Ritorniamo ancheoggi con la consueta intervista del lunedì a Francesco De Leo Executive Chairman di Kaufmann & Partners, con sede a Madrid, e con un passato da Direttore generale di Telecom Italia. Il tema di oggi esce dalla consuetudine per due ragioni. La prima richiama l’esigenza, non più procrastinabile per gli operatori di Tlc, di un cambio di passo radicale per affrontare l’emergenza che li vede stretti tra gli effetti del COVID-19 e il forte indebitamento accumulato negli ultimi anni. La seconda pone l’attenzione sull’ombra degli uomini di finanza che si sono via via posti a capo delle Telco, svuotandone le prerogative e gli obiettivi industriali a favore di formali efficienze contabili utili per le trimestrali ma incapaci di affrontare le sfide competitive strategiche del mercato.
Key4Biz. A che punto è il 5G in Europa?
Francesco De Leo. L’Europa è in ritardo negli investimenti in 5G. Le Telco europee sono state colte impreparate dalla prima ondata della pandemia e non sono state in grado di anticipare la seconda. Non a caso è stato notato da più parti che i Consigli di amministrazione delle principali Telco non hanno mostrato interesse a fornire “guidance” in maniera puntuale sull’impatto del COVID-19, al contrario di quanto avvenuto per le Big Tech americane.
Key4Biz. E lei come interpreta questo indicatore?
Francesco De Leo. Come un segnale di debolezza, ma non poteva essere altrimenti, dal momento che le Telco sono alle prese con una sfida impossibile fra la pressione crescente degli investitori per accelerare il de-leverage con operazioni di cessione di asset e un mercato in progressiva contrazione sul fronte dei ricavi, che ha ridotto la connettività ad essere trattata dai mercati alla stregua di una commodity. Tutto questo ha innescato un’eccessiva pressione sull’assetto finanziario delle Telco e la sostenibilità del loro debito complessivo su scala europea, nel momento in cui era invece necessario un focus concentrato sul cambio di paradigma che il 5G comporta in termini di sviluppo.
Key4Biz. Ma quindi l’effetto del COVID è stato quello di amplificare i ritardi accumulati?
Francesco De Leo. Il ritardo in questi mesi, da marzo in avanti, è diventato strutturale. Solo le società di torri di telefonia mobile (e.g. Cellnex, InWit, Vantage Towers di Vodafone) hanno ridato ai mercati fiducia che, in qualche misura, questo ritardo possa essere recuperato nel 2021. Ma molto dipenderà dallo stato dell’economia dell’Eurozona, a partire dal primo trimestre del prossimo anno, che potrebbe rivelarsi ancora molto difficile. La ripartenza potrebbe arrivare solo nell’ultimo trimestre 2021, e sarà legata al percorso del Recovery Fund a Bruxelles e alla tempestività con cui i Governi dell’Eurozona riusciranno a iniettare liquidità nell’economia.
Key4Biz. Quindi dobbiamo attenderci successive correzioni al ribasso in merito alla qualità del debito delle Telco europee?
Francesco De Leo. È probabile che sia cosi: è un pattern che difficilmente tenderà a cambiare nei prossimi mesi. Venerdì scorso, 20 novembre, l’agenzia di credito S&P ha abbassato il rating di Telefónica a BBB-, ad un passo dal grado speculativo con una prospettiva “stabile”. Verrebbe da dire “welcome to the club”: era ampiamente anticipato.
S&P ha riportato che lo stato di salute complessivo di Telefonica si è progressivamente deteriorato per effetto della pandemia, che ha impattato negativamente su ricavi e margini sia in ambito B2B che consumer, per via di una più intensa concorrenza in termini di maggiori sconti e offerte, così come per la contrazione senza precedenti del contributo del roaming internazionale (che pesa intorno al 6% dei ricavi totali di un operatore come Telefonica), dovuto al crollo verticale del trasporto aereo e del turismo (-87%) e della limitata vendita di smartphone e tablet a causa della chiusura dei centri commerciali: l’esposizione all’America Latina duramente colpita dal COVID-19, in particolare in Brasile, e i movimenti avversi delle valute hanno fatto il resto.
