La rete Tim ha tenuto di fronte all’enorme aumento del traffico dovuto al lockdown, ma il titolo in borsa dell’azienda resta in terreno negativo sotto la soglia psicologica dei 40 centesimi. Pesano le parole dell’amministratore delegato Luigi Gubitosi, che due giorni fa in audizione alla Commissione Trasporti della Camera ha detto che il settore delle telecomunicazioni subirà un impatto negativo dal Covid-19 in termini di ricavi. Fra i fattori negativi che impatteranno maggiormente anche sui conti di Tim lo stop alle attività commerciali in negozio, l’azzeramento del traffico roaming per mancanza totale di turisti in Italia a causa del virus e gli inevitabili ritardi dei pagamenti da parte delle imprese. Ieri ha Piazza Affari il titolo ha ceduto il 2,32% a 37 centesimi. Nell’ultimo l’azienda ha lasciato sul terreno il 30% del valore.
Taglio roaming e problemi clientela business
Non ci voleva il virus. “Le linee di ricavi maggiormente impattate dall’emergenza sono relative alla vendita di Smartphone e Device a causa della chiusura dei negozi, così come i ricavi da nuove attivazioni e ritardi di investimento di clienti Business”, si legge nella relazione presentata da Gubitosi in Commissione alla Camera.
Traffico da roaming internazionale potenzialmente in calo a causa della flessione dei flussi dall’estero (turismo + business).
Infine, problemi potenziali di credito: probabile incremento di rischio sui profili di pagamento come conseguenza della sospensione di molte attività.
Previsto calo dei ricavi nel 2020
Previsioni quindi non certo rosee quelle di Tim, che dopo aver registrato un calo del 6,3% dei ricavi nel 2019 a 14,1 miliardi di euro, prevede una ulteriore diminuzione del fatturato quest’anno, la cui entità dipenderà dalla durata e intensità della pandemia, con un ritorno alla crescita previsto per l’anno prossimo.
Secondo i dati di Confindustria, il Pil italiano potrebbe subire un calo del 6% quest’anno a causa della crisi sanitaria.
I ricavi di Tim, come quelli di tutti gli operatori, sono quasi interamente derivati a tariffe flat e non a consumo. Di conseguenza, a fronte di un consistente aumento del traffico pari a circa il 100% sul fisso, il fatturato resta inalterato. Senza considerare che in questo periodo di emergenza virus Tim offre ai clienti traffico e giga gratis.
Auspicio rete unica
In audizione l’amministratore delegato Gubitosi ha poi ripetuto l’auspicio per una fusione delle reti in fibra di Tim con quelle di Open Fiber, per evitare inutili duplicazioni di investimenti in un contesto economicamente sfavorevole come quello attuale.
“Costruire un’altra rete non ha senso, soprattutto in tempi di crisi come questi”, ha detto Gubitosi, aggiungendo che sarebbe come costruire due volte i binari della ferrovia.
Il gruppo resta disponibile ad accelerare sull’integrazione con Open Fiber per colmare il digital divide a dotare il Paese di una moderna rete a banda larga, sottolineando che in una fase di criticità costruire una seconda rete sarebbe uno spreco di risorse.
Ma al momento l’ad di Open Fiber Elisabetta Ripa non prende n considerazione l’ipotesi di merger con Tim. Il modello di operatore wholesale only perseguito da Open Fiber non è compatibile con un operatore verticalmente integrato come Tim, che più volte ha ribadito come in caso di merger vuole mantenere la maggioranza nella nuova società.
Vedremo se la politica raccoglierà l’invito di Gubitosi. La Lega aveva presentato un emendamento al decreto Cura Italia che impegnava il governo alla costituzione di una società della rete, poi ritirato al Senato. Chissà che rispunti alla Camera. Il nodo da sciogliere è la modalità di una fusione che dovrà avere al centro come ago della bilancia, ora più che mai, lo Stato tramite la Cdp, azionista di entrambe le società.
Rete unica, intervenga il governo
Gubitosi dal canto suo non ha perso l’occasione per sollecitare il governo a risolvere i problemi di copertura nelle aree bianche del paese.
Nei giorni scorsi Tim ha attivato 5mila armadi nelle aree bianche, dove saranno realizzate connessioni Fttc. “1.600 arriveranno entro maggio”. Il Paese però attualmente – ha continuato Gubitosi – è coperto a “macchia di leopardo”. Un cambio di rotta da parte di Tim nelle aree a fallimento di mercato oggetto dei bandi Infratel vinti da Open Fiber che l’ex incumbent ha sempre osteggiato.
“È un problema che se non si affronta, non si risolve – ha sottolineato Gubitosi – perché il gap in queste aree è addirittura aumentato visto che il resto del Paese è andato avanti. Si tratta di mettere tutto quello che c’è a fattor comune e capire quello che serve di più al Paese. Che senso ha cercare di replicare la rete? È come dire ora rifaccio i binari ferroviari”. Secondo Gubitosi è bene che Governo e Parlamento ci riflettano, per trovare una soluzione al digital divide, soprattutto “in un momento di crisi, visto che sono utilizzati fondi pubblici”.