l'intervista

Rete unica, De Leo (Kaufmann): ‘Difficile farla contro pareri di UE, Parlamento e Autorità. La politica rifletta’

a cura di Raffaele Barberio |

Con ricavi inesorabilmente in decrescita e senza poter offrire una tabella di marcia precisa per il rollout del 5G, gli analisti dovranno rivedere al ribasso le stime sui ricavi di TIM, sui suoi margini, e sulla capacità di assicurare una ragionevole stabilità alla propria generazione di cassa. La preoccupazione è che vengano prese decisioni che non considerino la realtà attuale dell’evoluzione delle reti e le direttive espresse dall’attuale Parlamento italiano e dalla Commissione Europea.

Ore decisive sulla vicenda relativa al futuro della rete unica ed al ruolo di TIM. Abbiamo voluto chiedere il parere ad un testimone di lungo periodo delle vicende Telecom e abbiamo chiesto le sue valutazioni a Francesco De Leo, da qualche anno a Madrid dove opera come Executive Chairman di Kaufmann & Partners.

Francesco De Leo è stato consigliere di amministrazione di IFIL (oggi Exor), Direttore Generale di Telecom Italia e Presidente di STET International. In seguito, ha curato l’acquisizione di WIND da parte di Orascom Telecom, divenendone in seguito il Chief Strategy Officer e Responsabile dello Sviluppo Internazionale. È stato in passato Vice-Chairman di Tellas, il secondo operatore di telefonia mobile in Grecia. Membro del C4, International Advisory Board di Cap Gemini, con Lord Birt, ex direttore generale della BBC, è stato nominato Young Global Leader for Tomorrow nel 1999 dal World Economic Forum.

Lo abbiamo incontrato a Roma in un week end torrido che sembra rispecchiare le ansie di queste ultime ore della vicenda TIM in vista del Cda del 4 agosto.

Il cda di domani

Key4biz. Presidente De Leo, quali sono i temi chiave che emergeranno dal Board di TIM di domani, 4 Agosto?

Francesco De Leo. Il timore degli analisti e degli investitori è che TIM domani presenti numeri col segno meno “pesanti”, confermando il trend degli ultimi 15 trimestri (quarter) consecutivi: un declino dei ricavi, in questo caso, dell’ordine del 11-14%. La nostra guidance vede un assestamento intorno a -13/14%.

In secondo luogo, ci si attende un’ulteriore accelerazione di questo trend negativo: il mese di agosto è tradizionalmente il mese peggiore per tutte le Telco, un passaggio nella “valle della morte” che tutti gli operatori si augurando di passare nel modo più veloce possibile.

Se alla ripresa, a settembre, emergesse un trend negativo dei contagi COVID, con un picco fra novembre e dicembre di quest’anno, sarà opportuno tenere in conto una correzione ulteriormente negativa, che potrebbe assestarsi intorno al 18-20% in termini di contrazione dei ricavi.

In questo caso, “Stop the bleeding”, fermare l’emorragia, è quello che chiedono gli investitori: meno deal making e più focalizzazione sulle operations. Troppi accordi non sempre fanno bene, quando le attività ordinarie languono.

Rete unica: l’impatto su Tim

Key4biz. Quale sarebbe l’impatto su TIM?

Francesco De Leo. È chiaro che se il pattern dovesse essere confermato, il de-leveraging non potrà procedere cosi come è stato annunciato. Al contrario, si porrà il tema del rating del debito e della reale sostenibilità degli impegni presi con i bond-holders, assieme alla capacità di rispettare i convenants sullo stock di debito attualmente in circolazione.

Molte delle operazioni di cessione di asset, come quelle a cui abbiamo assistito negli ultimi mesi, non possono essere ripetute il prossimo anno. Questo vuol dire che, ancora per molto, TIM non tornerà a raggiungere il livello di “investment grade” e non potrà distribuire dividendi.

Per fine anno, in assenza di un’inversione di tendenza è possibile che si palesi una correzione al ribasso del titolo TIM, sotto la soglia psicologica di € 0,30 per azione.

