbe una promessa elettorale centrale del FDP.
Dibattito Huawei: finora nessuna prova di accuse di sabotaggio
Il Ministero dell’Interno ha enormi preoccupazioni in termini di sicurezza riguardo all’uso di componenti cinesi e teme, tra le altre cose, sabotaggi e furti di dati motivati politicamente – una valutazione condivisa dalla NATO e dall’UE. Huawei, ZTE e gli operatori di rete hanno sempre negato con forza i rischi per la sicurezza e la possibilità che i loro prodotti vengano utilizzati in modo improprio a scopo di spionaggio. E finora non ci sono prove a sostegno delle accuse.