Sei mesi dopo essere stata bandita dall’uso della tecnologia americana, sono emerse notizie secondo cui i nuovi prodotti di punta di Huawei e le sue stazioni 5G non contenevano più parti statunitensi.
Dopo il divieto di Washington a Qualcomm e Xilinx di avere rapporti con l’azienda cinese, Huawei era riuscita a sostituire i chip forniti dai produttori statunitensi con propri circuiti progettati da TSMC (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company), la più grande fabbrica di semiconduttori al mondo, con sede a Taiwan.
Mentre i dirigenti di Huawei applaudivano a questa impresa, l’amministrazione Trump metteva a punto una strategia volta a modificare il framework regolatorio, sottoponendo le aziende estere che utilizzano tecnologia statunitense alla normativa di Washington. In quest’ottica, le aziende come TSMC dovrebbero chiedere agli USA una licenza per poter fornire i chip a Huawei.
Gli Stati Uniti finirebbero così per controllare o impedire la vendita di chip a Huawei, tagliando l’azienda cinese fuori dalla rete di fornitori. Infatti, Huawei non potrebbe passare a fornitori alternativi in Giappone, Corea, Europa o Cina, perché anch’essi dipendono dalla tecnologia americana per produrre semiconduttori.
Inoltre se uno di essi venisse meno al divieto, rischierebbe di essere escluso dalla fornitura di apparecchiature statunitensi necessarie per produrre.
Stop temporaneo
I membri del gabinetto di Trump avevano programmato di incontrarsi questa settimana per discutere la proposta e l’imposizione di misure più restrittive sulla capacità di Huawei di acquistare la tecnologia di origine americana.
Tuttavia, le preoccupazioni relative al coronavirus hanno fatto slittare l’incontro, ma resta il fatto che i semiconduttori sui quali si basano i prodotti Huawei, tra cui anche il Kirin 990 e altre componenti necessarie per il 5G, non possono essere realizzati senza apparecchiature di produzione statunitense ed è concesso al presidente Trump di esercitare poteri di emergenza per determinare chi ha accesso a tale tecnologia.
La battaglia per il 5G
Lo scontro con Huawei si innesta ovviamente nella più ampia tematica del primato tecnologico. In questo contesto, la tecnologia 5G gioca un ruolo preponderante. L’amministrazione Trump è infatti fortemente intenzionata a impedire a Huawei di dominare il lancio globale del 5G poiché vede la società cinese come una minaccia, non solo alla sicurezza nazionale, ma alla sicurezza dei paesi NATO.
Tuttavia, la pressione diplomatica sugli alleati per bloccare la collaborazione con Huawei nello sviluppo del 5G ha visto risultati contrastanti.
Australia e Giappone hanno ceduto, mentre il Regno Unito consentirà a Huawei di detenere fino al 35% di quota di mercato di elementi non core della rete 5G. Il Canada invece non ha ancora deciso, ma molti altri paesi, tra cui Brasile, Filippine e Tailandia, stanno abbracciando Huawei per il 5G.
Con la stretta regolatoria, però, gli Stati Uniti potrebbero bloccare l’ascesa di Huawei, costringendola ad abbandonare la sua posizione di leader globale delle telecomunicazioni e operare alla stregua di altri marchi cinesi di smartphone come Oppo e Xiaomi.