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50 sfumature di economia circolare, la roadmap francese per la crescita ‘no carbon’

Il termine economia circolare sta ad indicare un modello di sistema economico ideato per potersi rigenerare da solo. Allo stesso tempo, l’economia circolare misura anche il rapporto in percentuale fra le materie prime secondarie ricavate dal riciclo dei rifiuti e il totale del consumo interno complessivo di materiali di un Paese.

In quest’ultimo caso, l’Italia occupa un posto di rilievo in Europa. Secondo dati Eurostat, il tasso di circolarità della nostra economia è al 18,5%, mentre la media dell’Unione europea è all’11,4%. In questa classifica della sostenibilità siamo secondi dopo i Paesi Bassi, che hanno raggiunto il 27% (ma le due economie non sono comparabili in termini di grandezze dei consumi, ne in termini di estensione dei territori, ne di livello di industrializzazione o di totale delle popolazioni coinvolte).

Abbiamo fatto molto meglio della Germania, certamente, che non va oltre il 10,7%, e della Francia, che comunque ci tallona con un 17,8%.

In Italia, tra l’altro, è stato lanciato il 4 maggio scorso il Circular Economy Network, l’osservatorio della circolarità nazionale, creato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e da un gruppo di 13 aziende e associazioni di impresa green in vista dell’approvazione in via definitiva a giugno del pacchetto europeo sull’ economia circolare.

Proprio in Francia, invece, è stata inaugurata quest’anno una nuova strategia nazionale per la promozione della circular economy. Dopo una consultazione nazionale sull’argomento e una lunga serie di incontri istituzionali con imprese, industrie e enti locali, il Ministero della Transizione ecologica e solidale della Francia, guidato da Nicolas Hulot, ha pubblicato un documento chiave per la futura roadmap nazionale verso la low carbon economy: “Feuille de route economie circulaire. 50 mesures pour economie 100% circulaire.

Un documento che illustra le 50 azioni da realizzare per affrontare le grandi sfide del presente e del futuro anche rispetto all’Agenda 2030 delle Nazioni Unite: cambiamenti climatici, global warming, qualità della vita, ottimizzazione delle risorse idriche, approvvigionamento energetico, sviluppo e promozione delle fonti energetiche rinnovabili, decarbonizzazione dell’economia, trattamento intelligente dei rifiuti e loro recupero e riuso, efficienza energetica, industria a basso impatto ambientale, edilizia green e altro ancora.

Tra le nuove misure approvate da Parigi, troviamol’obbligo di esposizione su tutti i device elettronici ed elettrici delle informazioni relative alla riparabilità, l’offerta di nuovi finanziamenti per i progetti legati alla transizione green dell’economia, l’utilizzo dal 2020 di nuovi filtri per il recupero di materiale plastico (comprese le microplastiche), l’istituzione dal 2019 di un database di best practice e nuove soluzioni per far fronte al problema dell’immondizia (dalla raccolta alla gestione, al riuso), la nascita di nuovi punti raccolta facilmente individuabili dal design e i colori, utili al conferimento autonomo da parte dei cittadini di plastica, carta, vetro, lattine e altri materiali per favorire il riciclaggio e finanziare col ricavato progetti green/smart city di quartiere.

Ulteriore scopo della strategia francese è unire la questione ambientale, della salute dei cittadini e del territorio, alla valorizzazione economica dei rifiuti e al tema dell’occupazione. Grazie alla roadmap, Parigi spera così di ridurre i rifiuti del 50% entro il 2025, di consumare il 30% in meno risorse naturali sul PIL entro il 2030 e di creare più di 300 mila nuovi posti di lavoro.

Altro passo di grande rilevanza è l’eliminazione della cosiddetta obsolescenza programmata, di cui molto si parla, ma non abbastanza per capirne a fondo il funzionamento. La Francia, infatti, è stato il primo paese al mondo a vietarne la possibilità, punendo con multe salate le aziende che ne sostengono l’integrazione nei prodotti, fino al carcere nei casi più gravi.

Il Codice del consumo francese, si legge in un articolo del Corriere della Sera di febbraio scorso, proibisce tale pratica in accordo a quanto stabilito dalla legge Hamon e dalla legge sulla Transizione energetica per la crescita verde.

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