Svolta nelle vicende sulla rete unica? Pare proprio di si. Negli ultimi giorni le uscite di autorevoli rappresentanti della maggioranza indicano che la partita non può essere più un affare privato tra TIM e CDP. Né oggetto d’intese riservate tra il ministro dell’Economia e delle Finanze e l’amministratore di una società privata a controllo estero per il 75% e oltre.
Le ragioni? Molto semplici e addotte da molti dei protagonisti della vicenda: la strategicità della rete, che riveste un oggettivo e straordinario carattere in chiave di sovranità digitale nazionale.
Di rete unica si discuta in Parlamento…
Il tema è stato sostenuto per mesi da Alessio Butti, responsabile tlc di FdI, che per primo ha avvertito la insidiosità del tema, presentando in Parlamento già nell’ottobre 2019 una mozione poi approvata lo scorso 16 luglio in aula, una mozione che reclamava appunto la “parlamentarizzazione” del dibattito sulla rete unica.
Poi nei giorni scorsi è successo qualcosa di nuovo ed inaspettato.
Sono usciti allo scoperto tre rappresentanti autorevoli della maggioranza e del governo: Graziano Del Rio (presidente del gruppo PD alla Camera dei Deputati), Marianna Madia (responsabile del Digitale nel PD) e Gian Paolo Manzella (sottosegretario allo Sviluppo Economico con una delega su alcuni aspetti delle tlc), uniti nel chiedere la costituzione in Parlameanto di un tavolo di confronto tra le forze politiche, con il coinvolgimento di tutti gli operatori ed altri stakeholder. Come dire: se l’argomento è di interesse nazionale, come sostengono con voce ferma e con non poca fretta i ministri Roberto Gualtieri e Stefano Patuanelli, allora occorre coinvolgere il Parlamento in considerazione dell’interesse nazionale che la questione richiama.
Il posizionamento politico sulla rete unica
Fino a poco tempo fa il tema sembrava essere una esclusiva del ministro Roberto Gualtieri, con entrate dello stesso premier Giuseppe Conte, anche a gamba tesa (come nel caso della telefonata in pieno CdA di TIM lo scorso 4 agosto). L’asse in quel caso era tra il ministro Gualtieri e il premier Giuseppe Conte, con il ministro Stefano Patuanelli che insisteva invece sulla rete a controllo pubblico. Poi quest’ultimo si è spostato sulle posizioni del ministro Gualtieri, ma aprendo evidentemente una lacerazione con il partito di appartenenza. Lo scorso 2 dicembre, intervenendo a “5G Italy”, Mirella Liuzzi (sottosegretaria allo Sviluppo Economico) ha fatto un richiamo diretto alla rete unica sottolineando come essa debba indiscutibilmente essere posta sotto il controllo pubblico. Allora c’è da chiedersi se tale posizione in opposizione a quella del ministro Stefano Patuanelli (ormai allineato alla posizione di Gualtieri) sia o meno la posizione ufficiale dei 5 Stelle. Secondo fonti dello stesso ministero: “…quella sarà pure la posizione del ministro allo Sviluppo Economico, ma questa sul controllo pubblico della rete è la posizione del M5S…”. Quindi frattura insanabile con il ministro Patuanelli sulla rete unica o quest’ultimo non appartiene più ai 5S e fa l’occhiolino al PD?
Ma non è neanche vero che quella di Gualtieri e Patuanelli (autori entrambi di un altro intervento congiunto a gamba tesa con una lettera inviata all’Enel poche ore prima del CdA che anticipava di poche ore la presentazione del Piano Industriale agli analisti) sia la posizione ufficiale del PD sulla rete unica.
Da una parte, infatti, c’è il ministro Roberto Gualtieri che pervicacemente ha gestito il tema per mesi con la logica dell’uomo solo al comando (anche se da qualche settimana sembra essersi raffreddato), dall’altra ci sono autorevoli esponenti del partito, come Graziano Del Rio, Marianna Madia e Gian Paolo Manzella, che dichiarano all’unisono come la vicenda della rete unica non possa essere una partita a due tra il ministro dell’Economia e delle Finanze e l’amministratore delegato di una società di Tlc come TIM, a controllo estero per quasi il 75% del suo azionariato.
Si vada allora in Parlamento
Vediamo il governo in affanno su tematiche anche ben più complesse della rete unica e crediamo che la pausa natalizia possa giovare a ritrovare la barra di orientamento su un tema che deve essere affrontato con correttezza e che non deve ricorrere (come è accaduto sino ad ora) alla fretta compulsiva per sopraffare i contendenti, peraltro esercitando impropriamente il muscolo indurito del bastone di governo.
Il Parlamento, spogliato per lunghi mesi dei suoi poteri, deve essere il luogo deputato dove discutere.
È stata questa sin dai mesi scorsi la proposta di Alessio Butti, che sta quindi trovando ascolto anche in ampi ed autorevoli settori del governo e della maggioranza. C’è da augurarsi che prenda così corpo, pian piano, la soluzione di confronto e di decisione più coerente e corretta, nella sede più appropriata e con il rispetto dei principi democratici del confronto su un tema così strategico per la crescita dell’economia e il futuro del Paese.