Evitare un “uso improvvisato dello smart working”, nonché “l’uso sistematico e pervasivo di sistemi di monitoraggio dell’attività compiuta dal dipendente che lavora da casa”. Assolutamente no a Pc forniti dal datore di lavoro dotati di funzionalità per il monitoraggio sistematico e pervasivo del lavoratore. Questi in sintesi alcuni dei passaggi chiave del Garante Privacy Antonello Soro, in audizione in Commissione Lavoro al Senato sulle ricadute occupazionali dell’epidemia da Covid-19, azioni idonee a fronteggiare le situazioni di crisi e necessità di garantire la sicurezza sanitaria nei luoghi di lavoro.
Nuove forme e vulnerabilità del lavoro
Buona parte dell’intervento del Garante si è concentrata appunto sulle “nuove forme (e le vulnerabilità) del lavoro”, di cui lo smart working è la prima manifestazione. Il garante ha colto l’occasione per ribadire la necessità di “assicurare – in modo più netto di quanto già previsto – anche quel diritto alla disconnessione, senza cui si rischia di vanificare la necessaria distinzione tra spazi di vita privata e attività lavorativa, annullando così alcune tra le più antiche conquiste raggiunte per il lavoro tradizionale.
Per garantire, dunque, che le nuove tecnologie rappresentino un fattore di progresso (e non di regressione) sociale, valorizzando anziché comprimendo le libertà affermate sul terreno lavoristico, è indispensabile garantirne la sostenibilità sotto il profilo democratico e la conformità ad alcuni irrinunciabili principi.
Il minimo comun denominatore di queste garanzie va individuato nel diritto alla protezione dei dati: presupposto necessario di quella libera autodeterminazione del lavoratore che ha rappresentato, come si è detto, una delle più importanti conquiste del diritto del lavoro”.