Rubrica settimanale SosTech, frutto della collaborazione tra Key4biz e SosTariffe. Per consultare gli articoli precedenti, clicca qui.
Ammettiamolo: per molti di noi, prima della pandemia, le videochiamate erano solo una scocciatura barocca – la strampalata idea d’un amico insistente, l’unico modo per far vedere i nipotini alla nonna per una frazione di secondo prima che scappassero per andare a giocare, una cosa da innamorati adolescenti – o da più maturi amanti. Nell’epoca di Instagram e dei filtri, dei cento selfie cancellati prima di trovare quello giusto, con lo sguardo intenso ma non troppo e l’ombreggiatura ideale degli zigomi, il pensiero di mostrarci in video così, senza pudore, e magari mentre siamo impegnati a fare tutt’altro, ci sembrava nel migliore dei casi sgradevole; tendente al distopico, nel peggiore.
Come sappiamo ora la situazione è cambiata. Già a marzo, 200 milioni di persone sul pianeta accendevano FaceTime, Zoom, Teams, Houseparty ogni giorno, correvano ad acquistare webcam su Amazon (non trovandole), cercavano nel cassetto cuffie decenti. Qualche minuto di servizio indisponibile (più che lecito, considerando che i server delle varie aziende hanno dovuto fare i conti con un traffico ben superiore alla norma) era sufficiente per provocare panico e sgomento e petizioni online e generici insulti luddisti, ovviamente sui social. Quando Zoom ha fatto le bizze, si è dovuta interrompere perfino una conferenza stampa di Downing Street, di fronte a una platea di giornalisti imbarazzati.
Abituarsi alla webcam: abbiamo fatto anche questo
E così anche noi, a malincuore, ci siamo resi conto che le videochiamate non sono poi così male. Sopportabili, se non altro. Abbiamo cominciato con gli aperitivi a distanza, i concerti, e perfino le reunion tra vecchi compagni di classe – una delle attività potenzialmente più terrificanti concepibili dalla perfidia umana – ci sono sembrate accettabili per vincere la solitudine da lockdown. Abbiamo smesso di sederci davanti allo schermo in giacca e cravatta in nome della solidarietà casual. Un patto tacito: sappiamo entrambi che sotto abbiamo i pantaloni del pigiama, tanto vale smettere di fingere. Secondo la dottoressa Linda Kaye, ricercatrice di cyberpsicologia, Internet ha fatto l’impensabile: cioè quello per cui era stato creato. «L’idea del web 2.0 era che la persone fossero agenti attivi su Internet, e in qualche modo questo ora sta accadendo, visto che si usa la rete per la connettività tra le persone, a prescindere da dove si trovino. Sembra che questa tecnologia stia portando avanti un senso di unità, invece di esacerbare le divisioni come pare sia accaduto negli ultimi anni». E per molti, soprattutto gli anziani, le videochiamate sono state il lasciapassare per una ritrovata socialità.
I nuovi investimenti di Telegram e Google
Per questo, nessuno può stupirsi se gli investimenti nel campo delle videochiamate da parte delle aziende stanno aumentando a vista d’occhio. Non tutti hanno sul telefonino gigabyte sufficienti per utilizzare le videochiamate ad alta definizione con regolarità, e poi può esserci in agguato sempre un momento in cui lo smartphone non prende e la connessione cade; tutt’altro discorso per la relativa stabilità delle connessioni Internet casa, meglio se con la fibra FTTC o FTTH per eliminare qualche problema di sincronia (e parlare sopra al nostro interlocutore, in una riedizione verbale dell’imbarazzo che si prova quando ci si trova qualcuno di fronte sul marciapiede e tutti e due cercano di superare dalla stessa parte). Visto che ormai bastano circa 25 euro per assicurarsi la banda ultralarga – come si può vedere analizzando le offerte sul comparatore di SOStariffe.it – con una spesa di poche decine di euro per auricolari e webcam si ha già la maggior parte degli strumenti necessari per trasformare una camera in un ufficio a distanza.
Così Telegram, dopo sette anni, ha aggiunto le videochiamate su iPhone e su Android (per ora solo tra due utenti alla volta), con la società che ha dichiarato senza mezzi termini: «Il 2020 ha evidenziato la necessità di comunicare faccia a faccia». E Google sta studiando nuove modifiche per Meet, che dovrebbe sempre di più sostituire Duo.
Con le videochiamate spiamo le case altrui (e ci facciamo spiare)
Ma le videochiamate sono anche altro. Sono il modo perfetto per spiare nelle case degli altri – e ti invitano pure loro. Mentre in teoria dovresti guardare il tuo interlocutore, l’occhio vagabonda sui libri negli scaffali dietro di lui. Sulle foto dei familiari. Sulla pianta d’appartamento in un angolo (come avrà fatto a farla crescere così bene?). Secondo una ricerca della piattaforma Nosto, il 51% dei consumatori USA e del Regno Unito ha dichiarato che il periodo di lockdown li ha spinti a investire di più nell’arredo di casa, rendendolo più confortevole e bello da vedere; il 36% ha preso ispirazione proprio dalle videochiamate con amici e parenti.
Una tendenza che forse si attenuerà, ma che non scomparirà del tutto. Fino a sei mesi fa davamo per scontato il trascorrere fuori dalla mura di casa la maggior parte della nostra vita, ora ci rendiamo conto che per molti di noi saranno lo studio, il salotto, la camera da letto a diventare un ufficio o un’aula scolastica, e chissà ancora per quanto. Sempre grazie allo studio di Nosto si calcola che il 55% si aspetta di trascorrere più tempo a casa o in giardino anche quando i lockdown diventeranno – si spera – un ricordo del passato.
Anche le manie sulle quali abbiamo ironizzato in questo 2020, come la panificazione casalinga, fanno parte di questo atteggiamento mentale: trasformiamo la casa non soltanto nel luogo dove si cena e si dorme, ma un ambiente confortevole, in cui è bello vivere e praticare i propri hobby. E visto che le videochiamate uniscono la possibilità di rimanere a casa con quella di mostrarla, con un po’ di vanità, alle persone care (senza i rischi di un invito a cena), è lecito aspettarsi che diventeranno sempre più un indispensabile supporto sociale. Il 40% degli intervistati ha detto di essersi sentito a disagio durante le lunghe sessioni di Zoom o di Meet, o perlomeno di aver pensato “che cosa staranno guardando, gli altri, di casa mia?”, malgrado innumerevoli esperimenti di angolazione e inquadratura. E così la soluzione è stata precipitarsi Amazon (52%), Google (45%) o YouTube (34%) per vedere o acquistare un vaso nuovo, un quadro, o una riga di libri Adelphi con dorso in colori pastello.
Fonti
https://www.wsj.com/articles/admit-it-you-do-laundry-during-work-video-calls-11597246242
https://www.statista.com/chart/21268/global-downloads-of-video-chat-apps-amid-covid-19-pandemic/