Tre leggi affrontano gli aspetti fondamentali della gestione delle informazioni digitali: elaborazione, comunicazione e archiviazione. La prima è la legge di Moore: ogni 18 mesi, il computer avrà il doppio del potere di elaborazione delle informazioni.
La seconda legge si chiama la legge di Butter. Dichiara che la quantità di dati trasmessa attraverso una singola fibra ottica raddoppia ogni nove mesi. C’è una variazione di questa legge per altri mezzi di comunicazione, sia wireline come ADSL, VDSL o wireless come 3G, LTE e più recentemente, 5G.
La terza legge è chiamata legge di Kryder. Questa legge esamina l’archiviazione del disco rigido e afferma che la quantità di dati memorizzati per centimetro quadrato su un disco fisso raddoppierà ogni 13 mesi. Almeno, questo era il caso alla fine degli anni ’90 e primi anni 2000, quando Mark Kryder formulò la sua osservazione. La tendenza è in realtà rallentata: raddoppiare ogni 16 o 17 mesi.
Quindi la tecnologia si sviluppa rapidamente. Tuttavia, poiché l’intuizione umana è abituata a vedere sviluppi lineari, si tendie a sottovalutare sempre i progressi. Non sorprende, quindi, che le aziende tendano anche a sottovalutare o addirittura a essere totalmente cieche all’impatto della tecnologia digitale. Se le aziende sviluppano linearmente e la tecnologia evolve in modo esponenziale, esiste uno scarto tra i due, un divario tra il valore reale prodotto dall’azienda e cosa sarebbe possibile in termini di tecnologia. E questo divario si allargherà molto rapidamente nel tempo.
Il divario è spesso colmato da startup innovative che utilizzano la tecnologia per soddisfare le esigenze dei clienti in un modo molto diverso. Aziende come Kodak, Nokia o Blockbuster hanno pagato un prezzo pesante per tale sottovalutazione. L’aumento esponenziale della potenza di elaborazione, della larghezza di banda della comunicazione e della capacità di archiviazione sono le fondamenta tecnologiche della trasformazione digitale di oggi.
L’architettura di settore nel suo complesso si è trasformata negli ultimi anni; e cioè come i player di un settore si sono organizzati per fornire valore aggiunto agli utenti finali, includendo nei player: concorrenti, fornitori, distributori e player delle industrie adiacenti. L’architettura del settore gioca un ruolo fondamentale nel definire la struttura aziendale, i processi e in definitiva la strategia aziendale. Storicamente, l’architettura usata per descrivere l’organizzazione del business in uno specifico settore era la catena del valore, integrata verticalmente. In questo modello, un settore può essere visto come una successione di fornitori, produttori e distributori che nel complesso, trasformano l’input grezzo in materiale pronto per il mercato.
Una azienda integrerebbe in genere più passaggi nella catena del valore per diventare un membro di un oligopolio con un paio di altri concorrenti verticalmente integrati. L’integrazione verticale era la giusta risposta strategica alla gestione del flusso di merci e informazioni. C’erano due ragioni per questo. In primo luogo, i costi di transazione erano alti. Una società richiedeva molte risorse e tempo per orchestrare la sua catena del valore, per coordinarsi con più fornitori, distributori, per comprendere quale fosse il prezzo migliore o i giusti standard di qualità. Pertanto, meno transazioni lungo la catena del valore comportavano costi inferiori e un time to market più rapido. La seconda ragione è che in molte industrie, il vantaggio competitivo era guidato dalla economia di scala. Si può notare che questi motivi riguardano le informazioni: accumulo di informazioni, scambio di informazioni e elaborazione delle informazioni.
Ed è in questo ambito che la tecnologia digitale ha apportato fondamentali cambiamenti. Le tre leggi fondamentali hanno permesso progressi tecnologici trasferiti agli utenti come riduzione dei costi. Così è diventato più economico immagazzinare, elaborare e comunicare informazioni in forma digitale. In termini pratici, è diventato più economico per le aziende controllare direttamente l’inventario dei loro distributori tramite un’integrazione ERP, ad esempio, o per confrontare immediatamente i prezzi tra fornitori attraverso un portale di aste online. Questi sono tutti esempi di calo dei costi di transazione.
Come conseguenza principale di ciò, i collegamenti nella catena del valore integrata verticalmente si sono allentati e hanno iniziato a rompersi consentendo a ogni livello della catena l’esistenza di diversi player indipendenti che interagiscono tra loro e con il resto dei livelli. Indipendenza e interoperabilità hanno permesso a ciascun livello di evolvere con i suoi fattori chiave di successo.
L’evoluzione tecnologica ha cambiato il modello tradizionale di architettura di settore: da una catena del valore verticalmente integrata a una struttura basata su layer in stack.
La struttura dello stack riflette il fatto che i player possono competere su diversi fattori chiave di successo in diversi livelli. In questo nuovo modello, i nuovi player possono confrontarsi con gli incumbent solo su una parte specifica dell’intera catena del valore. Cosa significava per gli incumbent? Significava che il panorama competitivo è cambiato radicalmente. Oltre ai concorrenti tradizionali, gli incumbent possono ora essere attaccati da player più piccoli che prendono di mira solo specifici livelli nello stack del settore. Tradizionalmente, le società di telecomunicazioni erano preoccupate per le altre società di telecomunicazioni. Oggi sono preoccupate per WhatsApp o Netflix.
Sebbene il paradosso di Robert Solow sembrerebbe scoraggiare la scelta di effettuare investimenti in tecnologia (you can see the computer age everywhere but in the productivity statistics) esistono giustificazioni teoriche ed evidenze empiriche per cui tali investimenti siano remunerativi.
Ci sono più studi che evidenziano il beneficio apportato al business di una azienda a seguito di investimenti tecnologici. Le risposte, ovviamente, variano in base all’industria e dipendono dalla posizione di partenza dell’azienda. In una prospettiva di Boston Consulting Group è evidenziata una correlazione positiva tra investimenti tecnologici e margini lordi. Le aziende più performanti tendono ad avere indice di intensità della tecnologia più elevato rispetto alla media del settore. Questi risultati sono in linea con un altro studio di Harvard Business Review focalizzato sull’industria dei servizi finanziari, dove i leader digitali superano i ritardatari digitali nella fedeltà dei clienti e nella crescita delle entrate. Uno studio di Boston Consulting Group ha evidenziato che i leader digitali superano i ritardatari digitali di 13 punti percentuali nella crescita del fatturato annuale.
In fine è opportuno ricordare che alcuni di questi effetti possono essere neutralizzati dall’aumentata complessità generata dalla concorrenza, dalla domanda dei clienti o dal regolamentare.