L’economia digitale è la grande opportunità che può consentire il rilancio dell’Italia e il rafforzamento delle aspettative di futuro dei giovani. Digitalizzazione della PA, rilancio del made in Italy, focus sull’innovazione, sono le carte su cui puntare per attrarre investimenti esteri, ridare fiducia, spargere quell’ottimismo di cui abbiamo tutti bisogno.
Ne abbiamo parlato con Ernesto Carbone, parlamentare e da settembre 2014 membro della segreteria del PD, con delega a Innovazione, PA e Made in Italy. Avvocato, 40 anni, vive fra Roma e Bologna (ma pensa in calabrese, come ama dire). Ha lavorato più volte per i governi che si sono succeduti negli ultimi anni e al Parlamento europeo. Nel 2013 è stato eletto alla Camera dei Deputati ed è membro della Commissione finanze. Lo abbiamo incontrato in Parlamento e questa è l’intervista che è scaturita dal nostro incontro.
Key4biz. Cambiamento è la parola del momento, contrapposta a recessione. Come coniugare la prima senza farsi trascinare in basso dalla seconda?
Ernesto Carbone. Il governo ha avviato un radicale processo di modernizzazione del Paese. E’ un percorso inevitabilmente complesso, ma senza un cambio di passo sarà difficile voltare pagina e i processi appena avviati indicano la persistenza in molti casi di uno scontro tra vecchio e nuovo, tra privilegi del passato destinati a impoverire i contesti nei quali si sono sviluppati e la forza di chi vuole scommettere sul futuro.
Key4biz. Qual deve essere concretamente secondo lei la chiave di volta di questa strategia?
Ernesto Carbone. Difficile indicarne una. Ridaremo slancio all’Italia solo se saremo in condizione di riavviare un processo di fiducia, che solleciti investimenti, innanzitutto esteri, e che valorizzi tutto ciò che ancora i mercati esteri ci invidiano: qualità dei prodotti, amore per il bello, creatività, flessibilità.
Ma perché ciò avvenga è necessario dare un volto nuovo alla Pubblica Amministrazione, assicurare tutto ciò che chiedono cittadini e imprese. Occorrono servizi efficienti e meno costosi, semplificazione burocratica, giustizia celere, trasparenza delle procedure come antidoto anche alla morsa della criminalità organizzata che in qualche caso ha un controllo preponderante su pezzi di territori locali.
Key4biz. Il Made in Italy ha rappresentato per anni il nostro fiore all’occhiello, ora sembra non andar più di moda e si è trasformato in terra di conquista per marchi esteri…
Ernesto Carbone. Molti marchi italiani sono stati acquisiti da investitori esteri, è vero. Ma non getterei cattiva luce su questi passaggi di mano. Ciò che conta è costruire valore, assicurare occupazione, allargare le competenze, tutte cose che in molti casi sono assicurate. E’ vero che chi acquista può volerlo fare per eliminare un concorrente scomodo o per valorizzare le nuove risorse appena acquisite, assieme a competenze e portafogli clienti. Francamente credo che questa seconda prerogativa sia più forte.
L’intero settore della produzione italiana di qualità è legata spesso ai territori in varie forme, dai caratteri geoclimatici per l’enogastronomia, agli ecosistemi locali di competenze come quelli della meccanica nell’area emiliano-romagnola. No, credo che l’arrivo di investitori esteri debba essere guardata positivamente perché conferisce risorse, reti distributive più efficienti dei prodotti, vision più internazionali e più aperte al nuovo. Fondamentale è la digitalizzazione della supply-chain, l’Agenzia delle Dogane sta facendo un ottimo lavoro su questo versante, con una piattaforma digitale per ottimizzare il flusso delle merci riducendo i costi legati alla logistica, stante una carenza infrastrutturale, che invece va risolta sul medio-lungo periodo. E’ un esempio che vede l’incontro proficuo della diffusione del Made in Italy, dell’innovazione e del ruolo della PA.
Key4biz. Quanto pesa a suo modo di vedere la riforma della PA e la sua digitalizzazione?
