Grazie alla nuova legge sul revenge porn, la Polizia di Stato, su disposizione della Procura Distrettuale di Catania, ha eseguito una perquisizione domiciliare nei confronti di un uomo di anni 31 indagato per diffusione illecita di immagini sessualmente esplicite. In particolare, una ragazza ventenne di Catania aveva denunciato alla Polizia Postale che, su un sito di incontri per adulti, erano state pubblicate alcune immagini che la ritraevano in atteggiamenti intimi. La Polizia, dopo avere chiesto ed ottenuto la rimozione delle foto, è riuscita ad individuare il soggetto che le aveva pubblicate, identificato in un uomo, residente a Catania, con cui la donna aveva in passato intrattenuto una relazione sentimentale. Il pubblico ministero ha immediatamente disposto una perquisizione domiciliare ed informatica nei riguardi dell’indagato, che ha portato alla scoperta delle foto intime in una cartella nascosta sullo smartphone.
La vicenda in questione è una delle prime volte in cui viene contestato il nuovo reato derivante dal cosiddetto “revenge porn”, disciplinato dall’articolo 612 ter del codice penale che punisce chiunque diffonda, ceda o invii immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone interessate. Questo reato penale è stato introdotto con l’approvazione del Parlamento, il 2 aprile scorso, del disegno di legge sul codice rosso.
Revenge porn, come viene punito il reato
Il testo prevede che “chiunque invii, consegni, ceda, pubblichi o diffonda immagini o video di organi sessuali o a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e multa da 5.000 a 15.000 euro. La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o il video, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro un danno”.
Infine la legge prevede una pena aumenta nel caso in cui la diffusione di materiale “compromettente” avviene per mano del coniuge, anche separato o divorziato, o da una persona legata o che è stata legata a quella offesa. Stessa cosa se la distribuzione del materiale avviene attraverso gli strumenti informatici o telematici”.