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Web tax. Tesoro: “80% pagata da imprese con sede all’estero”. Fenu (M5S): “Non va bene così”

La Web tax, o meglio la Digital Tax, è in vigore solo in Italia. È stata introdotta, con coraggio, per la prima volta dal Governo Conte nel 2018 ed ha una percentuale del 3% e riguarda solo pochi soggetti e pochi servizi: pubblicità online, intermediazione e trasmissione dati.

In tre anni, lo Stato italiano ha incassato meno di 1 miliardo e “l’80% dei ricavi viene conseguito in Italia da soggetti con sede all’estero, Irlanda, Olanda,  Stati Uniti, Gran Bretagna”, ha spiegato il ministero dell’Economia all’interrogazione del deputato M5S Emiliano Fenu, che non si dice, affatto, soddisfatto della risposta.

Fenu (M5S): “Serve una nuova tassazione dell’Economia digitale”

“La Digital Tax, introdotta per la prima volta dal Governo Conte nel 2018 è destinata a scomparire con questo Governo”, ci ha detto. “E da quanto affermato dal ministero dell’Economia alla mia interrogazione emerge un dato emblematico: le grandi imprese del web pagano all’estero le tasse ordinarie, quelle che versano la maggioranza dei cittadini, sugli utili conseguiti in Italia con i soldi degli Italiani. Ecco perché è urgente disegnare una nuova tassazione dell’Economia digitale”.

“Se non lo facciamo”, ha continuato, “continueremo a trasferire all’estero le risorse che ci servono per sostenere la spesa pubblica, continueremo a tassare sempre i soliti noti: lavoratori, pensionati, piccole imprese.

“Ecco perché”, ha concluso Fenu, “non abbiamo votato la delega fiscale del Governo, perché non prevede nessuna nuova tassazione dell’Economia digitale ma fa pagare il conto ai soliti noti di cui sopra.

L’imposta sui servizi digitali (Isd) ha ricordato il ministero dell’economia nel 2023 (anno di imposta 2022) ha fatto incassare allo stato 390 milioni di euro, 92 milioni di euro in più pari al 30,9% a quelli incamerati nel 2022.

La web tax all’italiana resterà fino a quando non sarà realtà la minimum tax globale?

Ma la minimum tax globale è congelata fino al 2025. Manca ancora l’intesa sui dettagli tecnici e l’Ocse rinvia le scadenze di un anno. Infatti è ancora in sospeso l’accordo sulla definizione del trattato multilaterale alla base del primo pilastro per la tassazione dei giganti del digitale a livello Ocse, contenuto nella riforma del fisco internazionale approvata nell’ottobre del 2021.

La global minimum tax è ancora lettera morta, ma “a tutt’oggi riveste carattere di urgenza”. A lanciare l’appello al Parlamento italiano e a spiegare la ratio dell’eventuale imposta globale minima del 15% per le multinazionali è stato Roberto Rustichelli, presidente dell’Antitrust, nel discorso di presentazione a Parlamento della Relazione Annuale 2022 dell’Autorità. Secondo i dati della Commissione Ue, con la global minimum tax all’Italia arriverebbero 2,7 miliardi di euro. Ma tocca aspettare ancora…

Il Governo Meloni allora riconfermerà la web tax all’italiana con alcuni correttivi? Per renderla più equa ed efficace? Sarebbe questa la vera “fair share”?

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