L’utilizzo del celebre visore di realtà virtuale Oculus è legato all’attivazione di un account personale su Facebook. Senza l’uno non c’è l’altro.
Tanto è bastato all’Antitrust tedesca per avviare due indagini parallele e connesse tra loro.
Le indagini dell’Antitrust
La notizia, ripresa da diversi media e organi di stampa, è stata diffusa ieri dalla Bundeskartellamt o Federal Cartel Office, l’Autorità Antitrust in Germania.
“Collegare in maniera così diretta il prodotto al social network potrebbe costituire una situazione di abuso di posizione dominante, soprattutto da parte di Facebook”, ha spiegato il presidente dell’Autorità nazionale Antirust, Andreas Mundt.
“Obiettivo della nostra indagine è capire in che modo la posizione dominante di Facebook nel nostro Paese possa influire sul mercato emergente della realtà virtuale e come possa condizionarne la libera concorrenza”, ha aggiunto Mundt.
Ricordiamo che Oculus è di proprietà della piattaforma di Mark Zuckerberg dal 2014.
Facebook e i dati personali
Oggetto dell’indagine è anche il trattamento dei dati personali degli utenti, dal momento che sono obbligati ad attivare un profilo su Facebook e non direttamente sulla piattaforma dedicata alla realtà virtuale.
Per tutti quelli che invece avevano già un profilo su quest’ultima, lo possono sfruttare fino al 2023, poi saranno obbligati ad avviare (se ancora non l’avevano fatto) un account su Facebook.
Il modello Oculus in questione, il Quest 2, non è comunque in vendita al momento in Germania. Facebook l’aveva ritirato all’inizio dell’anno dal mercato tedesco per problemi legati alla normativa sulla privacy.
Proprio su questo, a marzo di quest’anno, il social network aveva giocato d’anticipo, rimuovendo il prodotto dal mercato, immaginando così di evitare ulteriori indagini, che invece sono state proprio ieri rese pubbliche degli uffici del Bundeskartellamt.
Guai americani
Anche il Dipartimento di Giustizia americano ha avviato indagini su Oculus in patria, ma relative alle applicazioni legate al visore di realtà virtuale che, secondo quanto riportato in un articolo pubblicato da Bloomberg, sarebbero state “copiate” a piccole aziende operanti nel settore.