Tutti i più grandi Paesi del mondo hanno annunciato sulla carta di voler ridurre drasticamente le proprie emissioni nocive da combustibili fossili, da qui ai prossimi 30 anni, ma nel frattempo l’inquinamento ci soffoca ed è causa di un gran numero di morti premature.
Secondo gli ultimi dati pubblicati in uno studio coordinato dalla Harvard University e pubblicato da Environmental Research, a livello globale i combustibili fossili sono la causa diretta ed indiretta di oltre 8,7 milioni di decessi.
Un dato allarmante, perché rappresenta circa un quinto di tutti i decessi registrati al mondo e perché è il doppio di quanto stimato negli studi precedenti.
In particolare, è riportato nel documento, l’esposizione al particolato (PMx), derivante dalla combustione dei combustibili fossili, come carbone e petrolio, ha rappresentato il 18% delle morti globali nel 2018.
In precedenza, si era arrivati a stabilire le morti dovute al particolato nel numero di 4,2 milioni a livello planetario, ma il dato era ottenuto partendo da rilevazioni satellitari parziali, che non distinguevano nel dettaglio la tipologia di particolato (gas di scarico di auto e emissioni di impianti di riscaldamento, o dovuto agli incendi e l’industria ad esempio) e l’impatto che ognuna aveva sulla salute umana.
La stima attuale, invece, è stata ottenuta utilizzando un modello matematico in cui sono stati inseriti i dati, riferiti al 2018, sulle emissioni di diversi settori, dall’energia ai trasporti, per determinare la quantità di sostanze inquinanti presente nelle singole aree.
Da qui si è partiti per determinare che ben il 30,7% dei decessi nell’Asia orientale, il 16,8% in Europa e il 13,1% negli Stati Uniti, possono essere attribuiti all’inquinamento da combustibili fossili.