Per essere competitiva, l’industria deve attirare e mantenere una manodopera qualificata. Man mano che la duplice transizione, “digitale e verde”, procede più speditamente, l’Europa dovrà assicurare che l’istruzione e la formazione continuino a stare al passo.
Come si legge nella Comunicazione all’Europarlamento della Commissione europea, diventerà ancora più importante assicurare che tutti usufruiscano dell’apprendimento permanente: “solo nei prossimi cinque anni, 120 milioni di europei dovranno aggiornare le proprie competenze o riqualificarsi”.
Competenze digitali e futuro dell’economia, arriva l’Eu Code week 2020
Si stima che il passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio creerà oltre 1 milione di posti di lavoro entro il 2030, mentre sono già 1 milione in Europa i posti vacanti per esperti di tecnologie digitali.
Allo stesso tempo, il 70 % delle imprese lamenta di dover rinviare gli investimenti per mancanza di personale in possesso delle competenze richieste.
A riguardo, partirà domani 8 ottobre l’edizione 2020 della Settimana europea della programmazione, con l’obiettivo di promuovere dal basso, cioè coinvolgendo giovani e adulti di ogni Paese dell’Unione, un percorso di formazione per le competenze digitali e la cultura tecnologica.
Un’iniziativa centrale per il futuro dell’Unione europea (Ue), “che ispira persone di tutte le età a conoscere la programmazione, i computer e molte attività tecnologiche”, ha affermato in una nota Mariya Gabriel, Commissaria per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e i giovani.
“Vogliamo raggiungere milioni di persone in tutta Europa e aiutarle a familiarizzarsi con la tecnologia, ad acquisire le competenze giuste e ad emanciparsi grazie all’apprendimento digitale”, ha aggiunto la Commissaria.
L’anno scorso, hanno partecipato alla Settimana europea della programmazione circa 4,2 milioni di persone da 80 paesi in tutto il mondo.
Il Cantiere italiano delle Pmi
Proprio su competenze, formazione e transizione digitale e verde è stata centrata la nuova iniziativa “Cantiere PMI” del ministero dello Sviluppo economico, pensata per rendere più competitive le piccole e medie imprese italiane (Pmi) e garantire un percorso lavorativo di crescita agli occupati.
I tavoli di lavoro previsti dal Cantiere andranno a toccare argomenti centrali per il presente e il futuro del nostro Paese, hanno precisato in una nota i Sottosegretari Gian Paolo Manzella e Alessia Morani, “come promuovere cultura di impresa nelle scuole e nelle università, nonché sostenere la transizione digitale e quella green. Lavoreremo, quindi, su proposte per rafforzare le filiere, sostenere la patrimonializzazione delle PMI, portare al loro interno competenze”.
Il Fondo nuove competenze
Nella giornata di ieri, dal profilo ufficiale facebook della ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, è infine giunta la notizia di un nuovo “Fondo nuove competenze” da 730 milioni di euro per “la rigenerazione del tessuto produttivo italiano, attraverso un primo grande investimento nella formazione e nella riqualificazione del nostro capitale umano”.
Entro il 31 dicembre, tramite sottoscrizione di un accordo collettivo, le imprese potranno offrire ai propri dipendenti un percorso formativo efficace teso a migliorare conoscenze, abilità e competenze nell’era della doppia transizione verde e digitale.
Ogni lavoratore potrà sfruttare un modulo formativo di massimo 250 ore. Per permettere al singolo dipendente di accedere al percorso è necessario che le imprese, di ogni dimensione e di ogni settore, si organizzino per rimodulare temporaneamente l’orario di lavoro, ricavando la giusta parte da dedicare alla formazione e alla riqualificazione.
Il Fondo, si legge sul Sole 24 Ore, è stato istituito presso l’Anpal, con una dotazione finanziaria che dovrebbe arrivare a coprire l’interno 2021.
All’erogazione del contributo, che è prevista scattare con cadenza trimestrale, penserà l’Inps.
I limiti del nostro Paese
Nel nostro Paese, però, il quadro generale rimane sconfortante. In attesa che queste due iniziative portino a dei risultati concreti, oltre gli annunci e le promesse, l’Italia mostra carenze di competenze digitali piuttosto gravi.
Stando al Rapporto DESI 2020, strumento utilizzato dalla Commissione Ue proprio per monitorare il progresso della trasformazione digitale a livello economico e sociale in ogni Stato membro, solo il 42% dei cittadini di età compresa tra 16 e 74 anni possiede delle competenze digitali di base contro il 58% della media europea.
Una carenza grave, come detto, perché alla base individua un uso limitato di internet e dei servizi online da parte della popolazione. Si consideri, che ancora un 17% dei nostri concittadini non ha mai utilizzato ne la rete, ne le sue applicazioni.
Una criticità seria che si riflette anche nel mondo delle imprese, con solo il 10% delle Pmi italiane che sfrutta piattaforme e siti ecommerce per vendere online, contro il 18% della media europea.