Implicazioni e investitori

Key4biz. Quali sono le implicazioni?

Francesco De Leo. Ciò che più colpisce è che TIM, in termini di “guidance”, non esprima menzione alcuna dell’impatto della pandemia sul proprio conto economico. In larga misura, le principali aziende tecnologiche quotate si sono preoccupate nei mesi passati di aggiornare le proprie proiezioni sia in termini di mercato, che di fabbisogno finanziario.

È difficile spiegare perché’ TIM non abbia fatto lo stesso, cogliendo l’occasione di riparametrare le attese dei mercati: un’occasione persa. Se non mi sbaglio, l’ultima conference call con gli analisti puntava sull’accelerazione del de-leveraging: è possibile che l’unica accelerazione sia quella del declino dei ricavi, in particolare della telefonia fissa.

Key4biz. E gli investitori come si comporteranno?

Francesco De Leo. Gli investitori si stanno preparando ad una transizione lunga probabilmente di 2/3 anni, convinti che gli effetti del COVID sull’economia risulteranno in una progressiva de-globalizzazione, che metterà a dura prova la capacità di generazione di cassa e l’accesso alla liquidità sui mercati.

Tutto questo impatta irrevocabilmente sui programmi di investimento delle telco europee: il 5G sta subendo un rallentamento in fase di deployment anche per la guerra commerciale fra Stati Uniti e Cina che impedirà a Huawei e ZTE di partecipare al 5G in Europa. Si stima un ritardo di 2-3 anni, che impatterà sulla capacità delle telco di creare nuove fonti di ricavi. E TIM, che viene da un periodo difficile, non si può sottrarre a questo scenario.

In Italia

Key4biz. Quindi che impatto prevede in Italia?

Francesco De Leo. Con ricavi inesorabilmente in decrescita e senza poter offrire una tabella di marcia precisa per il rollout del 5G, gli analisti dovranno rivedere al ribasso le stime sui ricavi di TIM, sui suoi margini, e sulla capacità di assicurare una ragionevole stabilità alla propria generazione di cassa.

Volatila’ dei ricavi e profilo di rischio sono le due criticità fondamentali di cui TIM soffre più della media dei suoi comparable in Europa.

Key4biz. La Rete Unica può essere una soluzione?

Francesco De Leo.  Solo pochi giorni fa due dei top manager che hanno avuto ruoli apicali in TIM, Franco Bernabè (ndr. Ex Presidente Esecutivo) e Massimo Sarmi (ndr. Ex Direttore Generale) hanno offerto due visioni agli antipodi della Rete Unica. Fatto in una certa misura inusuale: questo probabilmente ha contributo ad inserire nel quadro complessivo ulteriori elementi di incertezza. Non è il caso di soffermarsi sulla querelle che ne è seguita, ma se si legge la risposta dei mercati pare che abbiano dato ragione a Franco Bernabè.

Il problema è che ad oggi si contano più di 12 tentativi in 10 anni di approdare alla Rete Unica: il timore degli analisti è che questo sia il 13, ma che il risultato, in termini oggettivi non cambierà di molto.

Key4biz. Perché dovrebbe essere cosi?

Francesco De Leo. Il timore, si potrebbe dire, è che la Rete Unica sia utilizzata come un’Arma di Distrazione di Massa (Weapon of Mass Distraction). Anziché’ concentrarsi sui problemi strutturali del conto economico di TIM e del suo posizionamento competitivo, si distoglie l’attenzione ponendo sul tavolo un problema che risente di molte variabili esogene, ben al di là del controllo dei singoli attori presenti in partita, ovvero TIM, i suoi competitor, il Governo (MEF e MISE), le Authority (AGCOM, Antitrust) e la Commissione UE. Quando lo scenario diviene strutturalmente complesso e instabile, gli investitori chiedono focus, ovvero concentrazione, e una forte catena di comando e controllo: oggi questo non sembra essere il caso di TIM.

Il ruolo del Governo

Key4biz. Che ruolo può svolgere il Governo?

