Dinamiche veramente curiose, alcune vicende italiche: dopo una marea di articoli giornalistici e di dispacci di agenzia stampa, da una settimana ad oggi – dopo la notizia dell’emendamento della maggioranza finalizzato alla abolizione del “Bonus Cultura”, con successiva correzione di rotta e trasformazione da “cancellazione” a “modificazione” – nella giornata di ieri giovedì 15 dicembre e nella mattinata di oggi venerdì 16… silenzio tombale (o quasi).
Nessuna traccia di quel che andrà a prevedere il “maxi-emendamento” in gestazione, sullo specifico tema.
Oggi pomeriggio il testo del maxiemendamento dovrebbe acquisire una forma definitiva.
Questo il “cronoprogramma”… Ieri Roberto Pella, deputato di Forza Italia e relatore della manovra dichiarava, intorno a mezzogiorno, a Radio24: “dovrà arrivare questo maxiemendamento del Governo entro venerdì, io penso non oltre le ore 18, sarà poi firmato da noi relatori, quindi diciamo che il maxiemendamento si trasformerà in un emendamento dei relatori, a quel punto apriremo alla possibilità dei subemendamenti dell’opposizione per dare modo entro la giornata, entro le 14 di sabato, per poi iniziare quelle che saranno le votazioni vere e proprie Questi sono più o meno i tempi… Dopodiché sicuramente domenica pomeriggio, domenica notte e lunedì mattina dovremmo ultimare il lavoro nella Commissione, perché comunque non più tardi del primissimo pomeriggio tra le 12 e le 14, il Presidente della Commissione Bilancio dovrà dare mandato ai relatori per concludere, anche perché altrimenti diventa impossibile andare in Aula il giorno successivo”… Oggi alle 13:40, l’onorevole Pella dichiarava all’agenzia LaPresse, in relazione ad un possibile ma finora non confermato vertice di maggioranza sulla manovra: “da quello che sapevo, a questo incontro a Palazzo Chigi ci sarebbero stati i ministri competenti, i capigruppo in commissione bilancio, i capigruppo di maggioranza, i relatori, e ci hanno detto che ci sarebbe stata anche la Presidente… Credo e spero che quando arriviamo al vertice l’emendamento sia scritto. Fino a dopo l’incontro di Palazzo Chigi tutto diventa possibile. Quella riunione è fondamentale per sbloccare tutto il pacchetto“.
Tra qualche ora, dovrebbe essere quindi disvelato il futuro del “Bonus Cultura”.
Questa mattina, comunque, il Presidente della Commissione Cultura Federico Mollicone (Fratelli d’Italia) ha comunque confermato – in occasione di un dibattito promosso durante la kermesse “10 anni d’amore per l’Italia” (celebrazione del decennale del partito di Giorgia Meloni), a Roma, in Piazza del Popolo – che il “tetto Isee” verrà introdotto.
Il Presidente dell’Aie alla Presidente del Consiglio: contrario a rimodulare il “Bonus Cultura” a favore soltanto dei meno abbienti
Tra le ultime “notizie”, la lettera aperta che ha indirizzato ieri mattina il Presidente dell’Associazione Italiana Editori (Aie), Ricardo Franco Levi, al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Estrapoliamo alcuni passaggi: “Signor Presidente del Consiglio, mi permetta di rivolgermi a lei, personalmente e direttamente, in merito alla 18App, il buono che lo Stato offre a tutti i giovani per sostenerli nell’accesso ai consumi culturali. Ho, come tutti, seguito e meditato con rispetto e attenzione quanto lei ha voluto, autorevolmente e pubblicamente, affermare su questo tema. La questione delle frodi che hanno accompagnato e segnato la vita di questo provvedimento è reale e non deve essere elusa. La Guardia di Finanza, solo per gli anni che vanno dal 2018 al 2020, ha rilevato frodi per 17 milioni di euro. Inevitabili, “normali” su una spesa effettiva di 574 milioni? Assolutamente no. Siamo fermamente a fianco del Governo per fare ogni sforzo per contrastare l’illegalità. Inaccettabile sempre, ancor più odiosa in questo caso”. Osserviamo che si tratta delle cifre che abbiamo proposto noi (il rapporto tra le truffe finora accertate, 17 milioni di euro secondo l’agenzia stampa Agi e lo stanziamento utilizzato nel triennio 2018-2022, ovvero 575 milioni: circa un 5 %, un tasso di “illegalità” quasi… sopportabile), nelle nostre elaborazioni, su queste colonne (vedi “Key4biz” di ieri l’altro mercoledì 16 dicembre 2022, “Il ‘Bonus Cultura’ sarà rimodulato, ma come?”).
