“Nel 2015, i mercati delle telecomunicazioni di rete fissa sono stati scossi da due eventi di rottura strutturale: un nuovo piano di intervento pubblico (Strategia Italiana per la banda ultralarga); l’ingresso di Open Fiber sul mercato. Questi due eventi hanno favorito l’avvio di forme di concorrenza infrastrutturale, nelle città dove avanzava la copertura della nuova rete Ftth (fiber to the home) di Open Fiber”.
È quanto si legge nella Relazione annuale dell’Antitrust, che sottolinea come, “in linea generale, ogni progetto di coinvestimento su una rete unica dovrà essere vagliato alla luce dell’analisi dell’elemento controfattuale, costituito dai benefici di una concorrenza infrastrutturale nei mercati dei servizi di telecomunicazione di rete fissa. Tale conclusione era, peraltro, anticipata nell’indagine conoscitiva relativa allo sviluppo della banda larga in Italia, conclusa gia’ nel 2014”.
L’Autorità sottolinea che “i benefici derivanti dalla concorrenza infrastrutturale sono stati evidenti. Innanzitutto, in termini di spinta agli investimenti: nel periodo 2014-17, quelli per le infrastrutture di rete fissa sono cresciuti del 45%. In seguito all’ingresso di Open Fiber sul mercato, la maggiore intensità della concorrenza ha consentito di registrare una forte accelerazione nella copertura del territorio con reti a banda ultralarga. Nel corso del biennio 2015-17, la copertura del territorio con reti fisse a banda ultralarga e’ progredita sensibilmente, piu’ che recuperando il divario con la media dell’Unione europea. stato altresi’ riscontrato un deciso miglioramento del grado di copertura delle aree rurali (aree con densità di popolazione inferiore a 100 abitanti per kmq), spesso coincidenti proprio con le cosiddette aree bianche oggetto delle gare Infratel”.
“Lo sviluppo degli investimenti – prosegue la relazione – è stato favorito dall’azione svolta dall’Autorità che, già nel giugno 2017, ha avviato un procedimento nei confronti di Telecom Italia per accertare l’esistenza di un eventuale abuso di posizione dominante, con riguardo alla strategia posta in essere dalla societa’, a partire da dicembre del 2016, volta a preservare l’assetto del mercato, ritardare gli investimenti nelle reti di nuova generazione e impedire lo sviluppo della concorrenza infrastrutturale nei mercati”.
Ripartizione accessi FTTH (elaborazione di Open Fiber su base dati AGCom)
TIM
11,10%
135k utenti
Fastweb
36,50%
445k
Vodafone
25,50%
311k
Wind3
20,60%
251k
Altri
6,30%
77k
In Italia, nel corso del 2019, il rafforzamento della concorrenza infrastrutturale ha portato a un miglioramento del livello di diffusione delle reti di accesso di nuova generazione (NGA) in fibra, anche se permangono gravi ritardi nello sviluppo della banda larga ultraveloce. In questo contesto, non mancano le spinte verso un riassetto della struttura di mercato attraverso operazioni di concentrazione.
Rete unica, “Tutti gli operatori interessati possano accedervi senza discriminazioni per fornire servizi agli utenti finali”
L’attività di enforcement e di advocacy dell’Autorità, si legge nella Relazione, ha costantemente evidenziato l’importanza della concorrenza infrastrutturale e – laddove ciò non sia possibile – la necessità che, in presenza di un’infrastruttura di rete unica, tutti gli operatori interessati possano accedervi senza discriminazioni per fornire servizi agli utenti finali.
In questa prospettiva, continua l’AGCM, i vantaggi del modello dell’operatore all’ingrosso “puro” – ossia la separazione tra chi gestisce l’infrastruttura essenziale e chi eroga i servizi agli utenti finali – sono innegabili, come peraltro dimostra il favor nei confronti di tale soluzione contenuta nella regolazione europea di settore.
5G
Nel settore delle telecomunicazioni, in Italia, come in altri Paesi, si diffondono iniziative di condivisione delle infrastrutture e di coinvestimento, soprattutto per la realizzazione delle reti 5G. Tali accordi possono potenzialmente generare sinergie ed efficienze, ma possono anche avere significative ricadute concorrenziali: si tratta, infatti, di accordi tra operatori concorrenti che hanno tradizionalmente sviluppato e gestito in autonomia le proprie reti mobili. Siffatti accordi possono essere valutati positivamente laddove favoriscano lo sviluppo tecnologico delle infrastrutture, entro i limiti di quanto necessario per realizzare reti migliori e meno costose a beneficio degli utenti e nella misura in cui la cooperazione negli investimenti non favorisca possibili fenomeni collusivi nella fornitura dei servizi o escluda indebitamente i concorrenti. La disciplina antitrust, dunque, non impedisce forme virtuose di collaborazione nell’innovazione, che possono realizzarsi attraverso un attento disegno del perimetro e del contenuto degli accordi in questione.
Allo stesso tempo, gli interventi antitrust possono favorire gli investimenti anche attraverso la repressione delle condotte abusive che potrebbero rallentarli: il processo concorrenziale è, dunque, tutelato sia nella sua articolazione statica (i prezzi) che dinamica (l’innovazione).