L’Agenzia delle Entrate ha diffuso i dati relativi ad alcuni accordi fiscali siglati con i giganti del web operativi nel nostro Paese, tra cui Google, Facebook, Amazon ed Apple. Dopo i lunghi tavoli attorno al tema spinoso della web tax, il Fisco italiano è passato a riscuotere e di seguito vediamo alcuni dei principali resoconti.
Partiamo da Facebook: l’accordo, secondo quanto riportato dall’Ansa stamattina, è del novembre 2018, ed è relativo all’accertamento con adesione per la chiusura della controversia relativa alle indagini fiscali condotte tra il 2010 ed il 2016.
La cifra pattuita dalla filiale italiana della piattaforma social di Mark Zuckerberg e l’Agenzia delle Entrate è superiore ai 100 milioni di euro.
Nel caso di Google, le indagini per gli anni fiscali 2009-2013 e 2014-2015 si sono chiuse con un accertamento con adesione e l’esborso di oltre 306 milioni di euro, in cui sono stati riversati anche i soldi dovuti ad un contenzioso per gli anni 2002-2006.
In questo caso gli importi sono riferibili, secondo l’Ansa, sia a Google Italy, sia a Google Ireland.
Sempre nel 2017, anche Amazon ha siglato un accordo con il l’Agenzia delle Entrate, per gli anni fiscali che vanno dal 2011 al 2015, e la cifra pattuita, a seguito dell’accertamento con adesione, è di 100 milioni di euro circa. Le somme sono riferibili sia ad Amazon Italia, sia ad Amazon EU.
Apple, infine, ha pagato al Fisco italiano 318 milioni di euro. La cifra è il risultato di una lunga indagine condotta dal nucleo antifrode e dall’ufficio Grandi contribuenti, che ha portato alla formulazione di numerosi rilievi, tali da creare un caso internazionale di singolo Paese europeo che ha studiata l’intera struttura fiscale della società.
La notizia ha suscitato l’interesse di molti altri Paesi, tanto da fare il giro del mondo, ha riportato l’agenzia di stampa, finendo sulle prime pagine delle più popolari testate, tra cui Financial Times, The Guardian, Le Monde, New York Times.
Forse è ancora poco, considerando gli utili che questi giganti sono in grado di generare, anche solo nel nostro Paese, ma è un buon inizio.
Negli anni scorsi, l’elusione fiscale delle corporation sopra citate era davvero impressionante. Secondo l’analisi sulle Software&Web Companies multinazionali, condotta dall’Area Studi Mediobanca, negli ultimi cinque anni i colossi del web hanno eluso qualcosa come 71 miliardi di tasse, proprio sfruttando la storia dei domicili in Paesi “a fiscalità agevolata”.
Dal 2013 al 2017, queste aziende hanno risparmiato circa 50 miliardi di dollari, con ricavi in crescita del 123% a 626 miliardi.
Facebook Italia, fino a pochissimo tempo fa, versava appena 120 mila euro al Fisco italiano, mentre nello stesso tempo raccoglieva solo in pubblicità oltre 1 miliardo di euro.
L’accordo pattuito con l’Agenzia delle Entrate, che ha portato finalmente qualcosa in più nelle casse pubbliche, è frutto della promessa fatta da Zuckerberg di inserimento in bilancio della filiale italiana di tutti i guadagni fatti nel nostro Paese relativi al mercato advertising.
Stesso discorso con Google, che versava al Fisco appena 5,6 milioni di euro e sempre con il solito giochino praticato anche dalle altre corporation: per abbattere gli utili e pagare pochi spiccioli di tasse, si devono trasferire gli incassi alla casa madre sotto forma di pagamenti per servizi specifici, così da far finire tutti i ricavi nelle sedi nei Paesi “a fiscalità agevolata” e lasciare vuote le casse dei Paesi ospiti in cui lavorano le filiali locali.