Francesco De Leo. Tutto questo avviene in un contesto legato allo scenario post-COVID, che richiede un ripensamento di base del ruolo delle infrastrutture e dei compiti e responsabilità del Governo.

La pandemia ha fatto emergere la necessità che il Governo sia posto nelle condizioni di promuovere un ammodernamento delle infrastrutture chiave del Paese, per assicurarne una maggiore resilienza. In uno scenario caratterizzato da profondi squilibri strutturali e nuove forme di fragilità sistemiche, la resilienza è tornata ad essere centrale.

Key4biz. E quindi?

Francesco De Leo. E quindi, c’è da porsi un semplice quesito. Siamo proprio sicuri che la Rete Unica sia la soluzione? O piuttosto, in un’ottica di maggiore prudenza e realismo, sarebbe opportuno immaginare che il Paese sia dotato di due reti, per metterlo in sicurezza a fronte di vulnerabilità di sistema che richiedono ridondanza di risorse di rete per garantire la “business continuity” e il funzionamento dello Stato, nel contesto di scenari di pandemia presenti e futuri?

Ricordo che 15 Settembre 2008, il giorno del default di Lehmnan Brothers, ero stato invitato da tenere il keynote speech alla conferenza annuale della IEEE a San Diego in California. In quell’occasione il centro del mio intervento era legato alla necessità di integrare le reti di distribuzione dell’energia alle reti di telecomunicazioni.  

Sono passati 12 anni e oggi più di ieri le telco sono rapidamente diventate altamente “energivore”: sono, de facto, i maggiori clienti delle power-utilities.

Occorre assicurare che abbiano a disposizione una rete di distribuzione di energia capillare e resiliente, a prezzi competitivi: tutto questo è ancora più necessario in un’ottica di reti di nuova generazione in ambito IoT (Internet of Things).

Rete unica e ruolo nelle tlc

Key4biz. Ma, quindi, la Rete Unica, che ruolo gioca nel riassetto del sistema delle telecomunicazioni in Italia?

Francesco De Leo. Sarebbe auspicabile che non si stia parlando di Rete Unica come si è fatto ormai da 10 anni, senza che si siano registrati risultati degni di nota. Le reti di nuova generazione sono profondamente diverse, sia in termini di architettura strutturale che di topografia: in un’ottica di “edge computing” l’intelligenza di rete non è più centralizzata, ma si sposta ai confini esterni della rete. E ad oggi, stando alle informazioni pubblicamente disponibili, non pare vi sia accenno a come si stia valutando di indirizzare lo sviluppo della Rete Unica.

Key4biz. E quindi, quali sono le attese dei mercati?

Francesco De Leo. La preoccupazione generalizzata è che vengano prese delle decisioni che non tengano in conto la realtà attuale dell’evoluzione delle reti e le direttive espresse dal Parlamento italiano attualmente in carica, e dalla Commissione Europea. Se dovessero emergere delle forzature, come nel caso in cui il modello non sia “WholeSale only”, si prevede che la Commissione UE interverrà nel corso dei prossimi due anni, di fatto smontando l’architettura della Rete Unica. Con questo si determinerà uno stato di incertezza e un ritardo difficilmente recuperabile nel tempo, tale da ricondurre il Paese in uno stadio di congenita arretratezza infrastrutturale, rispetto alla media europea. E si sa che i mercati non vedono con favore un quadro incerto e possibilmente volatile.

Scenari

Key4biz. Ma qual è la direzione che si dovrebbe prendere, considerate le incertezze dello scenario attuale?

Francesco De Leo. La crisi legata al COVID è strutturale e pertanto tende a rendere maggiormente visibili i reali valori in campo e mette in moto un processo di selezione darwiniana che colpisce i settori e le aziende più deboli. Purtroppo, TIM viene da molti anni difficili e da 4 amministratori delegati in 6 anni. È chiaro che soffra più di altre realtà del settore.

Quello che i mercati chiedono è maggiore “focus”, concentrazione, in modo particolare sulla telefonia fissa, che è il reale motore della generazione di cassa di TIM. In uno scenario recessivo per l’impatto del COVID, è risaputo come sia la telefonia fissa l’elemento chiave per mantenere maggiore resilienza nella generazione di cassa.