Rispetto all’esigenza di sostenere le famiglie più bisognose, Levi invoca un altro strumento: “un aiuto necessario, prezioso, sarebbe in questo senso il riuscire a far arrivare alle famiglie svantaggiate, queste sì individuate in base al reddito, con uno strumento semplice e nei tempi giusti, l’aiuto – pari a 133 milioni di euro – per l’acquisto dei libri di testo delle scuole secondarie. Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, che proprio ieri ho potuto incontrare, è particolarmente sensibile e impegnato su questo tema”.
Contrario invece il Presidente degli editori alla rimodulazione in funzione del reddito: “legare al profilo fiscale dei genitori, attraverso il riferimento all’indicatore Isee, l’aiuto ai giovani per l’accesso ai consumi culturali snaturerebbe, tuttavia, la natura stessa dell’intervento: non una misura indirizzata ai soli ragazzi e alle ragazze delle famiglie in difficili condizioni economiche, individuati come un gruppo a parte, ma un primo provvedimento col quale lo Stato, la Repubblica, si presenta col volto dell’amicizia ai giovani che entrano nell’età adulta, senza distinzioni tra loro, sostenendoli tutti insieme nell’accesso ai consumi culturali, riconoscendo loro un premio, quasi un regalo di compleanno, per fare, ciascuno, in assoluta libertà, la propria scelta”.
Da non crederci, poi, quando Levi scrive: “mi permetta, caro Presidente, di riportare qualche cifra. Nel 2021, l’ultimo anno per il quale si hanno dati precisi, su 220 milioni stanziati 415mila ragazzi ne hanno usufruito per un totale di 192 milioni di spese culturali, di cui poco meno del 70 % sui libri, con un impatto evidente sul mercato e sulla filiera del libro. Mai come prima i ragazzi sono entrati nelle librerie e hanno letto un libro. Nei soli primi tre anni della sua applicazione – sono dati rilevati dall’Istat – la 18App ha permesso un incremento dal 46,8 al 54 per cento del tasso di lettura nella fascia tra i 18 e i 21 anni, l’unica nella quale non si è, al contrario, registrato un calo”.
Preoccupa che, a distanza di 6 anni dall’avvio della misura “Bonus Cultura”, il Presidente degli editori dichiari, nero su bianco, che soltanto per l’anno 2021 si dispone di “dati precisi”.
Altro che “valutazione di impatto” che noi ed altri (pochi altri) andiamo invocando, in materia di politiche culturali: qui siamo all’assenza di dati “precisi”. Incredibile, ma vero.
Conclusivamente Levi propone “una pausa di riflessione”, che sia “slegata dai tempi strettissimi della Legge di Bilancio”, che “potrebbe altresì offrire l’opportunità, come hanno giustamente proposto il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e il Presidente della Commissione Cultura della Camera Federico Mollicone, per cancellare questo nome, 18App, che sembra quello di un videogioco, e per chiamarla, più semplicemente e in buon italiano, Carta Cultura Giovani”.
Sondaggio Termometro Politico: la maggioranza degli italiani a favore della modificazione se non addirittura modificazione del “Bonus Cultura”
È di oggi la notizia che un sondaggio promosso dal centro indipendente di ricerca Termometro Politico (su un campione di 3.700 persone, indagine realizzata tra il 13 ed il 15 dicembre) darebbe i seguenti risultati, con una maggioranza degli italiani che parrebbe voglia una modifica o l’abolizione del “Bonus Cultura: il 26,3 % vuole l’abolizione di 18app perché ritiene i bonus “una tantum” siano sbagliati e che i fondi andrebbero usati per finanziare la cultura, il 38,4 % pensa invece che il bonus andrebbe limitato ai soli 18enni con reddito familiare “particolarmente basso”, infine il 29,4 % crede che il bonus dovrebbe rimanere come adesso (i non rispondenti ed i “non so” sono poco meno del 6 %).
Pubblicata la Relazione al Parlamento sul Fondo Unico per lo Spettacolo (Fus) per l’anno 2021
A proposito di “dati”, va segnalato che ieri, giovedì 15, in sordina (nemmeno uno straccio di comunicato stampa da parte del Ministero della Cultura) e nel silenzio dei più (nessuno ne ha scritto, alle ore 13 dell’indomani, nemmeno la sempre accurata agenzia specializzata Cult alias AgCult), è stata pubblicata, sul sito web del dicastero, la relazione al Parlamento sul Fondo Unico per lo Spettacolo (Fus) e sull’andamento complessivo dello spettacolo, con dati relativi all’anno 2021 (clicca qui, per consultare tutte le “Relazioni” sul Fus, dal 1985 al 2021).
