Il clima può essere una questione di genere? Non propriamente, ma partendo dal presupposto che in molte parti del mondo sono le donne a portare avanti la casa e la famiglia, a cucinare e lavare i panni, a comprare capi di abbigliamento e altri articoli per la casa, ad educare i figli e trasmettere valori e principi fondamentali alle nuove generazioni, ecco che un movimento internazionale come “1 Million Women” acquista notevole importanza in termini di apporto alla lotta contro i cambiamenti climatici e l’inquinamento.
Sprecare meno, consumare meno, ottimizzare le risorse, imparare a valorizzare l’ambiente da un punto di vista culturale ed economico, utilizzare alcune materie prime al posto di altre, ridurre il nostro impatto sull’ecosistema naturale, sono tutti fattori abilitanti il miglioramento della qualità della vita e sono gli obiettivi dell’iniziativa globale di “1 Million Women”.
Il movimento, a cui hanno già aderito centinaia di miglia di donne, attraverso il suo sito web www.1millionwomen.com.au, si pone l’obiettivo di affrontare, con strumenti culturali nuovi, i cambiamenti climatici e integrare ad essi anche la questione della condizione della donna (vedi la voce “Our movement”).
Due argomenti solo apparentemente slegati, perché in gran parte del mondo le donne sono letteralmente ‘legate’ alla casa e ai figli (e non solo), divenendo le prime vittime di inondazioni, di carestie, di siccità, del surriscaldamento globale.
In molte zone del mondo le donne non sono istruite, non hanno avuto modo di accedere ad un percorso scolastico (gli è stato impedito), e spesso sono obbligate a rispettare vecchie ed inutili tradizioni locali (principalmente religiose), che magari gli impediscono di allontanarsi dall’ambiente domestico se non accompagnate da un uomo di casa (e durante un fenomeno atmosferico estremo non sempre questo è possibile in tempo).
Le donne hanno rappresentato il 70% dei decessi causati dallo Tsunami del 2004 in Indonesia. Ancora, in occasione del ciclone Gorky, che si è abbattuto sul Bangladesh nel 1991, causando 140.000 vittime, la proporzione dei decessi donna-uomo era di 14 a 1 (dati Nazioni Unite).
I cambiamenti climatici peggiorano le condizioni sociali delle donne e dei bambini, proprio nei Paesi più poveri, ne peggiorano anche lo stato di salute (denutrizione, malattie, cattiva alimentazione). La lotta per le risorse naturali si fa più dura, con più guerre e grandi migrazioni, e donne e bambini ne pagano il prezzo più alto, perché non possono scappare (basta pensare anche all’obbligo di portare determinati abiti, che non facilita i lunghi spostamenti), o perché sono le prime vittime di violenze di ogni tipo (violenza sessuale, tratta degli esseri umani e neo-schiavismo).
Migliorare il livello di resilienza in termini sociali e di genere significa salvare decine di milioni di vite umane e ridurre considerevolmente l’impatto ambientale delle famiglie, non solo nei Paesi più poveri, ma in tutto il mondo (vedi le diverse azioni messe in atto dal movimento nell’area “Campaigns”).
Abbattere la povertà, assicurare alle donne (e anche agli uomini) istruzione, assistenza sanitaria e un lavoro, significa favorire la diffusione di buone pratiche di sostenibilità economica e ambientale, di efficienza energetica, di rispetto dell’ambiente e di promozione della parità di genere (vedi la voce “Start Your Low-carbon Life” e le best practice per ridurre la CO2 prodotta giornalmente).
Proprio la gender equiality contribuisce fortemente a prendere decisioni che portano a una smart governance ambientale, più efficace e partecipata. Esistono esempi di progetti di smart community e innovazione sociale, dall’India al Nepal, dalla Bolivia al Kenya, dal Sud Africa alla Colombia, che hanno portato degli ottimi risultati in tal senso.
Per rimanere informati su quanto sta facendo il network “1 Million Women”, basta seguire gli aggiornamenti del “Blog”, iscriversi alla newsletter, oppure divenire followers dei diversi profili ufficiali dal movimento su Facebook, Twitter, LinkedIn e i social media Instagram e YouTube, dove si trovano caricati i tanti contenuti fotografici e audiovisivi.
Se le donne aumentano la propria sensibilità ambientale e la trasmettono nella catena dei valori famigliari ai propri figli e nipoti, le chance di salvare il pianeta aumentano considerevolmente. Basti pensare che, soprattutto in Occidente, nell’80% dei casi è la donna a decidere dove comprare casa e che tipo di casa comprare. Sceglierla in aree idrogeologicamente sicure, lontane dall’inquinamento ed il degrado, con accorgimenti per i materiali di cui si compone, la massima efficienza energetica e soluzioni anti-spreco, è già un valido modo di contribuire alla lotta ai cambiamenti climatici.
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