Ernesto Carbone. Riformare la Pubblica Amministrazione è la madre di tutte le battaglie per la modernizzazione del Paese. Ma per riformarla occorre far affermare procedure digitali in ogni passaggio del rapporto tra la Pubblica Amministrazione da un lato e i cittadini e le imprese dall’altro. Occorre però una profonda azione di discontinuità per sbaragliare le resistenze che impediscono il nuovo. A volte non abbiamo neanche la percezione di ciò che diciamo, e quando l’Agenzia delle Entrate ci invierà la dichiarazione precompilata ci renderemo conto della portata storica di questa innovazione. Senza parlare poi dell’integrazione tra anagrafe tributaria e altre banche dati a fini antievasione.
Key4biz. Quali resistenze?
Ernesto Carbone. Vi sono le resistenze di coloro che temono di perdere piccoli privilegi o il potere di interdizione su procedimenti amministrativi. E’ un argomento delicato perché dietro il rallentamento di procedure e di pratiche si annida in qualche caso il germe della corruzione di alcuni uffici. Poi, su un versante del tutto differente, ci sono le resistenze degli stessi sindacati, i quali temono che dietro la digitalizzazione della PA si possano nascondere i ridimensionamenti degli organici. Un errore sostanziale.
Key4biz. Secondo alcuni la trasparenza amministrativa infastidirebbe anche la criminalità organizzata. E’ un’ipotesi plausibile?
Ernesto Carbone. Il problema non è irrilevante e ha elementi di fondatezza. Una PA completamente digitalizzata assicurerebbe un tracciamento millimetrico di tutte le commesse pubbliche, individuerebbe subito i rallentamenti e i blocchi, classificherebbe subito i fenomeni che ostacolano efficienza ed efficacia. In questo senso, chiunque voglia riformare la PA in chiave totalmente digitale avrà contro tutti coloro che lucrano sulle commesse pubbliche allungate nel tempo, sulle varianti in corso d’opera ingiustificate, sui lavori bloccati senza ragione o che senza ragione fanno ricorso a sotterfugi sostenuti da inesistenti stati emergenziali artatamente creati e così via.
Key4biz. Come individuare i nemici del nuovo?
Ernesto Carbone. Con una PA digitale tutto è più facile sotto questo profilo, più facile e aggiungerei trasparente. Le faccio un esempio semplicissimo. Una volta il meccanico doveva “sentire il motore” per individuare il guasto. Oggi lo stesso meccanico fa la diagnosi elettronica col computer che individua in pochi secondi il guasto, lo localizza e suggerisce tutte le azioni per ripristinare il perfetto funzionamento dell’auto. Una PA digitalizzata è come il checkup automobilistico elettronico: segnala in tempo reale i nodi del sistema dove ci sono inceppamenti del sistema, disfunzionalità o interruzioni di efficienza. Il digitale è come un gigantesco antivirus che individua immediatamente il malware che non fa funzionare l’amministrazione.
Key4biz. E allora cosa fare?
Ernesto Carbone. Non vorrei sembrare superficiale, ma il “cosa fare” mi sembra fuori discussione. L’Italia può sbaragliare i problemi atavici che ne frenano la rinascita proprio con una PA tutta digitale. Uno Stato digitalizzato nella sanità, nella giustizia, negli uffici della burocrazia centrale e periferica è uno Stato veloce, che risparmia risorse e che può individuare subito i nodi di ogni procedura che non stia al passo con le esigenze dei cittadini e delle imprese di una società moderna.
Infine vanno coinvolti gli stessi dipendenti della pubblica amministrazione, che devono essere i veri “portatori sani” del cambiamento.
Key4biz. Con quale calendario d’azione?
Ernesto Carbone. Il modo più efficace è quello di dare una scadenza di spegnimento per le vecchie procedure, con una data ultima di switch-off oltre la quale non ha alcun diritto di cittadinanza la procedura analogica attuale. Una prospettiva del genere non deve spaventare. Un piccolo paese europeo come l’Estonia, che ha ancora il 60% delle strade non asfaltate, ha abolito la carta in quasi tutte le procedure amministrative della PA e gli stessi incontri del governo si fanno solo usando tastiere e tablet, senza che circoli un solo documento cartaceo.
Key4biz. Sembrano cose da nord Europa, potrebbe osservare qualcuno….