Key4Biz. A questo punto, qual è allora lo scenario che potrebbe profilarsi all’orizzonte, per il prossimo anno?
Francesco De Leo. Non è impossibile che il ritardo strutturale negli investimenti 5G possa essere, almeno in parte, recuperato a partire dalla fine del 2021, ma ricavi e flussi di cassa legati a servizi innovativi dovuti al 5G potrebbero slittare di 3 anni al 2024.
Il consenso generale dei mercati è che sia prevedibile una pressione crescente sul cash flow operativo, una pressione che metterà a dura prova le capacità delle Telco di giustificare investimenti in capex e opex, senza una chiara prospettiva sull’evoluzione di ricavi e margini da 5G.
Purtroppo, allo stadio attuale si deve riscontrare che c’è ancora scarsa visibilità sui modelli di go-to-market, sui servizi di nuova generazione e sulle prospettive di mercato: le Telco europee, in larga misura, hanno genericamente dato una guidance parziale ai mercati sugli sviluppi infrastrutturali.
Key4Biz. Può avere pesato anche l’orientamento nei confronti dei supplier cinesi?
Francesco De Leo. Certamente si, ed era prevedibile, come già scritto in passato anche su queste pagine. Se come anticipato l’orientamento della Commissione Europea e dei principali Governi dell’Eurozona rimarrà negativo sul contributo di Huawei e Zte al 5G, vi sarà con ogni probabilità un ritardo in fase di rollout, una maggiore incertezza sui tempi di procurement e un probabile aumento di costi, che ad oggi le Telco europee non hanno ancora incorporato nelle loro previsioni. In ultima analisi, oltre all’inevitabile rallentamento degli investimenti, tutto questo comporterà maggiore debito. E per un settore già cosi pesantemente in ritardo, non è una buona notizia. Per chi, come Telefonica e TIM, si trova poi ad avere esposizione in America Latina e in Brasile è possibile che emergano ulteriori vulnerabilità, per i rischi legati alla fluttuazione delle valute e al profilo di rischio del debito sovrano.
Key4Biz. Ma come è possibile che si arrivi oggi grazie al 5G, all’alba di una trasformazione senza precedenti delle Telco, in condizioni di ritardo strutturale?
Francesco De Leo. L’eccesso di debito accumulato dalle Telco europee ha reso il settore particolarmente fragile, anche per l’impatto pervasivo della pandemia, esacerbando un problema che non è di oggi, ma il risultato di 20 anni di inerzia e ritardi. E tutto questo ha fatto sì che un settore che si trovava in una posizione di leadership tecnologica nella telefonia mobile, si ritrovi ad avere un ruolo marginale nella determinazione delle traiettorie di sviluppo del 5G. È un caso di studio, che deve essere approfondito, per cercare di comprendere quali siano gli errori che si sono susseguiti e che hanno portato a perdere un così rilevante vantaggio, che vedeva nell’Europa il punto di riferimento dei mercati.
Key4Biz. E i mercati come valutano l’attuale situazione?
Francesco De Leo. Il giudizio dei mercati si legge dall’evoluzione del prezzo delle azioni: per fare un esempio, il prezzo delle azioni di Telefonica, il 19 novembre di 10 anni fa toccava i 19 euro per azione, mentre oggi galleggia intorno ai 3 euro per azione. La forza di gravità dei numeri non lascia scampo. È chiaro che in queste condizioni è molto difficile intravedere margini di miglioramento nel medio termine.
