Gli obiettivi climatici che si è posta l’Europa da qui al 2050 non possono prescindere dall’utilizzo di tecnologie avanzate per la cattura e lo stoccaggio delle emissioni di diossido di carbonio o CO2. È quanto si legge nel nuovo Rapporto dell’Iea, l’Agenzia internazionale dell’energia.
Si tratta delle carbon capture and storage technologies, o semplicemente tecnologie CCS, cioè quell’insieme di soluzioni che consentono la riduzione delle emissioni in atmosfera di CO2 provenienti da grandi impianti industriali, come ad esempio centrali elettriche alimentate a combustibili fossili, per mezzo della loro cattura e del successivo stoccaggio, solitamente in una formazione geologica sotterranea.
L’applicazione della tecnologia CCS ad un determinato impianto ne comporta la diminuzione del 90% delle emissioni di CO2 in atmosfera.
Secondo uno studio del Gruppo Rystad Energy, gli investimenti in tecnologie CCS in Europa potrebbero raggiungere i 35 miliardi di dollari entro il 2035. Dieci i progetti nel cassetto che attendono di partire, dislocati tra Gran Bretagna, Danimarca, Norvegia, Irlanda e Italia.
Al momento, a livello globale, sono stati annunciati piani per 30 strutture di cattura e stoccaggio di CO2, si legge nel Report Iea, con l’aggiunta di nuove soluzioni che consentono anche il riuso del carbonio (carbon capture, utilisation and storage technolgoies – CCUS).
Su questi progetti sono stati investiti circa 27 miliardi di dollari, più del doppio di quanto stanziato nel 2017.
Secondo lo studio del Gruppo norvegese, inoltre, per raggiungere il target europeo di decarbonizzazione al 2050, si dovrebbero catturare almeno 800 milioni di tonnellate di CO2 entro il 2030. Un bel salto in avanti rispetto alle appena 40 milioni di tonnellate attuali.
Soprattutto, hanno spiegato i ricercatori, per arrivare a questo fondamentale risultato bisognerebbe investire altri 160 miliardi di dollari in tecnologie CCUS.