Il tomo, curato da Fabio Ferrazza, è corposo come sempre (362 pagine, stampate da Gangemi Editore), con una grafica arcaica, e con elaborazioni non all’altezza delle funzioni che la Relazione dovrebbe svolgere, ovvero fornire una analisi critica dell’intervento dello Stato nel settore dello spettacolo.
L’edizione di quest’anno è stata pubblicata con un paio di settimane di anticipo rispetto a quella dell’anno scorso, che era stata resa nota il 27 dicembre.
Il livello di analisi è ancora modesto, così come il livello di trasparenza: non viene proposta alcuna “relazione” tra l’entità delle sovvenzioni dello Stato e la loro effettiva ricaduta sul mercato della cultura in termini di consumo (domanda).
Anche l’analisi territoriale è limitata ad elaborazioni sulla quantità di “spettacoli” offerti, senza nemmeno 1 dato uno riguardante l’andamento del consumo, a livello regionale (o, magari, provinciale).
Peraltro, la fonte dei dati sui finanziamenti pubblici è ovviamente la Direzione Spettacolo dal Vivo (guidata da Antonio Parente), mentre la fonte sulla quantità di spettacoli (e sugli ingressi ovvero ‘biglietti venduti’ e ‘abbonamenti’) è quella stessa Società Italiana degli Autori ed Editori, che poco meno di un mese ha presentato l’ultima edizione del suo “annuario statistico”, relativo ai dati giustappunto dell’anno 2021, ovvero il 1° “Rapporto Siae sullo Spettacolo e lo Sport” (che si è avvalso della consulenza tecnico-scientifica dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult).
Esistono in effetti, curiosamente, in Italia, due “osservatori dello spettacolo”: uno che opera presso il Ministero della Cultura (istituito nel lontano 1985 dalla cosiddetta “Legge madre” sullo spettacolo, la Legge n. 163/1985) ed uno che opera presso la Siae (creato nel 2006).
Ed è la Siae a fornire al Mic i dati sull’andamento dello spettacolo…
Che si tratti di una relazione piuttosto deficitaria è confermato in modo evidente dalla Tabella proposta a pagina 59, che propone (teoricamente) una serie storica dell’andamento del Fus dal 1985 al 2021, sia in euro a valori correnti sia a “prezzi 1985”: si passa dai 363,48 milioni di euro (correnti) del 1985 ai 404,14 milioni del 2021, che si traducono in euro costanti (euro1985) dai 363,48 milioni del primo anno del fondo ai 154,85 milioni del 2021…
Il curatore della Relazione non segnala però che dal 2016 il Fus non include più il cinema e l’audiovisivo, e quindi la serie storica, dal 2016, andrebbe corretta, ovvero – per essere metodologicamente omogenea – si dovrebbe introdurre almeno la colonna con l’andamento del parallelo Fondo Cinema e Audiovisivo.
Peraltro, anche la denominazione di “Fondo Unico” è oggi teorica e fuorviante, in quanto incompleta ovvero errata.
Secondo l’ultima “Relazione” che includesse il cinema (quella relativa all’anno 2015), si segnala come quel settore assorbisse, su un totale di 406 milioni di euro del Fus di allora, soltanto 77 soltanto, ovvero un 19 % soltanto della dotazione budgetaria.
Dall’anno 2016, la “Legge Franceschini” ha attivato un fondo di 400 milioni di euro, che nel corso degli anni – soprattutto attraverso il “tax credit” – è arrivato quasi a raddoppiare (oltre 750 milioni di euro nel 2021)…
Su queste cifre, dovrebbe essere avviata una riflessione critica seria di “politica culturale”.
Ad oggi comunque (anno 2021), il Fondo per lo Spettacolo dispone di 404 milioni di euro, a fronte dei 750 milioni di euro del cinema, per un totale complessivo di quasi 1,1 miliardi di euro. Ed il rapporto tra “cinema” e “spettacolo dal vivo” si è invertito, considerando che 404 milioni di euro rappresentano soltanto poco più di un terzo del totale di 1.154 milioni (somma del fondo “Spettacolo” + fondo “Cinema e Audiovisivo” = 404 + 750 = 1.154), ovvero il 35 %…
Dei 400 milioni di euro del Fus 2021, le fondazioni lirico-sinfoniche assorbono 183 milioni, al teatro vanno 93 milioni, alla musica 83 milioni, alla danza 16 milioni…
I 400,1 milioni di euro del Fus dell’anno 2021 sono stati così ripartiti (ed anche su questa ripartizione non ci sembra sia mai stato sviluppato un ragionamento critico particolarmente approfondito):
- 182,8 milioni Fondazioni lirico – sinfoniche
- 92,9 milioni Teatro
- 82,6 milioni Musica
- 16,1 milioni Danza
- 14,3 milioni Progetti multidisciplinari, Progetti speciali, Azioni di sistema
- 7,3 milioni Circo e spettacolo viaggiante
- 3,7 milioni Residenze e Under 35
- 0,5 milioni Osservatorio dello spettacolo
Torneremo, su queste colonne, per cercare di capire il “senso” strategico (di politica culturale) della ripartizione in “fette” di questa “torta” di finanziamento pubblico allo spettacolo…
Peraltro, l’Osservatorio dello Spettacolo – incomprensibilmente allocato, dal 2019, presso la Direzione Cinema e Audiovisivo (allorquando, dalla “Legge Franceschini” del 2016, non monitora più le attività cinematografiche, ovvero dall’edizione della “Relazione” per l’anno 2016) – è in fase di riforma, come previsto dall’articolo 5 della legge del 15 luglio 2022, n. 106, che ha assegnato “Delega al Governo e altre disposizioni di legge”…
L’art. 5 della Legge Delega istituisce, presso il Ministero della Cultura, un “nuovo” Osservatorio dello Spettacolo (disponendo contestualmente l’abrogazione dell’articolo 5 della legge 30 aprile 1985, n. 163, che aveva istituito l’Osservatorio dello Spettacolo) nell’ambito dell’Ufficio Studi e Programmazione dell’allora Ministero del Turismo e dello Spettacolo.