Key4Biz. Una perdita di valore più che significativa…
Francesco De Leo. Il debito complessivo delle Telco europee ha superato, a fine 2020, i 500 miliardi di euro e il 68% è valutato BBB-: con ogni probabilità, se si dovesse valutare il totale del debito complessivo, includendo i fornitori di apparati e gli operatori, che si occupano del rollout delle reti, si superano ampiamente i 1.100 miliardi di euro. Quindi, ci troviamo ben oltre il livello di guardia, altro che prospettiva di sviluppo dell’intero settore.
Key4Biz. Perché, a suo avviso, il problema non è emerso fino ad oggi?
Francesco De Leo. Ci si è dimenticati che il settore non è composto solo da grandi operatori, come Telefonica, TIM, Vodafone, Orange, ma anche da una molteplicità di piccole e medie imprese tecnologiche che fanno parte della supply chain. È molto probabile che larga parte dei fornitori del sistema Telco europeo sia a tutti gli effetti un universo parallelo di “zombie companies” e che, per via delle condizioni in cui attualmente versano, sia messa a rischio la sostenibilità e sopravvivenza dell’intero settore.
Key4Biz. Dove hanno sbagliato?
Francesco De Leo. Le Telco europee per soddisfare i propri azionisti, le banche che ne garantiscono il debito e le agenzie di rating, hanno messo in pratica tagli orizzontali indiscriminati, in termini sia di opex che di capex, che hanno contribuito ad una fragilità sistemica, ben oltre i limiti di guardia e che difficilmente si può riscontrare in altri settori. D’altronde, tutto questo ha consentito alle banche di portare a casa redimenti certi e importanti sui propri impieghi, grazie ai dividendi e agli interessi sul debito che le Telco europee hanno garantito, anno dopo anno, con i loro flussi di cassa. Peccato che così facendo si è messa a rischio la sostenibilità finanziaria di un settore chiave per il futuro dell’Europa. Si guarda alle telco europee e non si valuta che sono la punta di un iceberg, che sotto nasconde un universo di piccole e medie imprese ormai relegate, lo ripetiamo, allo status di “zombie companies”, messe in ginocchio da 20 anni di cost-cutting, senza che per questo ne sia aumentata la produttività. E in queste condizioni, difficilmente l’industria europea delle telecomunicazioni potrà tornare ad essere competitiva, condannando l’Europa ad un ritardo strutturale irreversibile.
Key4Biz. Ma sarebbe possibile immaginare un recupero della stabilità finanziaria del settore, grazie ad operazioni di sistema?
Francesco De Leo. Non credo. Chi fra le Telco europee fa conto sui fondi del Next Generation EU (o Recovery Fund) palesando “operazioni di sistema”, al solo scopo di abbattere il debito, non tiene conto dei tempi e modalità di erogazione e degli obiettivi strutturali in corso di definizione: preoccupa che i fondi in questione arriveranno solo a fine 2021 o inizio 2022, un tempo troppo lungo per non compromettere ulteriormente lo stato di salute già strutturalmente debole del settore. E, comunque, sono fondi che non potranno essere utilizzati per operazioni di pura ingegneria finanziaria, mirate alla ristrutturazione del proprio debito.
I fondi europei hanno un altro obiettivo: quello di aiutare la transizione digitale e di promuovere un’accelerazione dell’Europa nella direzione della green economy. Le parole d’ordine dovrebbero essere: riprogettare le infrastrutture e innescare senza indugi una nuova stagione di innovazione con l’obiettivo di creare, da zero, interi nuovi settori dell’economia.
Occorre, quindi, un cambio di passo, un nuovo corso.
Questa è l’occasione offerta dalla pandemia e può riaprire un dibattito a livello europeo che miri alla “sterilizzazione” del debito delle Telco per quanto riguarda almeno lo sviluppo del 5G. Come è stato fatto per le banche nella gestione dei Non Performing Loans (NPL), altrettanto si dovrebbe fare per le Telco europee, senza le quali l’Europa non potrà riconquistare un ruolo da protagonista nell’innovazione su scala globale.
Key4Biz. La Rete Unica va in questa direzione?
