Il mondo del lavoro nei prossimi anni verrà rivoluzionato dall’automazione: vedremo sparire numerose figure professionali, e nascerne altrettante nuove. La fluidità delle competenze del futuro necessità di un nuovo metodo d’insegnamento, più legato alle soft skills piuttosto che alle abilità pratiche e circoscritte. Un’opzione è il cosiddetto metodo dell’insegnamento capovolto.
Il metodo
Nato in ambiente anglosassone, si caratterizza per una completa rivoluzione della didattica e della disposizione fisica di insegnanti e studenti. In poche parole, i ragazzi non affrontano più lezioni frontali in classe con i professori, ma restano a casa e possono seguire i corsi in streaming o tramite podcast. La scuola fisica diventa invece il luogo dello studio, non più individuale, ma di gruppo con i compagni. I professori, di conseguenza, acquisiscono il ruolo di “tutor”, impegnati ad aiutare gli alunni a mettere a terra, tramite esercitazioni, le competenze da questi apprese in autonomia. In classe, dunque, possono essere attivate le competenze cognitive alte (comprendere, applicare, valutare, creare).
Il nuovo ciclo di apprendimento è divisibile in tre fasi.
➜ Nella prima fase è necessario che il professore riesca ad attivare negli studenti l’interesse e una curiosità attiva riguardo all’argomento di studio. Poiché lo studente si trova a casa ed è più facilmente distraibile, si dovrebbero “problematizzare” gli argomenti di studio, cioè lasciare le questioni aperte comunicando sotto forma di domanda.
➜ Nella seconda fase, che si svolge in classe, l’insegnante aiuterà ogni singolo studente nella rielaborazione delle argomentazioni lasciate aperte, stimolando processi di pensiero che sono alla base della costruzione delle conoscenze, esercitando il loro spirito critico, imparando a fare domande appropriate e a formulare ipotesi attendibili
➜ Il ciclo si completa con una fase di rielaborazione e valutazione, durante la quale il professore dovrebbe dare maggior peso, per la valutazione, a quegli elaborati in cui sono più evidenti le cosiddette soft skills, che raggruppano una serie di qualità come la leadership, la flessibilità e la creatività, che oggi non sono direttamente affrontate dai programmi scolastici.
La teoria del nudging
Il mondo del marketing e della psicologia sociale offre un’interessante teoria, che potrebbe essere applicata alla didattica con risultati proficui: la teoria del nudging.
Il nudging consiste nell’influenzare un comportamento attraverso uno stimolo, un “pungolo” nella direzione prescelta, senza tuttavia privare il soggetto della completa libertà di scelta.
Lo scopo del “good” nudging è quello di migliorare il benessere delle persone spingendole verso l’opzione migliore. Nel loro libro “Nudge: la spinta gentile”, Thaler e Sunstein chiamano questo approccio “paternalismo libertario”. Oggi può avere tantissime applicazioni nel campo dell’istruzione, guidando i comportamenti e i metodi di studio degli studenti.
Nel caso del metodo di insegnamento capovolto, il nudging è utile nella fase di formazione dell’interesse e di apprendimento. In particolare, nella formazione a distanza, dove lo studente si trova a seguire le lezioni da casa, necessita di una guida costante da parte del professore, o tutor, per mantenere alta la concentrazione.
L’intelligenza artificiale come supporto all’apprendimento
Tra le tecnologie coinvolte, il ruolo principale è affidato all’Intelligenza Artificiale: questa potrà, in futuro, assistere e supportare le scuole, gli insegnanti e il sistema scolastico in generale, come oggi, è già parte essenziale del modo in cui ciascuno di noi si informa e impara.
Nei prossimi anni diventerà lo strumento per un completo rinnovamento del sistema scolastico, permettendo di sviluppare strumenti d’apprendimento personalizzati sul singolo studente, a seconda delle sue capacità e interessi; automatizzando correzioni, programmi e, in generale, qualsiasi processo burocratico che toglie tempo alle attività di maggior valore.