L’anno nuovo è appena iniziato e già è giunto il momento di valutare i possibili e più significativi cambiamenti nel mondo di internet, in particolar modo del Seo (Search engine optimization), cioè tutte quelle attività ormai strategiche e necessarie ad ottimizzare l’indicizzazione di un contenuto in rete da parte dei motori di ricerca.
Secondo quanto scritto in un articolo su MailUp da Marco Megali, SEO/SEM Specialist, “Google ha introdotto (e introdurrà ancora) significativi cambiamenti nel proprio funzionamento, che andranno da un lato ad affinare ulteriormente le modalità in cui i risultati di ricerca vengono riportati in SERP (Search Engine Results Page) e, dall’altro, a ridefinire in maniera profonda il rapporto di “partnership” e di collaborazione attiva instauratosi con aziende e webmaster nel corso degli anni”.
Personalizzazione
Intanto, tra i principali cambiamenti per il 2020 segnalati nel blog di MailUp, c’è che “la relazione tra Google e publisher non è più così lineare”. “Sempre più spesso chi cerca informazioni sul motore riesce ad ottenere una risposta direttamente all’interno dei risultati, senza più la necessità di visitare i siti di chi quel contenuto l’ha scritto, prodotto, pubblicato”, ha spiegato Megali.
“Google rappresenta sempre di più il punto di approdo e non, come succedeva fino a qualche anno fa, un semplice momento di passaggio nel processo di interazione dell’utente con un brand (a meno che non si paghi, ovviamente)”.
Il grande motore di ricerca ha fatto della personalizzazione del contenuto il nuovo pilastro del proprio rapporto con l’utente: “Discover viene definito da Google stesso “un elenco di argomenti che gli utenti possono scorrere dai loro dispositivi mobili […] scelti in base alle loro interazioni con i prodotti Google o in base ad argomenti che loro stessi scelgono di seguire”.
Una novità fondamentale per i siti editoriali e per quelli a carattere informativo, iniziata nel 2019 e che nel 2020 troverà ulteriore spazio di crescita.
Bert
Altra novità importante a cui Google lavora da un anno è “Bert”, acronimo inglese per Bidirectional encoder representations from transformers: “un algoritmo open source basato sul principio del machine learning, ovvero in grado di apprendere nel tempo attraverso un modello di pre-training”.
Bert è a tutti gli effetti un sistema di intelligenza artificiale, che imita il funzionamento dei neuroni e i loro collegamenti.
Bert nasce infatti per riuscire a comprendere nel migliore dei modi il linguaggio naturale (quello dell’uomo) e sfrutta per questo una rete artificiale che imita la comunicazione tra neuroni, come quelli del nostro cervello. Tra le sue funzioni principali, c’è quella di aiutare Google a comprendere in maniera semplice e naturale come si esprime una ricerca in rete attraverso un search engine.
Obiettivo di Google è quindi individuare, con il minimo margine di errore, cosa realmente un utente vuole cercare su internet e offrirgli via Serp i risultati più possibile attinenti.
Per far questo non servono più le singole parole chiave o keywords, perchè l’utente è messo in condizione di fare domande “al naturale” (long tail keyword) e all’interno di esse ogni parola trova il significato più pertinente in relazione con quelle che la precedono e la seguono (il contesto).
Secondo molti esperti del settore, Bert è in grado di riconoscere in maniera precisa il “search intent” degli utenti a partire da un’analisi dettagliata del “contesto” in cui sono inserite le parole (contestualizzando ogni singola parola si comprende meglio l’intento della persona), diventando di fatto uno degli aggiornamenti più significativi del motore di ricerca di Mountain View degli ultimi anni.