Francesco De Leo. Non mi sembra. Ha solo contribuito a polarizzare il dibattito, con toni inusualmente accesi, isolando l’Italia dai suoi partner europei, e dando la netta sensazione che, mentre tutto il mondo si sta concentrando sul 5G e sul futuro, il nostro Paese sia ancora alle prese con un tema di cui si dibatte da 20 anni. Non è un bello spettacolo. Occorreva risolvere questo problema già in passato: oggi è auspicabile “agganciare” la rivoluzione industriale che è legata allo sviluppo del 5G e dove il nostro Paese può tornare a giocare un ruolo da protagonista. Occorre andare oltre, e farlo prima di arrivare troppo tardi.
Key4Biz. E quindi cosa fare?
Francesco De Leo. Anziché focalizzarsi sulla Rete Unica, un progetto che ogni probabilità si scontrerà con il parere contrario della Commissione Europea, il Governo italiano dovrebbe aprire il dibattito su come ripensare il ruolo centrale che l’innovazione tecnologica deve avere in Italia e in Europa, e come questa sia irrimediabilmente legata al destino delle Telco, promuovendo un’azione di parziale sterilizzazione del debito ad oggi accumulato.
Key4Biz. Quali sono le traiettorie di sviluppo tecnologico che ritiene più promettenti?
Francesco De Leo. La pandemia ha offerto un’occasione unica e irripetibile, che può rimettere le Telco europee nelle condizioni di annullare il ritardo accumulato nei confronti dei principali competitors e degli OTT (Over The Top) ed aprire una nuova stagione di innovazione, che trova nella convergenza fra Telco, Energia e Automotive, i meccanismi di attivazione nel processo di creazione di nuovi settori.
È molto triste vedere TIM, Telefonica o Orange costrette ad una politica solo incentrata su taglio dei costi e dismissioni, senza possibilità alcuna di confrontarsi in maniera legittima, credibile e autorevole su temi come AI (Artificial Intelligence), Cyber Security, Cloud e su MAAS (Mobility As A Service). E avrebbero tutto per essere leader di questa nuova stagione di sviluppo legata al 5G.
Key4Biz. E quindi, qual è la soluzione?
Francesco De Leo. Nessuno può pensare, o ipotizzare, oggi un write-off o un write-down del debito complessivo del settore Telco, ma una “sterilizzazione” parziale del debito accumulato, con l’obiettivo di allungarne i tempi di maturazione dagli attuali 11,5 anni (di media) a 30 anni, con garanzie della BCE, potrebbe costituire una leva fondamentale per accelerare gli investimenti in 5G e recuperare il tempo perduto. Ci si potrebbe anche spingere a proporre di promuovere la creazione di una “bad company” che possa gestire questa fase di transizione, senza scorciatoie legate all’utilizzo delle risorse del Recovery Fund, che oggi sembrano “pilotate” verso discutibili operazioni di sistema, dal futuro incerto.
Occorre tenere presente che, quando si parla di Recovery Fund si parla di “sovvenzioni”, ma anche di debito e come ha detto Mario Draghi, vi è una netta distinzione fra debito buono e debito cattivo: solo nel primo caso, ovvero se si punta allo sviluppo, si può immaginare un percorso virtuoso che riporti al centro l’innovazione e non un ritorno al passato, con progetti che sembrano riesumati da un periodo della storia che si pensava ormai archiviato, quello dei monopoli verticalmente integrati.
Key4Biz. E il debito delle Telco com’è?
Francesco De Leo. L’impressione è che il debito accumulato dalle telco europee, includendo la supply chain, nel suo complesso sia in larga misura debito cattivo. Non è un caso che la BCE ha ampiamento supportato il settore con acquisti di bond, che a tutti gli effetti sono stati considerati “tossici”. E in queste condizioni di debolezza strutturale non si capisce perché dovrebbe essere considerato diversamente.
