il confronto

2025 anno degli agenti AI per la Silicon Valley. Ma Wall Street si chiede: “questa scommessa da un trilione di dollari alla fine darà i suoi frutti?”

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Grandi aspettative per l’AI durante il prossimo anno e soprattutto per i suoi agenti virtuali, che potrebbe trasformare il mondo del lavoro per sempre. Non mancano però le barriere e i fattori che potrebbero rallentare la corsa. Si apre un confronto in America tra inguaribili ottimisti e temporeggiatori.

2025, l’AI alla conquista del mondo

Tutti parlano dell’intelligenza artificiale (AI), tutti credono nelle sue potenzialità, non proprio tutti la conoscono per davvero, pochissimi ancora ne fanno uso.

Secondo un recente studio IDC, la spesa delle aziende per l’adozione dell’intelligenza artificiale, per il suo utilizzo nelle operazioni aziendali esistenti e per la fornitura di prodotti/servizi migliori ai clienti aziendali e ai consumatori, avrà un impatto economico globale cumulativo di 19,9 trilioni di dollari fino al 2030 e rappresenterà il 3,5% del PIL globale nel 2030.

Di conseguenza, l’AI avrà un impatto sui posti di lavoro in tutte le regioni del mondo, interessando settori come le operazioni dei contact center, la traduzione, la contabilità e l’ispezione dei macchinari, più in generale su tutti i lavori ad elevata routine.

A contribuire a questo cambiamento sono i leader aziendali che, quasi all’unanimità (98%), considerano l’IA una priorità per le loro organizzazioni.

Goldman Sachs avverte, aspettative troppo alte

In un indagine condotta da Goldman Sachs, dal titolo “Gen AI: too much spend, too little benefit?”, si pone però qualche dubbio sul futuro di questa tecnologia, dipinto da tutti come estremamente roseo.

Secondo i ricercatori, infatti, i circa mille miliardi di dollari investiti nelle infrastrutture di intelligenza artificiale potrebbero produrre rendimenti sorprendentemente modesti rispetto alle aspettative, mentre i più scettici sostengono che la tecnologia non è ancora in grado di risolvere i complessi problemi necessari a giustificare un investimento così massiccio.

Una valutazione magari non negativa, ma certamente divergente da quella delle grandi aziende tecnologiche della Silicon Valley, che invece sono gli attori principali di questo fenomeno tecnologico, economico e sociale.

La Silicon Valley invece si attende un grande 2025 con i primi agenti virtuali in azione

Secondo il fronte delle Big Tech, il 2025 dovrebbe essere davvero l’anno dell’AI, in cui raggiungerà la giusta maturità “per trovare un lavoro” stabile e reggersi sulle proprie gambe.

Le imprese tecnologiche americane si immaginano nei prossimi mesi l’arrivo di legioni di agenti virtuali, lavoratori digitali in grado di svolgere numerose mansioni in completa autonomia.

Marc Benioff, CEO di Salesforce, ne è sicuro e sul Time (testata di cui è proprietario) ha affermato che “stiamo entrando in una nuova era di agenti virtuali”, in cui “lavoratori autonomia dotati di AI sbloccheranno enormi potenzialità economiche e finanziarie”, “ridefinendo il concetto di lavoro così come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi”.

Secondo Benioff, infatti, queste legioni di agenti virtuali al lavoro favoriranno guadagni di produttività senza precedenti e una crescita del PIL, creando molti più posti di lavoro di quanti ne sostituiscano.

Troppe barriere ancora per il salto finale dell’AI

Jim Covello di Goldman Sachs, al contrario, sostiene che a differenza delle tecnologie trasformative del passato, come l’e-commerce, che ha immediatamente offerto soluzioni più economiche ai problemi esistenti, l’AI rimane ancora troppo costosa e fa ancora fatica a gestire efficacemente anche attività di base. La società stima che nel prossimo decennio l’IA potrebbe aumentare la produttività degli Stati Uniti solo dello 0,5% e il PIL di meno dell’1%, ben lontano dall’impatto rivoluzionario promesso dai suoi sostenitori.

Proprio l’impatto finora piuttosto limitato dall’AI generativa in molti settori economici ha creato così tanta frustrazione tra i sostenitori di questa tecnologica che molto probabilmente nel 2025 assisteremo al tentativo di una maggiore spinta al suo utilizzo, a giudizio di Tom Coshow, analista senior director presso Gartner.

La lunga strada che hanno davanti gli agenti virtuali

Ovviamente, qui non parliamo di chatbot e assistenti AI che in questi ultimi anni abbiamo imparato a conoscere da vicino, ma di agenti AI, cioè soluzioni che consentirebbero a lavoratori impiegati in un’azienda di delegare parte del proprio lavoro alle macchine, che in questo caso sono chiamate a prendere delle decisioni in caso.

Secondo la ricerca di Gartner, circa un terzo delle applicazioni software aziendali includerà una qualche forma agente virtuale AI entro il 2028, rispetto a meno dell’1% di oggi. La società prevede inoltre che almeno il 15% delle decisioni lavorative quotidiane saranno prese in modo autonomo tramite agenti AI entro il 2028, rispetto allo zero odierno.

Secondo Sampsa Samila, direttore accademico dell’iniziativa AI and the Future of Management dell’IESE Business School di Barcellona, ​​che dal 2019 forma dirigenti sull’implementazione dell’intelligenza artificiale, la strada da percorrere potrebbe essere più lunga e complessa di quanto suggeriscano entrambe le previsioni estreme.

Solo per fare un altro esempio pratico, l’elettrificazione ha impiegato 30 anni per trasformare completamente la produzione industriale.

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