Sono 17 i paesi europei, comprese le grandi economie del Vecchio continente, ancora impreparate a tagliare il cordone ombelicale con i fornitori cinesi “ad alto rischio” Huawei e ZTE. Eppure sono passati 5 anni da quando la Ue ha cominciato a spingere in questo senso.
Lo scrive Euractiv in un’analisi che far riemergere lo scontro della passata Commissione Ue nei confronti dei fornitori cinesi in nome di una sicurezza e sovranità digitale ancora ben lontana dal realizzarsi in Europa.
Tra l’altro, mettere in sicurezza le reti di telecomunicazioni è una delle priorità anche della Commissaria per la Sovranità Digitale Henna Virkkunen.
Toolbox 5G lettera morta in 14 paesi Ue
Un documento di lavoro dell’Europarlamento consultato da Euractiv evidenzia che ben 14 stati europei devono ancora implementare restrizioni sui fornitori ad alto rischio, il che ovviamente mostra la totale vulnerabilità della Ue di fronte alla presenza di tecnologie considerate a rischio all’interno del blocco.
E’ anche per questo che diversi europarlamentari vorrebbero rendere il toolbox di sicurezza sul 5G obbligatorio e non soltanto una semplice raccomandazione.
Secondo gli ultimi dati di Strand Consult pubblicati due giorni fa, 17 stati membri non hanno implementato per nulla il toolbox della Commissione per il 5G, che chiede di levare la tecnologia di Huawei e ZTE dalle reti. Tra l’altro, secondo i dati il 35% delle tecnologie di rete 5G sono tuttora cinesi.
Di questi 17 paesi, sei hanno parzialmente implementato gli strumenti di sicurezza suggeriti dal toolbox, altri sette sono in procinto di implementarli e quattro non hanno intenzione di implementare gli strumenti dell’UE. Il tutto, cinque anni dopo l’adozione dell’approccio comune dell’UE per proteggere le reti 5G.
4 paesi riluttanti
I quattro paesi più riluttanti sono Austria, Bulgaria, Cipro e Ungheria. Le reti di Cipro dipendono completamente (100%) da componenti cinesi, una percentuale che ammonta al 67% per l’Austria, al 65% per la Bulgaria e al 62% per l’Ungheria, secondo i dati di Strand Consult, pubblicati all’inizio di quest’anno.
Tra le reti di telecomunicazioni nazionali più dipendenti spicca la Repubblica Ceca (67%), dove sono in corso i lavori per implementare il toolbox nell’ambito del recepimento della legge informatica dell’UE NIS2. Degni di nota sono anche la Germania (59%), il cui Ministero degli Interni ha attuato un divieto parziale su alcuni componenti della rete 5G nel luglio 2024 e la Grecia (53%), dove non esiste una decisione formale, ma un accordo informale tra politici, regolatori e operatori per non utilizzare componenti cinesi, secondo Strand Consult.
In Germania situazione preoccupa
La situazione della Germania è particolarmente allarmante, ha detto a Euractiv John Strand, amministratore delegato di Strand Consult. Una decisione del Partito Comunista Cinese, con i suoi profondi legami con Huawei, potrebbe paralizzare l’economia digitale tedesca dipendente dalla telefonia mobile, innescando disagi diffusi in tutta l’UE, ha detto.
Strand ha puntato in particolare verso il sistema ferroviario tedesco, che è fortemente collegato ai componenti Huawei.
Strand Consult è l’unica organizzazione privata a fornire dati sulla percentuale delle reti di telecomunicazioni nazionali dell’UE basate sulla tecnologia cinese.
I bravi ragazzi
Sebbene 17 paesi siano indietro in termini di attuazione giuridica degli strumenti 5G, 18 paesi hanno più di un quarto delle loro reti mobili che utilizzano componenti ad alto rischio, mostrano i dati precedenti di Strand Consult.
Relativamente al sicuro dal rischio sono la Slovacchia (15%) e la Francia (13%), secondo Strand Consult, mentre i seguenti paesi hanno reti mobili completamente esenti dalla Cina: Danimarca, i tre Stati baltici, Lussemburgo, Malta e Svezia.
Tre Stati membri hanno implementato gli strumenti 5G, con un notevole impatto sulle loro reti. La percentuale di componenti cinesi nelle reti mobili 5G nel quarto trimestre del 2024 era del 41% in Belgio, una riduzione significativa rispetto alla sua dipendenza del 100% nel quarto trimestre del 2019. Nello stesso periodo, la percentuale di componenti cinesi nel 5G rumeno è scesa dal 61% al 44%.
Questi numeri dovrebbero tuttavia essere considerati con cautela, poiché il 5G è ancora in fase di implementazione in tutta l’UE.
Gli operatori di telefonia mobile devono affrontare una duplice sfida: devono sostituire i componenti cinesi ad alto rischio nelle loro vecchie reti mobili 4G mentre costruiscono le loro nuove reti mobili 5G senza i componenti di queste aziende.
Impegni del piano nazionale
Solo una manciata di paesi dell’UE hanno fissato per legge una scadenza per la completa riduzione dei rischi delle componenti cinesi, secondo un precedente rapporto pubblicato alla fine del 2024 dalla società di ricerca Cullen International, visto da Euractiv.
20 paesi non hanno scadenze rigide per i loro operatori di telecomunicazioni.
Ancora più importante, secondo il rapporto di Cullen, solo quattro paesi, Danimarca, Finlandia, Francia e Paesi Bassi, hanno implementato un meccanismo di compensazione per coprire i maggiori costi derivanti dall’eliminazione graduale dei fornitori ad alto rischio.
La riduzione dei rischi comporta sia costi di transizione, sia prezzi più alti per installare alternative europee come la svedese Ericsson e la finlandese Nokia, i cui componenti sono generalmente più costosi rispetto ai concorrenti cinesi.
Benvenuti a Telecommunications of the Future by 5GItaly
Di questo e di altro si parlerà ampiamente alla prossima edizione del convegno promosso dal CNIT Telecommunications of the Future by 5GItaly, che si terrà il prossimo 9 aprile a Roma.