Se poi si valuta che con ogni probabilità le telco europee non hanno ancora spesato il debito accumulato nel dispiegamento del 4G e che il prezzo pagato per le aste delle frequenze 5G non è stato ancora integralmente corrisposto e riportato nei bilanci, il quadro che ne esce non può lasciare tranquilli: il 2021 sarà fonte di sorprese, non necessariamente positive. E il dibattito sulla Rete Unica rappresenta una distorsione che ritarda pericolosamente il percorso verso il dispiegamento del 5G, che dovrebbe essere al centro dell’agenda del nostro Governo, tra l’altro offrendo all’estero l’immagine di un Paese con lo sguardo rivolto al passato e non al futuro.
La differenza di prospettiva fra un focus sulla Rete Unica, o lo sviluppo del 5G è come pensare che l’elettrificazione delle aziende automobilistiche passi semplicemente dalla sostituzione del motore a combustione interna con il motore elettrico: in realtà, si tratta di un cambio di paradigma e di modello di business che richiede il coordinamento e l’integrazione fra una molteplicità di settori industriali, che ridisegna il perimetro e il raggio d’azione delle Telco europee, così come le abbiamo conosciute fino ad oggi.
Key4Biz. Ma non le sorge il dubbio che con la post-pandemia avremo una maggiore presenza dello Stato nell’economia?
Francesco De Leo. Non c’è dubbio. L’Europa, nel suo complesso, uscirà dalla pandemia con una maggiore presenza dello Stato nell’economia: e questo, nello specifico, sarà il caso della Germania più che in ogni altro Paese europeo. Mi pare che, ad oggi, nessuno se ne sia lamentato.
Di per sé non è un male, perché la sfida dei prossimi anni è riprogettare le fondamenta dell’Europa con un salto di qualità infrastrutturale che richiede un ripensamento anche del modello economico e del ruolo dello Stato nell’economia. Il Governo tedesco ha di fatto “salvato” la compagnia aerea Lufthansa con un’iniezione di 9 miliardi di euro di capitali freschi e più di recente, la settimana scorsa, ha portato a 5 miliardi di euro il fondo per supportare l’industria automobilistica tedesca. Tutto questo è avvenuto senza che nessuno sollevasse alcun dubbio sulla legittimità e coerenza degli interventi del Governo Federale tedesco. Per questo, sarebbe spiacevole che l’Italia diventasse preda di Fondi esteri speculativi e di fondi di Private Equity, in netta controtendenza rispetto a quanto si sta riscontrando in Germania. Sarebbe in effetti un paradosso quello di una Germania con una presenza della mano pubblica in forte crescita, a fronte di un’Italia target di scorribande di fondi e investitori stranieri, in nome dell’economia di mercato. Sarebbe auspicabile una maggiore equità e meno pregiudizi nei confronti del nostro Paese.
Key4Biz. E allora quali dovrebbero essere, a suo avviso, i prossimi passi, anche in ottica Recovery Fund?
Francesco De Leo. Sarebbe fondamentale concentrare energie e risorse sul ripensare e progettare il futuro. Le risorse del Recovery Fund è auspicabile siano indirizzate verso il lancio di una nuova era di servizi innovativi legati all’accelerazione degli investimenti in 5G, che potranno innescare la creazione di nuovi settori e nuove forme di organizzazione del lavoro. Per questo motivo, si dovrebbe puntare a superare l’evidente sproporzione fra la mobilitazione di interessi di parte a favore della Rete Unica, per riportare l’attenzione degli investitori e dei principali protagonisti di questa transizione a mettere in moto, senza indugi, i “cantieri” di innovazione legati ai servizi di nuova generazione. Si rischia di perdere il treno dello sviluppo.
