Con sentenza del 17/03/2020 (n.03316), Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda Bis, ha chiarito che qualsivoglia sistema di videosorveglianza installato presso una via “aperta” al pubblico (seppur privata) bisogna di espressa autorizzazione dell’Amministrazione Comunale, in mancanza della quale può essere immediatamente sospeso il trattamento dei dati e ordinata la rimozione dell’apparato di videosorveglianza.
Presupposto per tale regola è che la rete stradale sia aperta al pubblico transito facendo sorgere in capo al Comune il diritto di gestirla poiché assoggettata a servitù di uso pubblico (“dicatio ad patriam”).
Ne discende che le aree sottoposte a “pubblico” passaggio possano essere video sorvegliate solo tramite impianti gestiti dal Comune.
Infatti, solo alla Pubblica Amministrazione territoriale è demandato il fine della prevenzione dei reati e del controllo del territorio per la tutela della sicurezza urbana secondo quanto stabilito dalle regole in materia di protezione dei dati personali dettate dalla direttiva 2016/680 (direttiva Polizia).
Pertanto, a tale tipo di trattamento non si applicano le regole del Regolamento europeo 2016/679 (GDPR) anche laddove siano i privati ad installare telecamere rivolte verso aree pubbliche, posto che in tal caso occorre sempre un accordo formale con il Comune con cui questi sia indicato quale unico ed esclusivo gestore dell’impianto di videosorveglianza e che provveda al trattamento dei dati nei richiamati fini di polizia e consentendo così alle forze di Polizia locali di avere l’accesso esclusivo alle telecamere installate per motivi di sicurezza.
Invero, l’installazione di impianti di videosorveglianza da parte di privati è consentita solo in rapporto all’area di stretta pertinenza della proprietà privata, on esclusione di aree pubbliche o soggette al pubblico transito, per le quali, invece, l’installazione di impianti del genere compete al Comune per le finalità di prevenzione e tutela della pubblica incolumità.