La Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che Google non deve applicare il diritto all’oblio a livello globale. Il che significa che il colosso tecnologico potrà rimuovere i collegamenti che rimandano a contenuti e informazioni degli utenti, dopo aver ricevuto una richiesta appropriata, solo dai suoi risultati di ricerca in Europa e non altrove (escluso l’obbligo per i paesi extra Ue).
Una sentenza che non soddisfa il nostro Garante Antonello Soro: “Leggeremo le motivazioni della decisione della Corte di Giustizia, che però ha sicuramente un impatto rilevante sulla piena effettività del diritto all’oblio – ha detto Soro – In un mondo strutturalmente interconnesso e in una realtà immateriale quale quella della rete, la barriera territoriale appare sempre più anacronistica. A maggior ragione, acquista ulteriormente senso l’impegno delle Autorità europee di protezione dati per la garanzia universale di questo diritto, con la stessa forza su cui può contare in Europa. L’equilibrio tra diritto di informazione e dignità personale, raggiunto in Europa anche grazie alla disciplina dell’oblio, dovrebbe rappresentare un modello a livello globale”.
Di fatto, la Corte di Giustizia europea avrebbe potuto emettere una sentenza chiedendo la deindicizzazione globale dei contenuti, senza distinzioni territoriali, visto che si tratta di dati relativi a cittadini europei.
La sentenza è figlia di una causa tra Google e i regolatori della privacy francesi. Nel 2015, la Cnil (la commissione nazionale francese per l’Informatica e la Libertà) aveva ordinato all’azienda di rimuovere dai risultati di ricerca a livello globale informazioni sensibili su una persona. L’anno seguente, Google ha introdotto una funzione di blocco geografico che impedisce agli utenti delle versioni europee di Google di vedere i link eliminati. Ma non ha censurato i risultati per le persone in altre parti del mondo.
Alla società era stata così inflitta una multa di 100 mila euro per violazione del diritto all’oblio, che Google ha contestato ricorrendo in appello, con la motivazione che la decisione francese avrebbe potuto scontrarsi con le leggi di altri paesi e trasformarsi in censura totalitaria.