Key4Biz. Insomma un cambio di paradigma, come si usa dire…
Francesco De Leo. Di più. Occorre un colpo d’ala, una proposta forte, che potrebbe partire dall’obiettivo iniziale di “sterilizzare” il debito legato al 5G, includendo anche l’insieme dei fornitori di apparati e di quelle realtà industriali che materialmente si occupano di costruire le reti. Penso a un patto europeo che si faccia carico delle istanze dei grandi player tecnologici del nord Europa, come Nokia-Siemens o Ericsson e le Telco del sud Europa, come Telefonica e TIM, anche in considerazione della proiezione che entrambe hanno in America Latina, una proiezione che potrebbe essere valorizzata.
L’effetto sarebbe quello di liberare risorse e soprattutto consentire alle Telco di ritornare ad un focus, troppo a lungo trascurato, sui nuovi driver dell’innovazione: AI (Articifial Intelligence), Cloud, Cyber Security e Blockchain. Le Telco europee hanno tutto per risultare determinanti nel creare le condizioni infrastrutturali per rilanciare l’Europa come attore chiave nell’innovazione che cambierà i fondamentali dell’economia nei prossimi 10 anni.
Key4Biz. Qual è, in tutto ciò, il ruolo il 5G può giocare per l’Europa?
Francesco De Leo. Il 5G sarà per le Telco europee, molto di più di quanto avvenuto per la transizione dal 3G al 4G, sarà un vero “Big Bang”. Per questo gli azionisti delle Telco Europee hanno la gravosa responsabilità di procedere tempestivamente a selezionare i manager in grado di avviare la transizione da una stagione di dismissioni e di “cost cutting”, che hanno segnato una gestione più sbilanciata sul fronte dell’ingegneria finanziaria, a una vera rivoluzione industriale. Le Telco europee devono tornare ad essere legittimamente “catalyst” di innovazione: lo sono state in passato con la creazione del GSM e della telefonia mobile. Non si vede perché non possa essere cosi anche oggi: ne va del ruolo dell’Europa in questa nuova fase di trasformazione dell’economia globale.
Key4Biz. Ma allora è possibile ritrovare un percorso di sviluppo, grazie al 5G?
Francesco De Leo. Dopo 20 anni persi, di ritardi accumulati che hanno contribuito a relegare le Telco europee ad un ruolo marginale, con una progressiva distruzione di valore per tutti gli stakeholder, è ora che alla guida di questa transizione ci siano manager capaci di imprimere un’accelerazione ai processi di innovazione. Non c’è tempo da perdere, considerati i ritardi accumulati negli ultimi 18 mesi nel 5G su scala europea. Il problema del debito ad oggi, nonostante la buona volontà degli attori coinvolti, non è stato risolto: è un po’ come vedere i criceti sulla ruota, si ritorna sempre, nonostante gli sforzi, al punto di partenza. È così da troppi anni e senza un ripensamento a livello europeo, nulla cambierà nella sostanza. È ora di voltare pagina e impostare nuove traiettorie di crescita.
Key4Biz. Quindi lei rimane fiducioso sulle prospettive di sviluppo?
Francesco De Leo. Questo risultato è a portata di mano se in Europa si raggiunge un accordo in merito alla sterilizzazione, almeno parziale, del debito delle Telco europee, come dicevo prima, per imprimere un’accelerazione al 5G. È stato fatto così per le banche, e non si comprenderebbe perché non dovrebbe essere così per le Telco, che costituiscono la dorsale, il “backbone” dell’innovazione dei prossimi 20 anni.
Occorre solo avere il coraggio di riconoscere che la stagione della finanza al vertice delle Telco europee deve essere superata, perché il 5G può e deve essere l’occasione del rilancio dell’Europa: e questo nuovo capitolo non può verosimilmente essere scritto se le Telco non ritrovano una missione industriale, cosa che fino ad oggi non è stata, anche nel giudizio dei mercati finanziari.
Servono innovazione e trasparenza: il 5G non ammette ritardi e le risorse del Recovery Fund devono essere utilizzate, per garantire un futuro migliore e una nuova prospettiva alle nuove generazioni. Una sfida chiave ed ineludibile, a cui l’Europa e il nostro Paese sono chiamati a dare risposte.