L’art. 6 della nuova legge istituisce il “Sistema nazionale a rete degli Osservatori dello Spettacolo”, del quale fanno parte l’“Osservatorio dello Spettacolo” centrale ministeriale (di cui all’articolo 5) e gli “Osservatori Regionali dello Spettacolo” di cui al successivo articolo 7. L’art. 7 disciplina il concorso delle Regioni all’attuazione dei princìpi generali sullo spettacolo (di cui all’articolo 1 della Legge n. 175 del 2017, come modificato dall’art. 1 del provvedimento) anche istituendo appositi “Osservatori”. Tali princìpi sono qualificati come princìpi fondamentali ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione.
La dotazione budgetaria dell’Osservatorio non viene incrementata, e quindi non si ha ragione di poter prevedere un salto qualitativo nel funzionamento di questa struttura, che, nel corso degli anni, è stata progressivamente depotenziata e definanziata… Basti notare che, per quanto riguarda l’anno 2021, la dotazione è stata di poco superiore a mezzo milione di euro (519.531 euro).
Su quest’argomento – ovvero sulla continua deriva dell’Osservatorio ministeriale – torneremo presto su queste colonne, perché la vicenda dell’Osservatorio dello Spettacolo merita essere approfondita, in quanto sintomatica – a parer nostro – di come male sia stata interpretata la funzione fondamentale che la legge originaria gli aveva assegnato, e di come sia veramente deficitaria la vocazione dello Stato a misurare in modo serio l’efficienza e l’efficacia dell’intervento della mano pubblica.
Si resta in attesa di leggere il testo dell’emendamento “correttivo” del “Bonus Cultura” alias 18App…
Nelle more, Federico Mollicone addirittura esulta e prende di mira il predecessore di Gennaro Sangiuliano: “il Fus non esisterà più! Mi dispiace per l’ex ministro Franceschini, se ne dovrà fare una ragione… è finita l’era Franceschini!”, precisando che “ci sarà il Fondo nazionale per lo Spettacolo”. L’esponente di Fratelli d’Italia (già candidato a guidare il Collegio Romano) è intervenuto anche sul “Bonus Cultura” per i 18enni: “rassicuro, ancora una volta, sia i ragazzi che tutta la filiera editoriale: da gennaio esisterà una Carta Cultura per i giovani: tutta questa polemica sulla 18App è una tempesta in un bicchier d’acqua” – ha sostenuto. “Abbiamo il diritto e il dovere di riformare, perché è questo il mandato che ci hanno dato gli italiani, nel rispetto delle iniziative che hanno funzionato e anche nel cambiare quello che non ha funzionato, le truffe con la Carta, la platea eccessivamente estesa: vogliamo dare la Carta ai giovani, ma stabilendo un tetto dell’Isee; mantenendo tutte le categorie”, ha concluso il Presidente della Commissione Cultura della Camera dei Deputati.
Immaginiamo che l’Associazione degli editori, così come gli altri soggetti che contestano la modificazione della misura dovranno farsene una ragione, ma sarà bene attendere l’atteso testo emendativo dell’emendamento…
Articolo chiuso in redazione alle 17:30 di venerdì 16 dicembre 2022.
Clicca qui, per la “Relazione sull’utilizzazione del Fondo Unico per lo Spettacolo e sull’andamento complessivo dello spettacolo (anno 2021)”, pubblicata sul sito web del Ministero della Cultura (Direzione Generale Cinema e Audiovisivo e Direzione Generale Spettacolo) il 15 dicembre 2022