Se ne parla da tempo, ma in Giappone vedono il traguardo delle nanotecnologie applicate alla salute e al servizio sanitario nazionale come prossimo al raggiungimento ormai.
“In futuro avremo un intero ospedale nel nostro corpo”, ha spiegato Kazunori Kataoka, direttore generale del Centro di innovazione di NanoMedicine, cioè, ha spiegato l’esperto: “Un insieme di nanomacchine che darà vita ad una struttura ad alto livello di contenuto tecnologico, chiamata ‘Ospedale corporeo’”.
Fantascienza? Non proprio, perché secondo Kataoka, tale ospedale corporeo (o in-body hospital), reso possibile grazie alle nanotecnologie, potrebbe essere realtà entro il 2045.
Come funziona questo ospedale nano-tech?
Le nanomacchine non vanno immaginate come robot in miniatura che colonizzano il nostro organismo. Sono state infatti immaginate come nanomacchine a base di composti organici, che attraverso il sangue arrivano fin dove è stata rilevata un’infiammazione o un agente patogeno ha aggredito uno o più organi, entrando in azione.
Malattie come il cancro, potranno essere trattate grazie alle nanomacchine, che operano in loco, rilasciando composti chimico-farmaceutici per combattere la malattia.
In aggiunta, tali nanotech possono anche acquisire informazioni sul sito in cui l’infiammazione è in atto e trasferire i dati ad un chip impiantato nel nostro corpo, dove si eseguono le analisi del caso.
Le nanomacchine comunicano ovviamente anche con l’esterno, grazie a tecnologia wireless, così che i medici, possano sempre valutare il lavoro svolto da queste e soprattutto avere sotto gli occhi le analisi eseguite nel corpo del paziente in tempo reale.
L’impresa e la ricerca
Kataoka è considerato un pioniere in patria e non solo. Nel 1996 ha fondato la NanoCarrier, azienda da 24 miliardi di yen che al momento sta portando avanti la sperimentazione di sette trattamenti nanotecnologici per la cura di diversi tumori, tra cui al pancreas, al polmone, al seno, allo stomaco, alla testa e al collo.
Un nuovo campo di studi, di innovazione e applicazioni, che in Giappone è sotto la guida del Center of Open Innovation Network for Smart Health (Coins).
Il centro è finanziato dalla Japanese Science and Technology Agency (JST) e dal Ministero dell’Istruzione, Cultura, Sport, Scienza e Tecnologia, per accelerare i progressi scientifici nella salute umana, per arrivare a quello che Kataoka chiama “cura intelligente della vita in una società senza età” (“smart life care in an ageless society”).
Il Piano nazionale “Società 5.0“
Il Coins rientra anche nel piano nazionale giapponese “Società 5.0”, volto ad affrontare le grandi sfide del presente e del futuro a partire dalle tecnologie più avanzate applicate alla salute, alla sanità, all’economia e alla cultura.
In particolare, il Governo di Tokyo considera l’invecchiamento della popolazione una delle grandi sfide da affrontare nei prossimi decenni: entro il 2056, il 40% dei giapponesi avrà più di 65 anni.
L’innovazione tecnologica qui è quindi vista come una delle soluzioni principali con cui sarà possibile far stare in salute persone avanti con gli anni, magari farle anche lavorare in un’età più avanzata rispetto ad oggi, sicuramente evitando che tale enorme fascia di popolazione si abbatta sul sistema sanitario nazionale, facendolo collassare.
“Utilizzando le nanotecnologie per diagnosticare e curare le malattie si riuscirà a favorire un trattamento più rapido e conveniente delle stesse, che non richiederebbe il ricovero del paziente”, ha spiegato il professor Kataoka.
Gran parte delle attività di ricerca del Coins sono ospitate presso l’Innovation Center of NanoMedicine (iCONM), attivo dal 2015 e situato vicino all’aeroporto Tokyo-Haneda.