Ernesto Carbone. No. Noi abbiamo già fatto qualcosa del genere. Con lo switch-off del digitale terrestre abbiamo fatto qualcosa di straordinario che nessun paese europeo ha fatto. Del resto quei paesi non avevano bisogno di farlo, perché in Europa la TV viaggia quasi sempre per cavo o satellite, per loro natura già digitali. Ma in Italia siamo stati capaci di far spostare 60 milioni di italiani da una piattaforma televisiva analogica ad una digitale. E’ stato come aprire le acque del Mar Rosso e far attraversale il letto del mare da una marea di milioni di telespettatori, con un’operazione di migrazione tecnologica senza precedenti. La stessa cosa si può fare per la PA digitale, che riguarda peraltro “soltanto” poco meno di 4 milioni di addetti negli uffici centrali e periferici.
Key4biz. Il problema potrebbe però riguardare a questo punto milioni di cittadini che purtroppo hanno ancora difficoltà ad usare il computer…
Ernesto Carbone. Non mi pare una buona ragione per rallentare un processo di rinnovamento. E poi dobbiamo rimuovere in fretta questi ostacoli, ma facendo in modo ovviamente di non lasciare indietro nessuno. Facciamo negli uffici ciò che si fa quando si installano le biglietterie automatizzate. I cittadini si rivolgono già alla PA recandosi di persona presso gli uffici. I cittadini online useranno internet per dialogare con la PA, il che alleggerirà la pressione di pubblico negli uffici, mentre chi avrà difficoltà ad usare il computer potrà recarsi sempre presso gli uffici della PA, potendo contare su impiegati che compilano le richieste online per suo conto. Una forma di assistenza simile a quella dell’hostess di Alitalia davanti alla macchina del check-in elettronico in aeroporto.
Key4biz. Si parla molto di startup, parola molto di moda, ma come sviluppare innovazione, nuove idee, imprenditoria?
Ernesto Carbone. Chi è vicino ai giovani tocca su questi temi un entusiasmo senza pari. Costruire processi concreti è però altra cosa. Abbiamo ottime università che insegnano e in qualche caso producono innovazione attraverso spin-off di prestigio. Ma non basta. Ci manca quell’ecosistema da tutti invocato, ma difficile da trovare: ci manca un sistema della PA che aiuti le nuove imprese, un sistema bancario che le finanzi e così via. Molte startup decidono di “espatriare” con un costo enorme per il nostro paese, che ha impiegato risorse per formare giovani che vanno a rendere profittevoli le loro idee all’estero.
Ma allo stesso tempo ci manca essenzialmente una mentalità d’impresa nuova, che dobbiamo sviluppare velocemente. Non è tollerabile veder fiorire in tutta Italia, sulla scia della moda del momento, premi sull’innovazione di poche migliaia di euro solo per disseminare qualche prebenda. Se vi sono idee di valore che possono sfondare dobbiamo pensare di far giungere loro cifre importanti a sei zeri. Premiare un’idea innovativa con appena qualche migliaia di euro vuol dire che quell’idea d’impresa vale proprio quell’importo, nulla di più. Infine ci manca ancora quel sistema di scouting capace di finanziare 10 imprese innovative in modo sostanzioso, sapendo che 9 falliranno, ma che l’unica che ce la farà dovrà fare tanti di quei soldi da finanziare anche le ingenti perdite delle altre 9 che non ce l’hanno fatta.
Key4biz. Ce la farà a vincere l’Italia digitale o prevarrà l’Italia analogica?
Ernesto Carbone. Quella che lei indica è la partita del cuore. Non usciremo dalle secche della recessione se non porteremo a casa questo risultato. E’ un obiettivo della mia parte politica, del governo e, credo, del Paese in generale. Uno degli strumenti per razionalizzare la spesa e perseguire obiettivi coordinati è l’Agenzia per l’Italia Digitale (Agid), che deve procedere speditamente, con un percorso chiaro, pubblico e condiviso, per assicurare al più alto livello possibile quell’inclusione necessaria agli obiettivi più alti. Senza rivoluzione digitale, da fare in tutta velocità, senza se e senza ma, non supereremo lo stato di crisi e di arretratezza rispetto ad altre aree avanzate del mondo. Dobbiamo correre, cambiare, aprirci al nuovo. E quest’obiettivo non ha alternative.