Giorni fa ho compiuto il compleanno e l’ho festeggiato in maniera analogica, lontano dai riflettori dei social network. Facebook non ha inviato la notifica ai miei “amici”, perché gli ho proibito di farlo al momento dell’iscrizione. Così sono riuscito a vivermi i festeggiamenti con le persone a me care, senza mai disconnettermi da loro, senza mai andare online per leggere i commenti di auguri e contare i like. Sono riuscito a vincere anche la tentazione di postare la bella e buona torta che mi è stata preparata.
E come me hanno vissuto quest’esperienza molti dei 10mila studenti di tutto il mondo a cui l’università del Maryland ha chiesto di non usare per 24 ore nessun dispositivo tecnologico connesso a Internet.
Dalla ricerca The World Unplugged Project emerge “una netta maggioranza” di ragazzi che ha provato, dipendenza, ansia e depressione nella giornata del digital detox. Addirittura una persona su tre ha ammesso che preferirebbe rinunciare al sesso rispetto al proprio smartphone.
Lo studio, condotto sul campione di mille studenti universitari degli Stati Uniti, dell’America Latina, dell’Africa, del Medio Oriente, dell’Europa e dell’Asia, cosa dimostra?
Quello che vediamo ogni giorno in strada, a casa, in un ristorante e sui mezzi pubblici.
Siamo tutti, o quasi tutti, incollati allo smartphone. Con gli occhi sul display. A scrollare i news feed dei social, a scrivere commenti e messaggi in chat, mentre il mondo ci gira intorno. Siamo iperconnessi, ma soli.
“L’accesso quasi universale alla tecnologia digitale, a partire da sempre più giovani, sta trasformando la società moderna in modi che possono avere effetti negativi sulla salute fisica e mentale, sullo sviluppo neurologico e sulle relazioni personali, per non parlare della sicurezza sulle nostre strade e marciapiedi”, ha scritto il New York Times nell’articolo ‘Incollati ai nostri smartphone’.
E a proposito della nostra sicurezza in strada e sui marciapiedi questo video ci rappresenta alla perfezione, e ci prende anche in giro, fino a un certo punto, indicando il lavoro del futuro: un tutor, un assistente, un badante che ci accompagna ovunque mentre noi siamo incollati con la testa e gli occhi sullo smartphone.
Satira, ricerche universitarie, sempre più guru della Finanza e volti noti della Silicon Valley stanno mettendo in guardia le persone dall’abuso di smartphone e social network.
L’ultimo, in ordine di tempo, a scagliarsi contro Facebook e Google è stato George Soros. Dal World Economic Forum di Davos il finanziere ha detto: “influenzano il modo in cui le persone pensano e si comportano, senza che le esse se ne accorgano” e questo può avere gravi conseguenze per la democrazia, particolarmente sull’integrità delle elezioni. “I social media”, ha aggiunto Soros, “ingannano i loro utenti manipolando la loro attenzione e dirigendola verso i loro obiettivi commerciali, provocando deliberatamente la dipendenza ai servizi che forniscono, il che è molto pericoloso soprattutto per gli adolescenti”.
Se si pensa a questa dichiarazione e agli effetti negativi causati dai dispositivi tecnologici, come emerso dalla ricerca dell’università d Maryland e da tante altre autorevoli, citate, per esempio, dalla psicoterapeuta Paola Vinciguerra, si fa davvero fatica a capire l’iniziativa del ministero dell’Istruzione a introdurre i device personali per ‘uso didattico’. L’iniziativa non farà che aumentare l’esposizione dei ragazzi a tablet e smartphone con effetti collaterali negativi, con il bollino del Miur.
La scelta della ministra Valeria Fedeli è in controtendenza. Il 2018 è iniziato con una serie di schiaffi alle nuove tecnologie e ai social network. “L’abuso fa male alla salute”. Lo dicono volti noti della Silicon Valley, come Marc Benioff, Ceo di Salesforce, una delle principali società al mondo di cloud computing, lo dimostra anche la ricerca l’università di Michigan, secondo il quale ‘gli adolescenti che passano meno tempo davanti agli schermi sono più felici’. Infine lo sostengono anche gli azionisti di Facebook e Apple, che hanno strigliato Mark Zuckerberg e Tim Cook, a cui hanno chiesto di trovare una soluzione alla tossica accoppiata social-ragazzi, e iPhone-bambini.
Tutto questo avviene mentre lo Stato italiano apre, tranquillamente, la porta della scuola ai giganti del web e alle società hi-tech. Invece di proibire i social ai minori perché creano dipendenza, proprio come le sigarette e l’alcol.