Le regioni d’Europa che al momento sono in grado di tenere il passo della transizione digitale sono la Gran Bretagna, la Germania, l’Austria, l’Olanda, la Scandinavia, l’Austria, l’Ile-de-France, con Parigi e altre due province francesi. È questa la mappa generale offerta dallo European Regional Competitiveness Index 2019, l’indice regionale di competitività per l’Europa.
Regione per regione, ogni Paese è confrontato con gli altri in tema di infrastrutture realizzate, con focus sulle reti digitali, la sanità, il mercato del lavoro, l’innovazione tecnologica, i trasporti, le reti di imprese, la rete di distribuzione delle risorse energetiche. L’istruzione/formazione, li livello di efficienza.
I risultati del 2019 mostrano con chiarezza che i livelli più alti di innovazione si raggiungono nelle aree urbane più sviluppate, nei territori delle grandi città che beneficiano di economie basate sull’innovazione tecnologica e digitale, su reti di servizi efficienti, risorse umane ben formate e su migliore connettività.
Londra, Utrecht, Copenaghen, Stoccolma, Parigi, Berlino, Helsinki, Vienna, Lussemburgo, sono le principali città europee in grado di svolgere la funzione di motore economico e dell’innovazione per intere regioni. La loro capacità di attrarre investimenti, imprese, lavoratori e competenze è così forte che tende a riflettersi anche sui territori al di là della propria area metropolitana estesa, dando vita a reti di imprese, risorse e innovazione che in alcuni casi possono coprire ampie fette dei rispettivi Paesi, creando ricchezza, lavoro e innovazione.
È il caso della Germania, dell’Olanda e dell’Inghilterra, le uniche tre realtà che presentano un elevato indice di innovazione e competitività abbastanza omogeneo un po’ su tutto il territorio nazionale. Male il resto d’Europa. Dopo la Francia, che presenta una grande differenziazione al suo interno, con aree avanzate contigue ad altre molto meno sviluppate, la Spagna è generalmente la più arretrata, con le sole eccezioni dell’area di Madrid e di Barcellona, poi l’Italia, che si salva solo per Lazio, Emilia Romagna, Lombardia e Provincia Autonoma di Trento, quindi il resto dell’Europa dell’Est, con le isole di Belgrado e Varsavia.
In Italia, il dato è complessivamente negativo, come detto, se non fosse per il Lazio, che ottiene un punteggio che l’avvicina a quello delle regioni europee mediamente più innovative, sempre in termini di competitività ed innovazione, con un indice di 55,1 contro la media europea di 49,2, arrivando al 163° posto (su 268).
I suoi punti forti sono stati, secondo l’Indice, le infrastrutture, la sanità, le dimensioni del mercato, l’innovazione e la business sophistication, male invece il livello di stabilità economica, l’istruzione, il livello di utilizzo delle tecnologie più avanzate, il mercato del lavoro, il livello di efficienza, la governance e il sistema educativo secondario.
Lombardia ed Emilia Romagna si posizionano comunque nella stessa fascia di punteggio. Anzi, la Lombardia, grazie ad un PIL pro-capite più alto, prende qualche punto in più del Lazio nella classifica generale (145° posto, 163° per l’Emilia Romagna).