L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Agcm) lancia l’allarme 5G. Troppi lacci e lacciuoli normativi rischiano di far perdere il treno del 5G al nostro paese, che a questo punto corre il pericolo di “subire un rallentamento” nello sviluppo della nuova tecnologia, vanificando “l’impegno che l’Italia ha profuso con riguardo alle tecnologie 5G, muovendosi in anticipo rispetto ad altri Paesi europei nell’assegnazione delle frequenze”, restringendo inoltre la concorrenza nei mercati delle Tlc con ricadute negative sui livelli di servizio per consumatori e imprese, nonché sulla competitività dell’Italia nei confronti di altri Paesi.
Nell’ultimo bollettino del 2018 diffuso dall’Antitrust una corposa segnalazione alle Istituzioni (Presidenza del Consiglio, Senato, Camera, Mise in primis), sui troppi ostacoli nell’installazione di impianti di telecomunicazione mobile e broadband wireless access e allo sviluppo delle reti di telecomunicazione in tecnologie 5G “presenti nella normativa locale (comunale e provinciale), regionale e nazionale”, si legge nel provvedimento, che punta l’indice in primo luogo “sulle previsioni normative locali o regionali le quali fissano limiti e divieti all’installazione degli impianti difformi rispetto a quanto previsto dal quadro normativo statale”.
Secondo l’Autorità di Piazza Verdi, per non vanificare il vantaggio acquisito dal nostro paese sul fronte delle frequenze 5G assegnate in anticipo rispetto ad altri paesi europei come ad esempio la Germania, dove gli operatori con in testa Deutsche Telekom contestano formalmente le regole fissate per l’asta da Governo e Autorità, è necessario “rimuovere gli ostacoli non necessari riducendo i costi e le tempistiche dei procedimenti amministrativi” per il rilascio dei permessi che troppo spesso bloccano l’avanzamento dei lavori di posa degli impianti (antenne, tralicci ecc.) per la banda larga riducendo gli oneri e soprattutto i tempi di autorizzazione, che non dovrebbero superare i quattro mesi secondo la Direttiva 2014/61/UE.
Regolamenti comunali disomogenei
Una serie di ritardi che non solo allunga i tempi di copertura, ma che di fatto determina una discriminazione fra operatori storici e nuovi operatori, nonché tra tecnologie pre-esistenti e nuove tecnologie.
Il primo tipo di criticità deriva, secondo la segnalazione, dal fatto che “numerosi regolamenti comunali presentano criteri di localizzazione che precludono e/o fortemente limitano l’installazione di impianti di telecomunicazione in ampie porzioni del territorio comunale”, impedendo di fatto la copertura di rete da parte degli operatori soprattutto nelle zone residenziali.
Effetto boomerang sulle emissioni
L’Antitrust osserva peraltro che “divieti di installazione possono comportare un aumento delle emissioni (elettromagnetiche ndr), ponendosi in antitesi con gli obiettivi di minimizzazione dell’esposizione”. Un elemento non secondario quest’ultimo, vista la densità di copertura richiesta per la realizzazione delle nuove reti 5G. I divieti comunali rischiano quindi di avere un effetto boomerang, costringendo gli operatori a installare un numero maggiore di impianti per compensare i divieti in determinate zone del Comune.
Inoltre, alcuni regolamenti comunali e alcune Arpa fissano in modo ingiustificato limiti alle emissioni elettromagnetiche e di potenza, in difformità rispetto ai limiti stabiliti dalla normativa nazionale, “ostacolando così ingiustificatamente l’installazione di impianti di telecomunicazione nel territorio”.
I procedimenti amministrativi risultano infine eterogenei e farraginosi, scrive l’Autorità, con procedure spesso fantasiose, cui fa da contraltare il modello di sportello unico attività produttive (Suap) adottato dalla Regione Sardegna.
Misurazioni Arpa a volte fallaci
Un altro ostacolo non di poco conto riguarda l’attività delle Arpa regionali per la verifica del rispetto dei limiti elettromagnetici, che in alcuni casi “hanno autorizzato gli operatori esistenti per valori di potenza nominali superiori rispetto a quelli effettivamente erogati in servizio – si legge – in questo modo, spesso, i limiti elettromagnetici sono ritenuti saturi sebbene – andando a considerare il valore reale e non nominale/teorico – vi sarebbe spazio per l’installazione di un impianto presso lo stesso sito”.
Limiti elettromagnetici troppo bassi
Passando poi al tema sui limiti elettromagnetici, che nel nostro paese sono fra i più restrittivi della Ue, l’Antitrust segnala che “potrebbero essere incompatibili con l’installazione di telecomunicazione 5G, soprattutto con riferimento all’obiettivo di qualità di 6 V/m, previsto dal Dpcm 8 luglio 2003, che è di gran lunga inferiore ai limiti stabiliti dalla Commissione ICNIPR (compresi fra 39 v/m e 61 v/m) e utilizzati da altri paesi (ad esempio Francia, Germania, Regno Unito e Spagna)”.
Infine, l’Autorità auspica che Governo e Mise valorizzino e rendano pienamente operativo lo strumento del Sinfi (catasto delle reti) che per ora non accenna a decollare.