Si direbbe che in TIM il focus sia stato sul 5G, che ritarderà di 2/3 anni, e sulla telefonia mobile. Purtroppo, nonostante i molti tentativi, ad oggi non è chiaro che ci sia un’inversione di tendenza nell’arrestare il declino di ricavi e margini: sono passati 15 trimestri consecutivi e non vi è evidenza che si sia in presenza di un effettivo turnaround.

Key4biz. Cosa può succedere, ora?

Francesco De Leo. In genere, ci sono tre “triggers” che si palesano in contesti simili a quello che sta attraversando TIM: per ricreare una nuova equity story occorre prevedere:

1) un cambio di assetto di governo dell’azienda (governance),

2) una nuova direzione strategica,

3) e da ultimo, un cambio di management.

Non è da escludere che possano intervenire tutti e tre questi fattori contemporaneamente.

Rete unica: il ruolo di CDP

Key4biz. E quindi che ruolo potrebbe avere CDP?

Francesco De Leo. Ritengo che sia assolutamente legittimo che il Governo insieme con CDP decida di affrontare il tema come uno degli snodi chiave del rilancio del Paese in uno scenario post-COVID.

È quindi utile ed auspicabile che vi siano passi in questa direzione, anche considerando che sarà necessario nel breve termine aprire ad un aumento di capitale di dimensioni importanti.

CDP è entrata nel capitale di TIM ad aprile 2018 con una partecipazione del 4,99% del capitale ad un prezzo intorno a € 0,80 per azione.  Oggi ha una partecipazione prossima al 10% del capitale, con un prezzo di carico intorno ai € 0,64.

Con un prezzo attuale delle azioni TIM che oscilla fra € 0,34 e € 0,35, è legittimo che CDP miri a svolgere un ruolo da investitore attivo, per proteggere il valore della propria partecipazione.

Key4biz. Ma in termini di investimenti strutturali, a cosa guardano i mercati?

Francesco De Leo. È chiaro che sia in corso una “market rotation” che privilegia investimenti strutturali, con un focus specifico, come nel caso delle torri della telefonia mobile, una nuova asset class che riscuote il favore degli investitori.

Cellnex Telecom, che è stata quotata alla Borsa di Madrid il 7 Maggio 2015, oggi capitalizza 22 miliardi di euro, ovvero quasi 3 volte e mezza TIM e pesa più di Telefonica sull’IBEX: attualmente è impegnata a lanciare un aumento di capitale di 4 miliardi di euro che non trova difficoltà a raccogliere l’interesse degli investitori. TIM dovrà porsi l’obiettivo di fare altrettanto.

Vivendì

Key4biz. Ed il ruolo di Vivendi?

Francesco De Leo. Vivendi è uno degli attori chiave nel contesto competitivo globale: ha risorse e talenti che possono essere messi in gioco. Il Gruppo francese è stato posto in posizione di minoranza in Consiglio di Amministrazione di TIM, pur essendone il primo azionista con il 23,9% del capitale, avendo investito complessivamente 4,2 miliardi di euro, con un prezzo di carico intorno a 1,14 euro.

Negli ultimi due anni non ha realisticamente avuto modo di esprimere un indirizzo, in termini di governance. Non c’è più tempo di sindacare sulle ragioni di queste scelte. Ma, sarebbe auspicabile che, a fronte di una crisi strutturale legata ad una pandemia senza precedenti, si proceda nel rilancio di TIM coinvolgendo tutte le risorse disponibili.

È necessario superare le divisioni emerse in passato, per raggiungere rapidamente un consenso sugli obiettivi di rilancio di TIM e del Paese.

Ho conosciuto Vincent Bollore a Parigi, quando in Telecom Italia studiavamo l’ingresso nel capitale di Bouygues Telecom: sono convinto, che dopo due anni di silenzio e attesa, anche Vivendi si metterà a disposizione per fare la sua parte.

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